L’Ambasciata italiana a Lisbona ha sede nel Palazzo dei Conti de Pombeiro che venne acquistato dal Governo italiano nel 1925, a seguito dell’alienazione del Conte Antonio. La Residenza contiene una delle più significative collezioni d’arredo insieme a quelle di Londra e di Parigi. Il Palazzo è stato, come detto, la dimora dei Conti di Pombeiro, costruito dal III Conte di Pombeiro, don Pedro Castelo Branco Correira de Cuhadal 1709, sui terreni già di proprietà di Caterina di Braganza, in precedenza consorte del re Carlo II Stuart d’Inghilterra. Il terreno su cui è sorto l’attuale edificio, infatti, venne donato da Caterina, alla Contessa de Pombeiro, sua dama di corte in segno di affetto. Questo terreno, infatti, costituiva una porzione delle aree da lei acquistate per costruire il suo palazzo.
La storia del palazzo ha origine nei primi anni del sec.XVIII quando il III Conte di Pombeiro iniziò la costruzione di un complesso architettonico su volontà della nonna, D. Luisa Ponce de Leao, dama di compagnia di Caterina di Braganca. La struttura d’inizio secolo fu poi gravemente daneggiata dal famoso terremoto del 1 novembre 1755 e venne modificata nell’ultimo decennio del sec. XVIII su commissione di D. José Luis de Vasconcelos e Sousa dei Marchesi di Castel Melhor che aveva assunto il titolo di VI Conte di Pombeiro. La figura attorno a cui ruota la storia di questa dimora è quella di Don Josè che rivestì in Lisbona un ruolo di spicco nella vita pubblica a cavallo tra la fine del secolo e gli inizi dell’Ottocento sia come rappresentante politico sia come letterato e amante delle arti. La sua dimora, infatti, fu il luogo di riunione dell’Accademia da lui istituita nel 1790.
Il primitivo edificio venne ricostruito nell’ultima decade dello stesso secolo, subendo alcune modifiche principalmente decorative nel corso dei due secoli successivi. Nel giardino ancora oggi sopravvive la cappella, dedicata a Santa Maria Maddalena (seconda metà sec. XVI), rimasta illesa dopo il terremoto, anteriore alla costruzione del Palazzo. Dalla sobria facciata a due piani, con un doppio portone d’accesso, ove ai lati sono due nicchie con le statue tardo barocche della Primavera e dell’Autunno, si accede alla corte d’onore, delimitata da quattro affacci in cui le architetture in pietra locale chiara dialogano armoniosamente con le parti scolpite di portali e finestre e, soprattutto, con la festosa decorazione delle azulejos in bianco e blu. In alto corre un fregio a ghirlande e bucrani mentre in basso, ai lati, incorniciano l’arcata d’ingresso dei pannelli con sfarzose cornici a volute in azzurro raffiguranti personaggi in costume che evocano il corteo e gli episodi del matrimonio di Caterina di Braganza e Carlo II Stuart del ciclo dipinto nello scalone monumentale.
