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Giro: «Dal vertice di Bratislava via al Migration compact» (l’Unità)

Il vertice informale dei leader dell’Unione europea in programma il 16 settembre a Bratislava può essere un passaggio cruciale per l’attivazione del “Migration Compact”. L’unità fa il punto con Mario Giro, Viceministro degli Esteri con delega alla Cooperazione internazionale.

Il 2 settembre 2015 la foto di Aylan Kurdi, il bambino annegato ritrovato su una spiaggia turca, faceva il giro del pianeta provocando commozione e sdegno. Un anno dopo, però, sono centinaia e centinaia gli “Aylan” che hanno perso la vita sulle rotte dei migranti. Un anno dopo, cosa ha fatto l’Europa per dare loro una speranza di vita?

«L’Europa quanto meno è molto lenta. A volte vista da Lampedusa sembra immobile. Il problema delle migrazioni è molto complesso e le risposte non possono essere semplificate».

Una risposta non semplificata è certamente il “Migration Compact” presentato dall’Italia all’Europa. Il summit di Bratislava è destinato a concludersi con dichiarazioni di principio non seguite da ciò che più conta, vale a dire i fatti?

«Noi vogliamo assolutamente che dal vertice di Bratislava esca qualcosa di più. Bisogna usare mezzi appropriati: dal momento che le migrazioni sono un fenomeno economico di grande rilevanza per i Paesi di partenza e di transito, occorre attivare tutti i mezzi necessari per attivare quelle politiche di crescita, di giustizia sociale e di benessere senza le quali la situazione è destinata a peggiorare. È un problema di quantità delle risorse che l’Europa intende investire e di una loro attenta finalizzazione. L’Europa non può avere il “braccino corto”. Si pensi solo che il valore delle rimesse degli immigrati è pari all’Aiuto pubblico allo sviluppo europeo. Si pensi che intere aree dell’Africa, come quella di Agadef, in Niger, vivono sul transito dei migranti. Dobbiamo trovare un’alternativa economica per tutta questa gente».

Nel recente summit bilaterale Italia-Germania di Maranello, la cancelliera Merkel ha speso parole importanti di sostegno alla proposta italiana sull’Africa. Le chiedo: chi è che rema contro Europa e perché?

«In Europa c’è un timore diffuso, così come anche in Italia, perché per anni non si è affrontata la questione dell’integrazione ma si è solo pensato a tamponare l’emergenza migranti. Alcuni Paesi hanno fatto meglio, altri peggio, ma questa è la realtà. A livello interno ci vuole una vera integrazione. Nei Paesi da cui partono ci vogliono veri investimenti».

Il “Migration Compact” dà sostanza all’affermazione ricorrente «aiutiamoli a casa loro». Lei ha sostenuto che per l’Italia il vertice di Bratislava  può e deve essere un momento di svolta. Se sarà così, occorrerà i attivare il “Compact” in alcuni Paesi o aree “campione”. In questa ottica, quali dovrebbero essere per l’Italia le priorità?

«Penso che l’area del Sahel sia per noi prioritaria, così come tutta l’Africa occidentale, a cui aggiungere il Como d’Africa».

Negli ultimi cinque giorni, la Guardia costiera italiana ha soccorso e tratto in salvo oltre sedicimila profughi , la maggior parte dei quali erano salpati,  ammassati in carrette del mare, dalla Libia. Le chiedo: il caos armato libico può avere una soluzione che stabilizzi il Paese nordafricano?

«Il processo di riimificazione della Libia è lento e progressivo. Dobbiamo avere  pazienza, e convincere l’Egitto ad essere partner reale di questa ricostruzione dello Stato. Nella nuova Libia ci deve essere posto per tutti: per Tripoli, ovviamente, ma anche per Bengasi e Tobruk. L’Italia ha puntato decisamente su una soluzione politica inclusiva, con la convinzione che non esistano scorciatoie militari per dare stabilità alla Libia e preservare l’unità dello Stato».

I conflitti che devastano il Vicino Oriente, a cominciare dalla Siria, stanno trasformando interi popoli in profughi. Di fronte a tragedie come quella di Aleppo si invocano corridoi umanitari per portare aiuti ai civili assediati e per e vitare che chi è in fuga finisca nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Quali impegni l’Italia può assumersi in proposito?

«Quelli che ha già assunto: siamo l’unico Paese europeo che ha aperto corridoi umanitari dal Libano. Vogliamo sviluppare ulteriormente questa iniziativa coinvolgendo sempre più l’Europa. Resta ancora drammatica la situazione di Aleppo, su questo versante l’Italia sta facendo pressioni sui protagonisti perché si trovi un accordo per una tregua e per la realizzazione sotto egida Onu di corridoi umanitari».

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