(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Eccellenze, Signore e Signori,
· Vorrei innanzitutto dare il più caloroso benvenuto a tutti voi in occasione di questa giornata, dedicata al tema delle persone LGBTI nella realtà odierna, organizzata qui al Ministero degli Affari Esteri in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, che ricorre proprio oggi 17 maggio.
· Un particolare saluto va ai nostri ospiti internazionali: Sig. Jan Jarab (ONU Bruxelles), Sig. Dennis Van der Veur (European Union Agency for Fundamental Rights) e Sig. Ben Baks (Secretariat of the European regional governmental LGBT Focal Point Network).
· Vorrei inoltre ringraziare l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio per l’apporto dato alla realizzazione di questa Conferenza.
· Lasciatemi anche ringraziare il precedente Ministro, Emma Bonino, per essersi impegnata a riattivare l’anno scorso il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), strumento cruciale per la tutela e la promozione dei diritti umani.
· Lo scorso anno a l’Aja il Governo italiano ha sottoscritto l’appello per l’approccio a una politica inclusiva delle persone LGBT a livello di Unione Europea. L’Italia partecipa attivamente alla rete governativa europea dei Focal Point sulle politiche in tema di persone LGBTI.
· Sono dunque lieto di annunciare che il nostro Paese ospiterà a Roma, nel prossimo autunno, la tredicesima edizione della riunione della rete governativa europea dei Focal points LGBT, che costituirà l’occasione per presentare l’operato e gli impegni dell’Italia su questo tema in occasione del semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea.
· Vorrei ricordare alcune tappe fondamentali in termini di evoluzione del quadro giuridico internazionale.
· Nel 2011 il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha prodotto la prima risoluzione sull’uguaglianza dei diritti a prescindere dall’orientamento sessuale. Il polso di un cambiamento di portata internazionale – fortemente voluto da alcuni Stati UE, sin dal 2003, e dalla stessa UE, sin dal 2006 – è stato riconosciuto in seno alle Nazioni Unite, nel marzo 2012, in occasione della prima discussione plenaria presso il Consiglio Diritti Umani su «fermare violenza e discriminazione, a causa dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere».
· Con questa Risoluzione, i membri del Consiglio dei Diritti Umani, tra cui l’Italia, hanno voluto indicare la necessità di trattare il rapporto tra “diritti umani, orientamento sessuale e identità di genere”, forti di un sostegno transregionale che, fino ad allora, aveva incontrato riserve e inaspettati revirements.
· Come rilevato dall’Unione Europea nel giugno 2013, “la discriminazione contro le persone LGBT trova spesso origine in norme sociali e strutture patriarcali che perpetuano la disuguaglianza di genere, imponendo norme di genere e ideali di mascolinità”.
· In alcuni Paesi, i Governi cercano di limitare i diritti delle persone LGBT a esprimersi, ad associarsi e a riunirsi. In altri Paesi, le relazioni consenzienti tra adulti dello stesso sesso sono criminalizzate e i responsabili sono passibili di sanzioni detentive, se non addirittura di pena capitale.
· Vorrei invece ricordare le “Linee – guida dell’Unione Europea per assistere le persone LGBTI nell’affermazione dei loro diritti umani” adottate il 24 giugno 2013. Più in particolare, secondo la definizione contenuta nelle Linee – guida “l’acronimo LGBTI descrive un gruppo di persone che non si conforma alle nozioni convenzionali o tradizionali, corrispondenti al genere femminile e maschile”.
· Le istanze internazionali sono state dunque accolte dall’Unione Europea, nella sua dimensione esterna, attraverso il forte impulso del Servizio Europeo di Azione Esterna (SEAE). Con le Linee – guida testé menzionate, l’Unione Europea ha scelto di promuovere e proteggere i diritti umani delle persone LGBTI, dotando i propri funzionari e gli stessi Stati membri di una guida efficace nei loro contatti con i Paesi terzi.
· A livello europeo particolare attenzione viene data, inoltre, alla valutazione della credibilità dei richiedenti asilo LGBTI. Il genere, l’identità di genere e l’orientamento sessuale sono oggetto di specifici moduli formativi “avanzati”, destinati agli attori coinvolti nella procedura di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria), che l’EASO (Ufficio europeo di sostegno per l’asilo) fornisce agli Stati Membri.
· Questo è un settore di grande attualità per l’Unione Europea e per l’Italia, che si trova ad affrontare sempre più ingenti flussi di migranti richiedenti una qualche forma di protezione internazionale.
· L’Italia, dal canto proprio, ha senza dubbio fatto molto negli ultimi anni.
· Nel 2010 è stato istituito l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), organismo interforze Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri, creato per rispondere operativamente alla domanda di sicurezza delle persone a rischio di discriminazione per la prevenzione ed il contrasto di tutti i “crimini d’odio”.
· Nel 2012 l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali (UNAR), equality body italiano, ha ampliato il suo raggio di azione, divenendo presidio nazionale di contrasto contro ogni forma di discriminazione, sia essa generata dalla razza ed origine etnica oppure dalla religione, dalle opinioni personali, dalla disabilità, dall’età, dall’orientamento sessuale o identità di genere.
· Nell’Aprile 2013 l’UNAR ha adottato la prima Strategia Nazionale LGBT e a dicembre 2013 ha presentato le prime linee guida intitolate “Orgoglio e pregiudizio. Per un’informazione rispettosa in merito alle persone LGBT”.
· Appare però evidente che, nell’evoluzione degli ordinamenti giuridici dei paesi più avanzati, su questi temi non ci si limita alla decriminalizzazione e all’abolizione delle norme di discriminazione giuridica delle persone LGBT, ma si prevedono forme di tutela positiva dei loro diritti individuali e sociali, introducendo sia misure di prevenzione del pregiudizio, dell’odio e della violenza legata all’orientamento sessuale, sia leggi di riconoscimento e di regolamentazione di quelle unioni affettive, in cui diritti e tutele non possono essere stabiliti, per accordo tra i partner, su base meramente privatistica. Su entrambi questi aspetti il nostro Paese sconta evidenti ritardi.
· In ambito penalistico ricordo che l’Italia non prevede alcuna norma specifica finalizzata a prevenire i crimini perpetrati contro le persone LGBTI in ragione del loro orientamento sessuale e fino ad oggi non sono giunti ad esito positivo i tentativi di ampliare le fattispecie che puniscono l’istigazione all’odio, alla violenza e alla discriminazione, contenuti nella cosiddetta legge Mancino, nonché di estendere le circostanze aggravanti ai reati commessi per finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato.
· Le carenze legislative esistenti in ambito civilistico per la tutela delle unioni omo-affettive sono state evidenziate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010, in cui proprio la Corte ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione, nella nozione di formazione sociale “è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”, affermando nel contempo che, “spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazioni”.
· I cambiamenti non avvengono certo in una notte, ma mi pare che un paese come l’Italia, che è impegnata a promuovere iniziative internazionali a tutela dei diritti delle persone LGBT, abbia il dovere di colmare al più presto questi ritardi.