(please check against actual speech delivered)
Eminenza Reverendissima, Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero e Presidente della Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”
Eccellenza Reverendissima, Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati
On. Gianni Alemanno, Sindaco di Roma
Eccellenze Reverendissime,
Signore e Signori,
“Nostra Signora d’Africa, prega per noi e per i musulmani”. Questa iscrizione – in francese, in arabo e in berbero – si legge nell’abside di Notre Dame d��Afrique ad Algeri, dove sono stato in missione il 15 marzo. Questo santuario cattolico, visibile da tutta la baia di Algeri, è ancora oggi oggetto di visite da parte della popolazione locale, quasi totalmente di religione musulmana, che ben conosce, per le drammatiche vicende degli anni ’90, il prezzo imposto alla collettività dall’intolleranza di alcuni.
Un prezzo altissimo che quasi ogni giorno l’umanità paga: si susseguono purtroppo le notizie di azioni violente contro le minoranze religiose, soprattutto cristiane. L’11 e il 12 marzo due attentati contro chiese cattoliche a Jos in Nigeria e la conseguente spirale di violenza hanno causato oltre 20 morti. Notizie preoccupanti provengono dalla Siria, dove le minoranze cristiane sarebbero oggetto di attacchi quotidiani e di veri e propri episodi di pulizia etnica su base religiosa. E’ ancora viva la commozione per l’attentato a Shahbaz Bhatti, il ministro pakistano di religione cristiana, barbaramente assassinato.
In alcune realtà gli appartenenti alle minoranze religiose, pur non essendo immediatamente minacciati nella loro esistenza fisica, sono oggetto di pesanti discriminazioni ad opera delle autorità, dei gruppi sociali maggioritari o di entrambi. La libertà religiosa può essere concretamente limitata in molti modi. Spesso si tratta delle norme che regolano la registrazione o le attività dei gruppi religiosi minoritari, che vengono attuate in modo arbitrario e discriminatorio, soprattutto a livello locale. Può accadere poi che le minoranze religiose, anche se non formalmente discriminate in base alla legge, debbano far fronte ad un clima di ostilità promosso o tollerato dalle Autorità ufficiali o dalle forze di sicurezza.
Anche se l’ateismo di Stato è stato oramai quasi ovunque abbandonato, la situazione resta difficile. Si assiste anzi in molti luoghi del mondo ad una lotta strisciante, condotta da Governi formalmente vincolati al rispetto della libertà religiosa da norme interne di rango costituzionale e da precisi trattati internazionali, a cominciare dal ben noto articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici.
L’Italia non può accettare questa situazione. Vi si oppongono la nostra sensibilità, la nostra storia, i nostri valori più profondamente sentiti. Il Parlamento italiano ha ripetutamente ribadito la sua attenzione sulla libertà di religione e di credo. Il Governo è impegnato in maniera convinta per affermarne l’importanza in tutti i consessi internazionali.
Signore e Signori,
La religione è essenzialmente libertà. Nelle parole del Santo Padre, “è nella natura della religione non ammettere coercizioni”, perché essa può rispondere solo ad una libera scelta personale.
La libertà di religione non può essere limitata alla sola libertà di culto né, tanto meno, può essere confinata alla sfera individuale e privata. L’Italia non può accettare il diffondersi di simili visioni riduttive, talora propugnate anche da Stati e organizzazioni per altri aspetti molto attenti ai diritti dell’uomo. La libertà di religione comprende il diritto di credere o di non credere, di convertirsi, di pregare anche pubblicamente, di educare ed essere educati, di contribuire alla riflessione pubblica e di partecipare alle scelte politiche. I due rami del Parlamento hanno solennemente ribadito questa convinzione il 12 gennaio 2011 con due atti di indirizzo votati all’unanimità, il cui linguaggio dimostra come l’opinione pubblica e le forze politiche italiane condividano la sensibilità della Santa Sede.
Soprattutto in contesti ostili, la scomparsa dallo spazio pubblico è il primo passo per la riduzione al silenzio delle minoranze, alla loro condanna all’irrilevanza, se non all’artificiosa negazione della loro stessa esistenza. Il passo dalle sanzioni sociali a quelle giuridiche è breve. Per questo, oltre a combattere l’introduzione di norme restrittive della libertà religiosa, l’Italia afferma il diritto delle comunità religiose, e soprattutto delle minoranze, a manifestare nell’arena pubblica le proprie convinzioni e le proprie sensibilità. Invitiamo le autorità di tutti i Paesi ad essere coraggiose e a non assecondare le pressioni di opinioni pubbliche condizionate da paure irrazionali, spesso frutto di ignoranza e di fanatismo.
