«C’è una portentosa domanda di Italia nel mondo che significa ancora più export per le nostre imprese e investimenti nel nostro Paese e quindi in sostanza più Pil, ma per questo serve una forte diplomazia economica e culturale da affiancare alla cooperazione e alle missioni internazionali che aiutano a gestire fenomeni come le migrazioni e la sicurezza, siamo dunque a un bivio o adeguiamo le risorse oppure ridimensioniamo gli obiettivi». Per il vice ministro agli Affari esteri e alla cooperazione internazionale, Lapo Pistelli, non ci sono alternative perché «non si può continuare a scalare il monte Bianco in ciabatte». E quindi, come ha certificato anche la Ragioneria generale dello Stato, se si vuole adempiere bene a tutti i compiti assegnati alla Farnesina servono più fondi: almeno 500 milioni l’anno.
«Fondi che servirebbero spiega il vice ministro – per potenziare la nostra rete diplomatica sottodimensionata rispetto ai nostri Paesi competitor e per assumere una nuova generazione di diplomatici per i quali quest’anno per la prima volta non ci sono concorsi». Per Pistelli servono «almeno 20 nuove sedi in economie emergenti in Africa e Asia». Solo così si potrà potenziare la diplomazia economica di cui oggi l’Italia ha bisogno per competere e «che già oggi facciamo con risultati eccellenti viste le risorse a disposizione». E qui si viene al secondo punto, quello che Pistelli definisce ironicamente l’«effetto Ferrero Rocher», dalla famosa pubblicità che evocava fastose sedi diplomatiche dove si servivano i noti cioccolatini. Ma che «molti danni ha fatto all’immagine delle ambasciate».
La Farnesina, prima tra i ministeri, ieri ha pubblicato on line il suo «bilancio trasparente» ad alto grado di leggibilità con l’obiettivo proprio di sfatare alcuni miti: primo tra tutti quello che le spese per tenere in piedi le nostre 127 ambasciate, 86 uffici consolari e 90 istituti di cultura (313 sedi in tutto contro le 373 della Francia, le 386 della Germania e le 489 del Regno Unito) assorbirebbero gran parte delle risorse. Falso mito, appunto, perché la rete estera costa invece in tutto 680 milioni, meno di un terzo dei 2,171 miliardi di bilancio del ministero degli Esteri. Di questa maxi torta poi la fetta di gran lunga più grande – 1,3 miliardi, oltre il 50% – sono risorse non “disponibili”. Si tratta cioè di trasferimenti e partite di giro per pagare i contributi a organismi ed enti internazionali (Onu, Ue, ecc.). I restanti 189 milioni sono infine destinatati alla sede centrale della Farnesina. Se a questo quadro si aggiunge il fatto che dal 2008 al 2014 il ministero ha subito una pesante spending review che ha tagliato del 28% il bilancio e del 21% le retribuzioni, ecco che il quadro è completo. «Nonostante questi tagli – avverte Pistelli – assistiamo 5 milioni di italiani all’estero, abbiamo rilasciato solo l’anno scorso 2,2 milioni di visti per 100 milioni di incassi, abbiamo organizzato 330 visite all’estero con il premier o altri membri di Governo, organizzato 1.100 eventi culturali, supportato le Pmi in 8mila bandi di gara e insegnato l’italiano a 30mila alunni nelle scuole italiane all’estero e a 72mila adulti negli istituti di cultura». Un «lavoro mostruoso» secondo il vice ministro fatto con «risorse miserevoli», come dimostra anche il confronto con gli altri Paesi. Sul «bilancio trasparente» appena pubblicato è infatti possibile fare un raffronto che svela come la nostra Farnesina, al netto degli aiuti allo sviluppo, abbia a disposizione 1,6 miliardi a fronte dei 2,9 miliardi di Francia e dei 3,6 miliardi della Germania.