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Anche la pavimentazione, a motivi musivi blu su tessere bianche, s’intona all’insieme ed è singolare testimonianza del rigore e della razionalità dell’architettura portoghese rispetto al rococò imperante nell’Europa del ‘700, attraverso scelte di maggiore sobrietà, con moduli decorativi originali di grande eleganza che si possono osservare nella fascia istoriata delle azulejos rappresentanti figure di cavalieri, o nell’elegante fregio di ghirlande che corre in alto. Il Palazzo dell’Ambasciata conserva, infatti, tra esterno e interno, diversi apparati ornamentali di azulejos che si distribuiscono tra la corte d’onore, l’androne d’ingresso, una stanza della Rappresentanza e l’ambiente d’ingresso della Foresteria al primo piano. I cicli del cortile e dell’androne, in passato considerati degli inizi del sec. XIX, sono da riferire, come studi recenti hanno dimostrato, alla fine di questo secolo ed oltre (inizi del XX): essi rispecchiano, infatti, anche i medesimi legami con le tradizioni e la storia locale dei cicli del Palace Hôtel de Bucaco e dell’atrio della Stazione ferroviaria di Sao Bento ad Oporto, di Jorge Colaco. Tali azulejos vennero con ogni probabilità commissionati da Antonio Augusto Dias Freitas, primo visconte di Azarujinha, un potente industriale che acquistò l’edificio negli anni settanta del sec. XIX, o dal figlio Libanio Severo che subentrò come proprietario alla morte del padre, nel 1904. Le scene, principalmente a carattere storico, illustrano ed esaltano le imprese degli avi narrando la storia del palazzo. Il ciclo all’esterno verso il giardino orna le pareti della corte con scene di giochi d’equitazione, tra cui la corsa all’Estafermo, e di personaggi storici della famiglia dei Conti di Pombeiro, illustrati dalle iscrizioni che le accompagnano, iprese dal testo di Manuel Carlos de Andrade, pubblicato a Lisbona nel 1790. Il ciclo che orna l’androne si snoda lungo la monumentale scala d’ingresso a due rampe che, nell’adozione di pochi e profondi gradoni, arrotondati all’interno, e nella tipologia dei pilastrini, rivela il richiamo al gusto classicheggiante adottando soluzioni ispirate alle scale realizzate da Michelangelo nella Biblioteca Laurenziana di Firenze. La decorazione ad azuleios celebra un evento storico di particolare rilievo, il matrimonio per procura di Caterina di Braganca con Carlo II d’Inghilterra ed il suo viaggio a Londra (fine sec. XIX – inizi sec. XX) che sono riprese dalle incisioni di Theodorus Roderigo Stoops. Questi nel 1662 eseguì i disegni del viaggio della giovane sposa e della festa al suo arrivo nella sua nuova dimora, accolta dai proprietari, ritratti nei pannelli in prossimità dell’ingresso. Il modello incisorio ripreso nelle azulejos di manifattura portoghese, è documentato da una tiratura recente degli stessi episodi, esposta in alcuni quadri esposti della Foresteria, il cui riferimento alle azulejos del Palazzo è nella dedica segnata in basso “Theodorus Stoop suae Reginae Angliae pictor”. In questo ciclo storico dello scalone, l’artista incisore, all’interno di eleganti e fastose incorniciature contraddistinte dalla tipica bicromia in giallo e blu, intende rendere omaggio alla giovane sposa, che aveva avuto il merito di dare vita al palazzo, spaziando su notazioni d’ambiente e di vita della città portoghese con gli strabilianti apparati effimeri delle feste, i velieri, simbolo della potenza in mare della nazione portoghese, e, infine, con alcuni ritratti di personaggi dell’epoca. Nell’originaria Anticamera del Palazzo di Pombeiro si ritrova un’altra importante decorazione di pannelli di azulejos in bianco e azzurro raffigurante scene di Marine, incorniciate da eleganti motivi di volute in giallo. Anche la Stanza d’ingresso della Foresteria, ospita una serie di formelle di piccolo formato che compongono vivaci scene di putti e di apparati floreali in bianco e blu. Tra gli ambienti più interessanti della Residenza del Palazzo di Pombeiro, va segnalata, innanzitutto, al pianterreno, la Galleria d’ingresso ove hanno trovato collocazione le 5 lunette dipinte tra il 1836 e il 1841 da Francesco Podesti. Si tratta delle Scene mitologiche, che costituiscono ciò che resta dell’allestimento pittorico della Galleria del Canova di Palazzo Torlonia nata per conservare l’Ercole e Lica, in origine accompagnata da un complesso di statue con Divinità dell’Olimpo, andato anch’esso smembrato con