Il nostro Paese ha compiuto e continuerà a compiere un’azione costante sia nei rapporti bilaterali con gli Stati che nell’ambito dell’Unione Europea e delle organizzazioni internazionali, per riaffermare questo principio nella maniera più ampia possibile. Certamente su un piano ideale, ma anche, e soprattutto, nelle sue applicazioni concrete, che si sostanziano, per esempio, nella tutela del diritto di edificare e mantenere i luoghi di culto, nel diritto di propugnare pubblicamente le proprie convinzioni, di convertire e di convertirsi senza altro condizionamento che quello della propria coscienza.
Signore e Signori,
La religione è espressione fondamentale dell’intima essenza e dignità della persona umana. Per tale motivo, la libertà religiosa presenta profili di irriducibile complessità, nella fondazione concettuale e nella conseguente articolazione giuridica.
Il concetto di “diritto soggettivo” ha impiegato secoli per affermarsi e per uscire dall’identificazione con la mera proprietà di beni materiali. Alla fine di quest’evoluzione millenaria, tra il XVII nel XVIII secolo, l’articolata riflessione sui diritti naturali ha è giunta ad individuare un nucleo essenziale di situazioni intangibili. Esse dovevano essere oggetto di tutela giuridica assoluta, in quanto erano considerate prima di tutto delle “verità di per sé evidenti”, secondo le parole di Thomas Jefferson nella Dichiarazione di Indipendenza americana. Il dibattito della prima Assemblea nazionale francese sui diritti civili e politici delle minoranze religiose è indicativo della logica onnicomprensiva dei diritti dell’uomo e della libertà religiosa in particolare. I più avveduti tra i delegati notarono subito l’intima contraddittorietà dell’editto reale del 1787 che restituiva i diritti civili ai calvinisti, senza riconoscere loro i diritti politici. E, una volta estesi ai protestanti, tali diritti non si poterono rifiutare agli ebrei sefarditi del Midi e, in immediata sequenza, a tutti gli ebrei, con la storica deliberazione del 27 settembre 1791. Non solo: la libertà di religione fu la base per un riconoscimento universale della dignità umana, sostanziatasi nell’abolizione della schiavitù e nell’emancipazione degli schiavi tra il 1792 e il 1794.
La molteplicità delle sue implicazioni, sul piano ideale e pratico, fa della libertà di religione un catalizzatore fondamentale per la promozione di tutti i diritti umani. In virtù di quell’inarrestabile “logica dei diritti dell’uomo”, segnalata dalla storica americana Lynn Hunt proprio con riferimento all’evoluzione della libertà di religione, l’Italia pone questo diritto fondamentale al centro della sua azione di politica estera.
Le istituzioni debbono non solo adottare norme adeguate, ma anche curarne l’integrale applicazione, in tutte le sue implicazioni, private e pubbliche. Le autorità debbono anche promuovere, con l’esempio e con azioni concrete, il mantenimento dei valori di libertà e promuoverne la diffusione all’interno della società.
Come sottolineano pensatori di diversa estrazione e sensibilità, come Michael Walzer e Rainer Forst, si deve passare dalla mera tolleranza ad un autentico riconoscimento dell’altro, dalla logica del meramente consentito a quello di una coesistenza, basata sul rispetto dell’identità dell’altro.
Tenendo ben fermo l’obiettivo strategico, la nostra azione concreta è necessariamente improntata a flessibilità, sensibilità e rispetto. Una politica di passi talora piccoli, ma sicuri e nella giusta direzione. Il raccordo della nostra rete diplomatica con quella della Santa Sede è, da questo punto di vista, costante ed efficace.
La nostra politica di tutela e promozione internazionale dei diritti umani non si potrebbe peraltro concepire al di fuori della cornice dell’Unione Europea. Senza nulla togliere all’importanza che rivestono politiche nazionali efficaci e coerenti, una dimensione autenticamente europea consente di mettere in campo il peso politico e negoziale necessario ad un’efficace politica dei diritti umani su scala globale.
