Un’urbanistica nuova
Nella prima decade del secolo XI, tribù Oghuz irruppero dall’Asia Centrale nel mondo Indo-Iranico. Saccheggiarono lo splendido Emirato di Mansura, devastarono colture e villaggi, fecero ricco bottino di donne e fanciulli da vendere sul mercato di Bukhara. Il porto di Mansura, Daybul, fu anch’esso attaccato e saccheggiato.
Le fonti testuali sono silenziose sugli eventi successivi. Viceversa, gli scavi archeologici dell’Università Cattolica di Milano nella porzione centro-occidentale della cittadella lungo un importante asse viario Est-Ovest (2019-2024) stanno restituendo un’immagine imprevista: la ricostruzione della cittadella secondo un piano urbanistico profondamente diverso dal passato, ossia la riutilizzazione di imponenti edifici ad officine per la lavorazione di beni di lusso e modeste abitazioni dei relativi artigiani.
Un Rinnovamento Culturale. Evidenze archeologiche, architettoniche e archeometriche integrano le fonti testuali
Mentre gli scavi condotti a Mansura da Nabi Khan hanno scritto la parola “Fine” alla vita della splendida capitale dell’Emirato omonimo, gli scavi Italiani a Banbhore, integrandosi con quelli di F.A. Khan (1958-1964 c.) nella porzione nord-orientale della cittadella, aggiungono insospettati elementi che indicano una nuova fase di popolamento stabile sulle rovine del Passato.
Nella porzione orientale si ergevano edifici palaziali, che hanno restituito un’oggettistica particolarmente raffinata. Nella porzione centro-occidentale, gli scavi Italiani stanno riportando alla luce una incredibile fabbrica di beni di lusso: avori, vetri, ceramiche, conchiglie semilavorate, fornaci per la lavorazione di metalli. Un quartiere diverso dal passato, cinto da mura. Le porte piccole e strette consentivano il regolare prelievo dei tributi, e il controllo di quanti venivano per acquistare e/o contrattare. All’esterno, ai piedi dei bastioni nord-occidentali, si individuano altre importanti strutture.
L’incredibile somiglianza con mercati e officine di Mansura e Multan
La similarità del nuovo assetto planimetrico della cittadella con quello di Mansura e Multan e relativi mercati e officine di avori, metalli ecc. – minuziosamente descritto da geografi del secolo decimo – è impressionante. Induce a pensare che l’antica classe dirigente e relativi mastri artigiani siano riusciti a fuggire alle orde Oghuz e a rifugiarsi nelle isole alla foce del delta dell’Indo – ambiente palustre ed ostile ai nomadi. Quindi, si sarebbero spostati fra le mura di Daybul.
Un nuovo apparato dirigente legato alle tradizioni. Ricostruì la cittadella e l’antica rete di commerci e relazioni culturali, e con essa le proprie fortune
La ceramica di Banbhore fornisce preziose indicazioni su importazioni, esportazioni e scambi culturali; suggerisce altresì datazioni complementari alle fonti scritte. Altrettanto significativi sono artigianato e manufatti. Il tutto è indice dell’abilità politico-diplomatica, amministrativa ed economica della nuova classe dirigente. Sotto protezione militare dei Selgiuchidi (1050-1170 c.) fu ricostruita la rete di intese familiari e commerciali con Iraq, Yemen e coste orientali dell’Africa. Fu riaperta la via di terra che, per il Makran, raggiungeva Yazd, Istakhr e Shiraz. Accordi e alleanze matrimoniali con le confederazioni Oghuz e Qarakhanide riavviarono i commerci con Cina e Principati centroasiatici.
La rinascita durò fino agli anni “60 del secolo dodicesimo. Il Sultano ruppe le intese con Oghuz e Qarakhanidi. Questi se ne presero vendetta, invasero e depredarono i territori indo-iranici fino al mare, segnando il graduale abbandono di Daybul e la sua fine.