Con la recente presentazione della “Trade and Investment Strategy to 2030”, un documento programmatico che delinea un percorso di crescita basato sulla valorizzazione dei settori di eccellenza e sulla penetrazione di nuovi mercati emergenti, l’Australia Meridionale intende rafforzare la propria posizione sui mercati internazionali ed attrarre investimenti di alto valore.
Il commercio internazionale dell’Australia Meridionale rappresenta già oltre il 15% del Prodotto Statale Lordo (Gross State Product, GSP), con esportazioni annuali di beni e servizi che raggiungono i 22,8 miliardi di dollari. Un dinamismo che si traduce in oltre 229.200 posti di lavoro direttamente collegati alle attività dell’export. I settori trainanti dell’export sono l’agroalimentare e il vino (8,67 miliardi di dollari), seguiti dall’energia e i minerali (5,09 miliardi) e dall’istruzione internazionale, che vale 3,20 miliardi. I principali mercati di destinazione vedono la Cina continentale al primo posto con 4,20 miliardi di dollari, seguita da Stati Uniti (2,12 miliardi), Malesia (1,13 miliardi) e India (1,07 miliardi).
Sul fronte degli investimenti diretti esteri (IDE), lo Stato ha attratto capitali per 20,1 miliardi di dollari negli ultimi dieci anni, generando oltre 23.650 nuovi posti di lavoro. I principali flussi provengono da Regno Unito ed Europa (11,3 miliardi) e dalle Americhe (5,2 miliardi), con una forte concentrazione nel settore delle energie rinnovabili, che ha catalizzato investimenti per 14,1 miliardi.
Alla luce di questi dati, la nuova strategia dell’Australia Meridionale punta a portare il peso delle esportazioni sul GSP dall’attuale 15,4% al 18% entro il 2030, mentre prevede un aumento del numero e della diversificazione delle imprese esportatrici e un incremento della quota di IDE a livello nazionale fino al 5%, diversificando al contempo i Paesi di provenienza dei capitali. Inoltre, un focus particolare è dedicato a migliorare l’accesso ai mercati per le imprese regionali, a guida femminile e appartenenti alle comunità delle First Nations.
Il piano governativo adotta un approccio mirato, concentrandosi su mercati e settori con il più alto potenziale di crescita. Da un lato, si punta a consolidare la presenza in mercati maturi come Stati Uniti e Regno Unito (anche in ottica dell’accordo trilaterale AUKUS), Europa, Cina, Giappone e Corea.
Dall’altro, si lancia un’offensiva su nuovi mercati emergenti ad altissimo potenziale, in particolare India e Sud-est Asiatico. La prima è identificata come motore della crescita globale, in quanto la sua demografia giovane alimenta una forte domanda di istruzione e beni di consumo, mentre le esigenze di sicurezza alimentare la rendono un mercato chiave per le materie prime agricole, sostenute dall’accordo di cooperazione economica Australia-India (ECTA). Da parte sua, con l’ascesa di una vasta classe media, il Sud-est asiatico, proiettato a diventare la quarta economia mondiale entro il 2040, manifesta una domanda crescente per prodotti agroalimentari di alta gamma, istruzione e turismo, con un focus su nazioni come Singapore, Malesia, Vietnam e Indonesia. Inoltre, l’economia digitale della regione, che raggiungerà un valore di 1 trilione di dollari entro il 2032, offre enormi opportunità per le aziende tecnologiche australiane.
La Strategia dell’Australia Meridionale guarda anche al Medio Oriente, individuando i Paesi del Golfo come hub globali per il commercio e gli investimenti nei settori dell’energia, dell’industria mineraria e delle tecnologie legate alla sicurezza alimentare.
Per raggiungere questi mercati, la strategia fa leva su nove settori industriali in cui lo Stato dell’Australia Meridionale conta su vantaggi competitivi già consolidati a livello globale: energie rinnovabili e cleantech; industria dei minerali critici; difesa e spazio; istruzione internazionale; turismo; agroalimentare; vino; tecnologie critiche ed emergenti; e salute e medicina.
Il “Sistema Paese” a supporto delle imprese
Per concretizzare questa visione e guidare le imprese nei processi di esportazione e investimento, il Governo ha messo in campo una rete di supporto integrata, nella quale il Department of State Development (DSD) agisce come cabina di regia e coordina diverse agenzie specializzate. Tra queste spiccano Invest SA, punto di riferimento per attrarre e facilitare gli investimenti esteri; TradeStart, che offre consulenza specializzata per le imprese che vogliono affacciarsi sui mercati internazionali; Brand SA, responsabile della promozione del marchio “South Australia”, oltre a una rete di rappresentanze dirette nei mercati strategici per fornire assistenza sul campo. A queste si affiancano altre agenzie governative con competenze specifiche, dalla logistica (DIT) al turismo (SATC), dalla difesa (Defence SA) all’energia (DEM), per creare un ecosistema coeso e massimizzare le opportunità economiche dell’Australia Meridionale sulla scena globale. In aggiunta, la Strategia punta all’organizzazione di varie missioni imprenditoriali per creare connessioni dirette tra le aziende locali e i partner internazionali, sia in entrata che in uscita, nonché a cogliere le opportunità offerte dal portafoglio di eventi sportivi e culturali di alto profilo dello Stato, come l’AFL Gather Round, per attrarre investitori e importatori.
La South Australia Trade and Investment Strategy to 2030, presentata nel luglio 2025, presenta interessanti analogie con il Piano d’Azione per l’export italiano nei mercati extra-UE ad alto potenziale, lanciato il 21 marzo dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Antonio Tajani. Pur trattandosi di una strategia elaborata a livello sub-nazionale, essa condivide con il piano italiano un approccio integrato alla promozione dell’internazionalizzazione: la distinzione tra mercati maturi e ad alto potenziale, il ruolo di coordinamento del “Sistema Paese” (nel caso australiano, il partenariato tra governo statale, agenzie di promozione e imprese), l’enfasi sulle missioni economiche e la valorizzazione della dimensione culturale e formativa come leve di diplomazia economica. Un parallelismo che conferma la convergenza, tra economie avanzate, verso modelli di sostegno all’export basati su sinergia istituzionale e presenza strategica nei mercati emergenti.