Dopo il Trattato di Lisbona vi è un’enorme aspettativa per un salto di qualità nella politica di promozione dei diritti umani sul piano internazionale. L’Italia è impegnata affinché tale politica sia il “filo rosso” dell’azione esterna dell’Unione nelle sue diverse componenti, ivi comprese le politiche commerciali e di aiuto allo sviluppo. Su proposta dell’Italia, questo principio è stato da ultimo riaffermato nel corso della riunione dei Ministri degli Esteri in formato “Gymnich” svoltasi il 9 e 10 marzo scorsi a Copenhagen.
La forte azione esercitata dall’Italia nel Consiglio Affari Esteri, non priva di ostacoli e resistenze, ha indotto l’Unione Europea a rinnovare in diverse occasioni (Consiglio Affari Esteri del giugno 2010 e del febbraio 2011) la sua condanna per il crescente numero di atti di intolleranza compiuti ai danni di cristiani e di altre comunità religiose. Constatiamo con soddisfazione quanto sia cresciuta la sensibilità su questo tema nell’arco degli ultimi due anni e come il nostro ruolo di indirizzo e riferimento venga riconosciuto e apprezzato apertamente da diversi partners. Al tempo stesso, continuiamo a chiedere un impegno concreto da parte delle strutture europee, attraverso, ad esempio, un utilizzo mirato delle risorse finanziarie dell’Unione che favorisca il dialogo interculturale e inter-religioso e sostenga le comunità colpite da attacchi o da discriminazioni.
In occasione della riunione Gymnich cui accennavo poc’anzi, l’Italia ha presentato una piattaforma sul tema della libertà di religione articolata su quattro punti:
Primo: Assicurare alla libertà di religione e di credo rilievo prioritario nel “piano d’azione” sui diritti umani, che verrà discusso e adottato nei prossimi mesi;
Secondo: Garantire adeguati finanziamenti ai programmi di tutela della libertà religiosa, in primis, attraverso lo strumento EIDHR (European Instrument for Human Rights and Democracy);
Terzo: Promuovere in ambito ONU l’adozione di iniziative sulla libertà religiosa, ivi comprese risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio Diritti Umani;
Quarto: Innalzare allo status formale di “Linee-guida dell’Unione Europea” i vari strumenti e documenti di carattere interno già esistenti in materia di libertà di religione. In questo modo, questa priorità assumerà massima organicità e visibilità pubblica, analogamente agli altri assi portanti dell’azione della UE in materia di diritti umani, quali la pena di morte, la violenza sulle donne, i diritti del fanciullo, i difensori dei diritti umani.
Quando l’azione è unitaria e convinta, i risultati non mancano. In ambito Nazioni Unite, l’Italia ha contribuito in modo sostanziale all’adozione della risoluzione contro ogni forma di intolleranza e discriminazione religiosa, promossa dall’Unione Europea ed adottata dall’Assemblea Generale nel dicembre 2011. Grazie alla nostra azione, la risoluzione contiene richiami specifici all’aumento degli episodi di violenza contro gli appartenenti a minoranze religiose e al dovere di ogni Stato di esercitare la massima vigilanza per prevenirli e punirne i responsabili. Analoga iniziativa sarà presentata dall’Unione Europea nella sessione in corso del Consiglio Diritti Umani (marzo 2012).
Signore e Signori,
i fatti, sia pur gravi, che quotidianamente accadono non scuotono il nostro ottimismo. Non mancano i segnali positivi, sui quali stiamo quotidianamente lavorando. In occasione della mia visita al Cairo ho potuto apprezzare il ruolo costruttivo e moderatore esercitato dal Grande Imam di Al Azhar, che dovrebbe recarsi in visita in Italia nelle prossime settimane. E non posso non ricordare con commozione l’equilibrio e la saggezza del compianto Patriarca copto di Alessandria Shenouda III.
La consapevolezza oramai acquisita a livello globale del valore cardine della libertà religiosa si sostanzia in un consenso crescente alle iniziative di sensibilizzazione, di tutela e di promozione. Questi segnali rafforzano la nostra speranza in un futuro di tolleranza e di pace. Il dialogo con le diverse culture, civiltà e religioni gioca un ruolo essenziale. L’obiettivo di questo dialogo deve essere quello della migliore comprensione reciproca e dell’accoglimento della naturale esistenza della diversità. La costruzione di un sistema di tolleranza, di rispetto per l’altro, di rifiuto di ogni sopraffazione violenta è la strada per creare una “cultura della pace”.
Grazie.