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Antonio Tajani: “Niente accordo senza Ue e Kiev. Sulle sanzioni decide l’Europa” (La Stampa)

Antonio Tajani Niente accordo senza Ue e Kiev. Sulle sanzioni decide l’Europa (La Stampa)
Antonio Tajani Niente accordo senza Ue e Kiev. Sulle sanzioni decide l'Europa (La Stampa)

«Il piano per la pace di Trump? E solo una base, un punto di partenza. Serve l’accordo di Kiev e dell’Unione europea. D’altronde, le sanzioni può toglierle solo Bruxelles». Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani risponde sul conflitto in Ucraina sfiorando con le dita una superficie laccata in avorio. Sono i banchi del Parlamento subalpino, lì dove si è fatta l’Italia, nel cuore del capoluogo sabaudo. A pochi metri da lui, per una di quelle coincidenze che sembrano rendere la realtà la sceneggiatura di un cortometraggio, c’è il regista russo Aleksandr Sokurov, appena premiato al Torino film festival, che più volte ha denunciato la «censura» del suo Paese. Di Vladimir Putin Tajani non parla molto: «Non credo abbia fretta, forse vuole chiudere prima che arrivi l’inverno più freddo, ma ci vorranno ancora settimane». Una certezza, però, ce l’ha: «La pace è tra russi e ucraini: ovvio che Kiev deve avere un ruolo».

Quella al Museo del Risorgimento è una visita di piacere, insieme alla moglie Brunella Orecchio, organizzata dal governatore (e suo vice in Forza Italia) Alberto Cirio. Poche ore a ritmi serrati per godere delle bellezze di Torino, «una città interessante e affascinante», dopo gli Stati generali del commercio internazionale organizzati dal suo partito. Già lì, a margine, il vicepremier aveva toccato l’argomento: «Dovranno essere gli ucraini a dire cosa accettano e cosa chiedono di modificare». Ma dopo un pranzo veloce e la prima tappa al Duomo, dov’è custodita la Sindone, i toni sono più decisi. Soprattutto sul ruolo di Bruxelles: «Non si può pensare di trovare un accordo senza Europa, per il semplice motivo che l’Europa ha inflitto le sanzioni alla Russia, quindi senza l’accordo dell’Unione non si può fare la pace». Il punto 13 del piano di Trump dice: «La Russia sarà reintegrata nell’economia globale, con discussioni programmate sulla revoca delle sanzioni». Ma Tajani è fermo: «Non è che possono toglierle i russi, solo l’Unione europea può farlo».

L’approccio del vicepremier sembra più vicino a quello del ministro della Difesa Guido Crosetto: «Importante la questione sicurezza, quella modellata sull’articolo 5 della Nato, anche se probabilmente qualcosa di più per la sicurezza di Kiev si può ottenere». Il piano in 28 punti è «un punto di partenza, non di arrivo, una base su cui discutere. Le interlocuzioni continuano, domani (oggi, ndr) ci sarà un altro vertice in Angola, vedremo come si trasformerà questa proposta. Siamo solo all’inizio».

C’è stato solo un momento in cui il vicepremier, ammette lui stesso, è riuscito a lasciare «da parte gli affanni della politica». E stato attraversando i 4.000 anni di storia del Museo Egizio, nelle sale in mezzo ai visitatori incuriositi: «C’ero stato prima della trasformazione, ma è sempre bello tornare a rivedere un luogo una seconda volta». Il pomeriggio era iniziato al Duomo: la storia della Sindone, la fascinazione per l’imponente organo, un momento di preghiera con la compagna di una vita, con la quale scende le scale porgendole il braccio: «Qui si sente l’esistenza di Dio». Un fuori programma, dieci minuti a Palazzo Reale, lo scambio di battute con una maschera: «Lei ha l’accento salernitano». Ma il momento più sentito è quello legato a quel «quarto» di origini piemontesi, alla Gran Madre, i fiori posti sull’altare, lo sguardo al nome di “Mario Testa”, il fratello della nonna morto a 21 anni per una ferita di guerra: «Se perdi la vita in combattimento – racconta il ministro degli Esteri – ricevi una medaglia d’oro, d’argento se accade in seguito. Lui mori una settimana dopo essere stato ferito alla gamba. Era partito volontario per quelli che divennero gli Arditi, ci credeva, patriottico come solo i piemontesi seppero essere». Anche quel giovane pro-zio era juventino, come la nonna che Tajani cita spesso: «Giocava nelle giovanili». Il resto del sangue è «ciociaro», il vicepremier cerca il paese d’origine della madre, Ferentino, su una storica mappa conservata a Palazzo Carignano. Lì, però, è difficile «estraniarsi» dagli affanni romani, nella sala in penombra la politica si respira, lo sguardo cade sul posto dove sedeva Cavour: «Trump? Probabilmente vuole chiudere la pace prima dell’assegnazione del Nobel. D’altronde è un essere umano e, come tale, fatto di istinti e leve psicologiche».

  • Autore: Giulia Ricci
  • Testata: La Stampa
  • Luogo: Torino

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