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Tajani «È una manovra per la crescita. Ma stop a tentazioni stataliste» (Nazione-Carlino-Giorno)

ROMA «È una manovra corretta, equilibrata, che va nella direzione giusta, che per noi è quella fondata su principi di economia sociale di mercato, ma ci sono alcuni aspetti statalisti e dirigisti (e il Diavolo è nei dettagli, come si dice) che sono inaccettabili e rischiano di appannare l’immagine di un provvedimento che è nell’interesse delle imprese e delle famiglie». È netto e diretto il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, nel chiedere correttivi a misure previste dalla legge di Bilancio «che non sono state discusse in Consiglio dei ministri e che sono state inserite improvvidamente da qualche dirigente del Mef».

Ministro, a cosa si riferisce?

«Mi riferisco innanzitutto alla decisione di imporre alle imprese che ricevono aiuti e contributi dallo Stato la presenza di revisori dei conti rappresentanti del Mef. Una regola che ricorda i metodi della Stasi della Germania dell’Est. È una norma priva di senso. Può solo spaventare gli investitori e creare panico in chi deve intraprendere. Una cosa da Grande Fratello. Ripeto: di questo non si è mai discusso in Consiglio dei ministri e va cancellata. Ho parlato con il ministro Giorgetti: mi ha assicurato che verrà modificata».

Che altre correzioni chiederete?

«Lo stesso discorso vale per il tetto fissato per gli investimenti per chi riceve contributi pubblici: anche questa norma non sta né in cielo né in terra. Va corretta. E va eliminato il blocco del turn over delle forze dell’ordine: la sicurezza è una priorità per questo governo. E se non lo è per qualche funzionario, lo è per il governo che, insieme con il Parlamento, decide la politica economica del Paese. Va rivista anche la web tax a tutela dei piccoli».

In gioco in queste giornate c’è anche la riapertura del concordato fiscale.

«Siamo favorevoli e sollecitiamo la riapertura dei termini del concordato. È una scelta di buon senso, come chiedono i commercialisti che sono stati ingolfati dagli adempimenti e conoscono la realtà delle imprese. Riaprire le scadenze, d’altra parte, significa far entrare più soldi nelle casse dello Stato».

Risorse che volete destinare ad ampliare il taglio dell’Irpef?

«Certo, maggiori risorse permettono di tagliare ancora di più l’Irpef, sia per far scendere la seconda aliquota dal 35 a 33 per cento sia per arrivare ai redditi fino a 60 mila euro. Non solo. Con più fondi si potrà intervenire per far crescere le pensioni minime, che rimane un nostro obiettivo costante».

Correggere la rotta, dunque, in senso liberale e sociale.

«Certo, poche, ma significative correzioni. Perché la manovra nel suo complesso va bene e si ispira a quella economia sociale di mercato che per noi non è liberismo senza freni, ma punta al giusto equilibrio per far sì che il mercato produca benessere per i cittadini. E, in questo senso, ricordo che sono state accolte le nostre proposte sul rafforzamento del fondo di garanzie per l’acquisto della prima casa per i giovani e l’allargamento degli sgravi per il lavoro anche alle mamme lavoratrici autonome».

Sulle prospettive economiche incombe, però, la frenata del Pil.

«Occorre innanzitutto che la Bce abbia più coraggio e tagli più rapidamente i tassi: ho trovato nelle parole del governatore Panetta conforto alle cose che diciamo da sempre. Dobbiamo, più in generale, riflettere certamente su una politica industriale, italiana e europea, che ci permetta di favorire la crescita e la competitività affrontando anche i problemi che abbiamo a causa della crisi tedesca e di scelte ideologizzate e dissennate sulla transizione Green volute dalla precedente Commissione. Abbiamo un problema di costo dell’energia enorme, che va affrontato in sede europea. Inoltre la crisi della Germania provoca danni rilevanti anche da noi: un’auto tedesca è fatta al 30 per cento con componentistica italiana. Serve, dunque, una politica industriale complessiva, basata sul pragmatismo e non sull’ideologia, che riguardi l’industria europea nel suo insieme e il rapporto con la Cina».

In Italia è diventata prioritaria la questione Stellantis. Che fare?

«Un tavolo va aperto, ma anche Stellantis deve dire cosa vuol fare realmente: in questo senso eludere la richiesta di audizione del Parlamento non è stato un bel segnale. Ma in gioco non c’è solo Stellantis: vanno tenute dentro tutte le imprese italiane che operano nel settore della componentistica e che risentono della crisi tedesca».

L’export, del resto, è una delle chiavi della crescita italiana: sostenerle è decisivo.

«Le esportazioni continuano a andare bene, ma noi dobbiamo fare in modo che le imprese possano contare sempre di più sulla nostra rete diplomatica. Non a caso, faremo le giornate dell’export a Milano in coincidenza con la riunione degli ambasciatori d’Italia: tutti si dovranno confrontare con le imprese per far si che le ambasciate diventino sempre più trampolino di lancio per l’internazionalizzazione delle nostre aziende e per lo sviluppo delle export».

  • Author: Raffaele Marmo
  • Header: Nazione-Carlino-Giorno
  • Place: Roma

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