la demolizione del Palazzo a seguito del quale il gruppo di Antonio Canova venne trasferito presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Sempre nella Galleria si conservano altre opere provenienti da Musei italiani, accanto a capolavori di Manifattura portoghese, come due dei quattro tondi con le raffigurazioni dei Fiumi d’Europa o delle Stagioni attribuiti al Guidoboni e due interessanti dipinti, esposti alle testate della Sala: l’Ercole e Acheloo, copia da Guido Reni di uno dei quattro dipinti della serie dedicata al mito di Ercole, eseguita dal pittore emiliano per Ferdinando Gonzaga tra il 1617 e il 1621 – già nelle collezioni di Palazzo Durazzo, poi Reale, di Genova, acquisito dalla famiglia sabauda nel 1824 – e il Sant’Andrea, già attribuito a Scuola genovese ma probabile fattura del Langetti, artista genovese del sec. XVII. Nella Sala pompeiana, decorata da una raffinata ornamentazione a grottesche su tutte le pareti di Cirillo Volkmar Machado, e, da un dipinto nel soffitto celebrativo di Tomas de Fonseca, è esposto sopra il camino l’affresco con Lucifero che conduce le Ore sempre di Francesco Podesti, composizione che completa il ciclo pittorico sopravvissuto del Palazzo Torlonia, giunto a Lisbona nel 1921. In questa stessa Sala destinata ai pranzi ufficiali, sono visibili le due interessanti Nature morte d’Ambito francese, attribuibili una a François Habert e una ad un seguace di Jan Davidsz de Heem, opere della Galleria Sabauda, ove erano giunte nel 1865. Nella Sala da ballo, oggi Salone, si ritrovano numerosi arredi settecenteschi provenienti dalle dimore sabaude, come il prezioso cassettone intagliato e dorato attribuibile a Giuseppe Maria Bonzanigo, alcune suites di salotto preziosamente rivestite, provenienti da Palazzo Durazzo, poi Reale di Genova, e dal Castello di Moncalieri, e, inoltre, alcuni candelieri e mobili che si inseriscono armoniosamente con i dipinti appesi alle pareti tra cui si segnalano derivazioni d’epoca come la tela da l’Amore in riposo di Bartolomeo Schedoni, forse di Agazzi, e come il Disegno e la Pittura da Guido Reni, già attribuito ad Artemisia Gentileschi. Il disegno ornamentale complessivo degli arredi, oltre ad accostare in modo equilibrato mobili e oggetti di epoche e provenienza diverse, rispetta ed esalta l’architettura della Sala, caratterizzata dalle paraste d’angolo scanalate in marmo verde e dal disegno poligonale del soffitto. Sopra il divano, spicca per rarità iconografica e qualità esecutiva, la scena tratta dalla Gerusalemme liberata (canto XV) con Rinaldo e le ninfe, attribuita al pittore toscano di primo Seicento F. Furini, ma con note stilistiche che fanno pensare, piuttosto, alla mano del pittore genovese Fiasella. Nella Sala gialla, oltre ad una raccolta di maioliche di Castelli, riferibili ai secc. XVII-XVIII, spicca un trumeau veneziano settecentesco e diversi dipinti provenienti dalle collezioni di Palazzo Pitti di Firenze e della Galleria Sabauda. Nella successiva Sala blu sono esposte le sei tavolette d’ambito raffaellesco, attribuite di recente alle mani di Polidoro da Caravaggio e di Pedro Machuca, con Scene di sacrificio all’antica, provenienti dal soffitto ligneo della “Gallerietta di papa Giulio II nel Palazzo del Vaticano” come attesta una scritta sul retro a firma del conte Groscavallo. Sulle altri pareti sono appesi interessanti dipinti: il neoclassico Giove e Amore di Michelangelo Grigoletti (1824), già appartenuto al Duca di Lucca ed il San Francesco in meditazione attribuito a Cigoli. Le due stanze successive, denominate Salone con gli specchi e Salone con camino, in origine costituivano il Vestibolo e l’Anticamera del percorso cerimoniale di rappresentanza. Come risulta dalla recente ricognizione, la prima Stanza, decorata in basso da azulejos con Paesaggi marini, ospita oggi il dipinto di Antonio Rotta con Festa chioggiotta e alcune grandi cornici a specchi; l’Anticamera successiva, ornata da un grande camino in marmo, i due dipinti circolari su tela, a completamento della serie delle Stagioni consevate nella galleria. Nella Foresteria è degna di nota l’elegante boiserie della Stanza da letto di uno dei due appartamenti, una serie di dipinti dei secc. XVII-XVIII e, infine, una tiratura moderna delle stampe del pittore inglese Stoops, a documentazione delle scene ritratte poi nelle azulejos con il matrimonio per procura di Caterina di Braganca con Carlo II d’Inghilterra dell’androne d’ingresso.