L’impressionante sviluppo dei sistemi di comunicazione e la globalizzazione dei mercati e dell’informazione hanno profondamente modificato le fondamenta su cui poggiano le relazioni fra gli Stati e fra i popoli. Le complesse interconnessioni economiche e commerciali hanno affiancato i più tradizionali legami politici, mentre il “villaggio globale” ha ridotto le distanze tra centro e periferia, amplificando la portata di eventi lontani.
Il diplomatico del XXI secolo ha adattato il proprio ruolo a questo nuovo contesto. Le parole d’ordine oggi sono interdisciplinarità, rapidità, professionalità, preparazione e comunicazione.
Le funzioni dei diplomatici rimangono tuttavia ancora le stesse: la prima è, tradizionalmente, quella di condurre le relazioni internazionali del Paese; la seconda, in continua crescita, è quella di fornire servizi agli individui, italiani e stranieri, in patria e all’estero.
Nella gestione delle relazioni internazionali, il Ministero degli Affari Esteri contribuisce a individuare e definire l’interesse nazionale, sia esso politico, economico, culturale o sociale, e, tramite le strutture di cui dispone, se ne fa promotore ed esecutore. Nelle sedi all’estero, i funzionari raccolgono informazioni che hanno rilevanza per l’interesse nazionale e le riferiscono alle autorità di governo, fornendo così indispensabili strumenti di analisi per comprendere la realtà del paese di accreditamento. Talvolta essi prospettano anche possibili linee di azione e, in ogni caso, promuovono lo sviluppo di relazioni amichevoli. Questi compiti richiedono oggi un raggio d’azione sempre più ampio, una profondità di contatti crescente e, soprattutto, tempi di reazione rapidissimi.
Il diplomatico di oggi deve saper leggere il mondo che lo circonda, in continua, rapida evoluzione, e cogliere il senso degli avvenimenti. Deve saper affrontare con uguale perizia i temi della politica e dell’economia, i fenomeni socio-culturali, le priorità strategiche, in un continuo esercizio di riflessione, di osservazione attenta e consapevole e d’interpretazione della realtà. Deve essere un eccellente negoziatore, ma anche un promotore di pace e comprensione tra i popoli.
Un altro aspetto particolarmente significativo, come si è detto, è la progressiva trasformazione della diplomazia in diplomazia “di servizio”. La crescente mobilità degli italiani, come turisti o espatriati, l’intensificarsi degli scambi commerciali e degli investimenti all’estero, l’interesse e l’amore degli stranieri per il nostro Paese incidono sulla struttura e sulle competenze della rete diplomatico-consolare. Gli uffici all’estero sono sempre più spesso erogatori di servizi nei confronti di un’utenza attenta ed esigente, che mette alla prova le capacità manageriali dei funzionari: tutela dei connazionali, voto all’estero, assistenza alle imprese, rilascio di visti sono solo alcune delle attività principali.
L’ambasciata e il consolato costituiscono ormai centri attorno ai quali si coagula il Sistema Paese, avanguardie dell’Italia, vetrine dei prodotti delle sue imprese, dell’ingegno dei suoi cittadini e della bellezza delle sue terre. Essi sono anche rappresentanti dei valori di libertà, uguaglianza e rispetto dei diritti fondamentali e dello stato di diritto che stanno alla base della nostra Costituzione e, allo stesso tempo, fornitori di servizi ai cittadini, agli stranieri e alle imprese.
A tutte queste esigenze, la rappresentanza diplomatico consolare deve far fronte potendo spesso contare su risorse umane e finanziarie limitate. Per questo è fondamentale che chi la dirige, il diplomatico, sviluppi una particolare propensione all’ottimizzazione di persone e strumenti, a interagire con il settore privato e ad assicurare una proiezione unitaria e coerente della presenza italiana.
Una sfida impossibile? Non con la giusta preparazione: un bagaglio culturale e di esperienze importante, l’attitudine alla soluzione dei problemi, uno stile comunicativo chiaro ed efficace, la capacità di esprimersi compiutamente in più di una lingua straniera, l’abitudine all’esercizio dell’analisi critica e, naturalmente, il buon senso. Patrimonio che si costruisce nel tempo, prima e dopo l’ingresso in carriera.