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L’Asia, per ridisegnare le catene di approvvigionamento globali

L’Asia, per ridisegnare le catene di approvvigionamento globali
L'Asia, per ridisegnare le catene di approvvigionamento globali

Un tempo relegata al ruolo di semplice fornitrice di materie prime, l’Asia si afferma oggi nel panorama globale come una potenza economica dinamica, caratterizzata da ampi margini di crescita. I dati lo confermano: secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2024 i Paesi dell’Asia-Pacifico hanno registrato una crescita del PIL del 4,6% – a fronte dell’1,8% delle economie avanzate – contribuendo a circa il 60% della crescita economica mondiale.

Dal punto di vista macroeconomico, nell’ultimo decennio numerosi Paesi della regione hanno rafforzato i fondamentali, riducendo i disavanzi e contenendo il deprezzamento delle rispettive valute. Ciò ha consentito di attenuare le vulnerabilità strutturali e di creare un contesto più stabile e attrattivo per gli investimenti. Di conseguenza, miliardi di dollari sono affluiti nelle economie locali, negli ultimi anni: a titolo di esempio, considerando la sola Associazione della Nazioni del Sud-est Asiatico (ASEAN), tra il 2021 e il 2023, l’area ha attirato in media 220 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri (IDE) all’anno, raggiungendo il record di 230 miliardi di dollari lo scorso anno.

Ma soprattutto, la regione asiatica si sta indubbiamente affermando come uno dei grandi vincitori della riorganizzazione delle catene di approvvigionamento a livello mondiale. La creazione della Banca asiatica di investimento per le infrastrutture (AIIB) con un capitale di 100 miliardi di dollari, la Nuova banca di sviluppo (ex Banca dei BRICS) e, in particolare, l’iniziativa della “Nuova via della seta” (conosciuta come Belt and Road Initiative) hanno aumentato notevolmente gli investimenti nella regione e rafforzato la cooperazione tra la Cina e i suoi vicini. Porti, autostrade e ferrovie sono in fase di costruzione o ampliamento in tutta la regione. Una volta completata, questa vasta rete dovrebbe estendersi dalla Cina ai Paesi Bassi, passando per il Medio Oriente, Singapore e l’Africa.

Con una popolazione di quasi 5 miliardi di abitanti, l’Asia è di gran lunga la regione più popolata del pianeta, ma anche queste tendenze demografiche sembrano giocare a favore della crescita locale. Inizialmente, l’abbondanza di manodopera a basso costo ha permesso alle economie emergenti asiatiche di attrarre attività manifatturiere a basso valore aggiunto – attività che si stanno ora espandendo in industrie a più alto valore aggiunto quali l’elettronica, i semiconduttori, i macchinari, i veicoli elettrici e le batterie, nonché i prodotti farmaceutici.

Lo sviluppo e la modernizzazione delle economie emergenti asiatiche, oltre ai considerevoli vantaggi competitivi – manodopera economica e qualificata, notevole stabilità politica e accesso privilegiato alle materie prime essenziali – ha portato a un aumento dei livelli di reddito e quindi della classe media locale. Lo stile di vita e i consumi crescono, creando terreno fertile per un boom infrastrutturale senza precedenti, guidato dalle nuove tecnologie, dalle infrastrutture verdi della transizione energetica e dalla crescente domanda interna. Si tratta di dinamiche che offrono notevoli opportunità per l’offerta di beni e servizi italiani ad alto valore aggiunto, combinando export, partenariati industriali e cooperazione tecnologica.

 

Opportunità strategiche per l’export italiano

In quest’ottica, il Focus Asia-Pacifico del Piano d’azione per l’export, realizzato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) lo scorso aprile in collaborazione con gli attori del Sistema Italia – Agenzia ICE, Simest, SACE e CDP – si inserisce perfettamente nella strategia nazionale volta ad accelerare le esportazioni nei mercati extra-UE ad alto potenziale, con l’obiettivo generale di raggiungere 700 miliardi di euro di export entro la fine del 2027.

Nella regione Asia-Pacifico, l’Italia si conferma una potenza mondiale dell’export: nel 2024, su un interscambio complessivo con la regione di 144,6 miliardi di euro, l’export italiano ha complessivamente raggiunto 55,3 miliardi di euro. La solidità dell’offerta italiana si manifesta in settori chiave per il Made in Italy, come meccanica strumentale, prodotti farmaceutici e chimici, moda, agroalimentare e mezzi di trasporto.

Nella regione Asia-Pacifico, l’azione del Piano si concentra su mercati prioritari come la Cina, che è il 1° mercato di sbocco per l’export italiano in Asia-Pacifico, ma anche secondo in assoluto tra i Paesi extra-europei, dopo gli Stati Uniti, con 15,3 miliardi di euro nel 2024, seguita dal Giappone, con 8,2 miliardi. A seguire, si trovano la Corea del Sud (3° mercato con 6,2 miliardi di euro), l’Australia (5,4 miliardi di euro) e l’India (5,2 miliardi di euro). I settori individuati come prioritari per l’intera regione Asia-Pacifico includono i macchinari, i beni di alta qualità, i prodotti chimico-farmaceutici, la transizione energetica, le infrastrutture e le reti di telecomunicazione.

Nella regione l’ASEAN rappresenta un’area in forte espansione, dove le esportazioni italiane nel 2024 hanno raggiunto i 10,7 miliardi di euro, segnando una crescita significativa del 10,3% rispetto all’anno precedente. Nell’area, se Singapore si conferma la prima destinazione del Made in Italy (con 3,2 miliardi di euro nel 2024), la Thailandia potrebbe essere scalzata dal secondo posto sul podio (1,9 miliardi) dai vicini Malaysia (1,7 miliardi) e Vietnam (1,5 miliardi). In effetti, questi due Paesi hanno visto i propri acquisti di prodotti italiani crescere notevolmente nel 2024: rispettivamente del 23,4% e del 26% rispetto all’anno precedente. Infine Indonesia e Filippine chiudono la classifica, con 1,2 miliardi e 0,9 miliardi di euro nel 2024.

In questo numero interamente dedicato all’Asia, esploreremo da più vicino quattro mercati della regione. Quattro mercati strategici per l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Quattro mercati che presentano dinamiche di crescita diversificate, ma che offrono tutti notevoli opportunità per l’offerta di beni e servizi italiani ad alto valore aggiunto.

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