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Intervento del Ministro Emma Bonino alla Presentazione del rapporto 2013 di Nessuno Tocchi Caino

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Quando l’anno scorso partecipai alla presentazione del rapporto di Nessuno Tocchi Caino, non potevo certo immaginare che a un anno di distanza mi sarei trovata dall’altra parte del tavolo per fare il punto sull’azione del Governo sulla lotta alla pena di morte nel mondo.


Ma credo di poter dire senza destare alcuna sorpresa che non ci saranno molte differenze tra il mio intervento dell’anno scorso e quello di quest’anno. Perché sulla battaglia di civiltà dell’abolizione della pena di morte si è sviluppata negli anni una simbiosi tra il Ministero degli Esteri e Nessuno Tocchi Caino: le azioni e le prese di posizioni dell’uno sono completamente condivise e sostenute dall’altro. E viceversa.


Sull’abolizione della pena di morte da sempre si sono registrate in Italia convergenze e sinergie tra il Governo, il Parlamento e i cittadini organizzati. Grazie a questa unione di forze non abbiamo solo acquisito credibilità internazionale; ma abbiamo anche ottenuto risultati molto positivi, come confermato dalle votazioni sull’ultima Risoluzione delle Nazioni Unite sulla moratoria della pena di morte.


Insieme a tanti membri del Partito Radicale Transnazionale, che con molto piacere vedo oggi qui presenti, abbiamo fatto della lotta contro la pena di morte una delle ragioni della nostra azione politica. All’inizio, quando abbiamo intrapreso la campagna, molti guardavano con scetticismo alle possibilità di successo. Ma eravamo convinti, e lo siamo ancora, che le battaglie che mettono la persona e i suoi diritti al centro, meritino sempre di essere combattute. In queste battaglie di civiltà è la mancanza di coraggio, mai il risultato, a segnare la sconfitta.


Negli ultimi anni sono state premiate la pazienza e la determinazione con cui abbiamo fatto valere le nostre convinzioni. Dal 2007 a oggi, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato 4 Risoluzioni, che riflettono la tendenza positiva verso l’abolizione della pena di morte. L’ultima risoluzione del dicembre 2012 è stata approvata con 111 voti favorevoli, due in più rispetto al 2010 (e solo 41 voti contrari e 34 astensioni). Dal 2007 al 2013 è anche aumentato il numero dei Paesi abolizionisti: nel 2007 erano 93, di cui 39 de facto, e nel 2013 sono 97, di cui 34 de facto.


Molta strada resta da fare. Anche se è ormai acclarato il fatto che la pena di morte non abbia alcun effetto deterrente, molti Paesi continuano a farvi ricorso per scopi politici o come misura populista o ancora come strumento di barbara repressione. Inoltre, in alcuni Stati assistiamo a una sconcertante involuzione, con la ripresa delle esecuzioni da tempo sospese.


Ad esempio, Papua Nuova Guinea ha interrotto quest’anno la moratoria de facto che applicava dal 1954. Nel Paese si è anche registrato un ampliamento delle tipologie di reato punibili con la pena capitale e un inasprimento della normativa sulle modalità delle esecuzioni. Anche il Gambia alla fine del 2012 ha interrotto una moratoria quasi trentennale. In Nigeria i timidi segnali positivi, dovuti all’applicazione di una moratoria de facto dal 2006, sono stati clamorosamente smentiti dalla ripresa delle esecuzioni a giugno di quest’anno.


Preoccupa la recente decisione del nuovo Esecutivo pakistano di non rinnovare la moratoria de facto introdotta nel 2008. Anche in Kuwait ad aprile sono riprese le impiccagioni, dopo una sospensione che durava dal 2007. E in Indonesia, una tendenza positiva è stata bruscamente interrotta a marzo.


Lascia infine attoniti la determinazione con cui il Ministro della Giustizia del Giappone ha annunciato l’anno scorso la ripresa delle esecuzioni, motivandola alla luce del numero eccessivo di condannati presenti nel braccio della morte. A febbraio il Giappone ha comunicato le esecuzioni di tre condannati, le prime dall’entrata in carica del Governo Abe. Non sono state fornite motivazione sulla scelta dei tre detenuti.


In generale, suscita profondo rammarico la ripresa delle esecuzioni per reati comuni in molti Paesi dell’area asiatica, africana e mediorientale, dopo gli impegni internazionalmente assunti da questi Paesi di istituire e rispettare una moratoria. A livello UE sono stati compiuti passi congiunti e l’Alto Rappresentante Ashton ha rilasciato dichiarazioni di condanna, alle quali ci siamo prontamente associati. Occorre inoltre cogliere gli spazi di azione offerti dalle transizioni dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo per sensibilizzare le nuove leadership ad abolire la pena di morte dai nuovi ordinamenti.


Restano poi le croniche criticità concernenti la Cina, l’Iran e l’Iraq che, come evidenziato nel rapporto, nel 2012 si sono contraddistinti per il più alto numero di esecuzioni. Condivido la particolare attenzione che Nessuno Tocchi Caino dedica alla Cina. Quest’ultima ha ceduto il primato delle esecuzioni all’Iran: si tratta di un segnale che ci spinge a insistere con Pechino per incoraggiarne una maggiore apertura.


Ma non c’è solo l’Asia. Nel cuore dell’Europa, la Bielorussia continua ad applicare la pena di morte. Nell’ultima sessione del Consiglio Diritti Umani a Ginevra abbiamo sostenuto l’iniziativa dell’Unione Europea di introdurre un paragrafo sulla pena di morte nella risoluzione dedicata alla Bielorussia. Auspichiamo che in futuro l’UE possa adottare un linguaggio più forte e soprattutto più in linea con il carattere prioritario che noi e Bruxelles attribuiamo al tema.


Parlando di Unione Europea vorrei fare il punto sull’aggiornamento (aprile) delle Linee Guida sulla pena di morte, alla cui stesura l’Italia ha contribuito. Le Linee Guida sono uno strumento utile perché aiutano a calibrare i dialoghi dell’UE con i Paesi terzi su diverse questioni relative alla pena di morte e contribuiscono a definire standard minimi da esigere ai Paesi “mantenitori”. Le nuove Linee Guida sostituiscono e integrano le precedenti del 2008 con significativi miglioramenti: circoscrivono la definizione di most serious crimes; ampliano le categorie di persone a cui la pena di morte non deve mai essere applicata; e impongono l’obbligo di garantire la massima trasparenza sulle esecuzioni.


Vorrei poi ricordare l’azione di sensibilizzazione condotta dal Consiglio d’Europa contro la pena di morte. L’azione è soprattutto rivolta ai Paesi che sono osservatori presso l’Organizzazione, tra cui Giappone e Stati Uniti. A questo proposito abbiamo appreso con grande gioia della decisione del Maryland di eliminare la pena capitale: è il 18mo Stato abolizionista negli USA.


Tra le ultime iniziative multilaterali a cui l’Italia ha partecipato, vorrei menzionare il Quinto Congresso Mondiale contro la pena di morte svoltosi a Madrid a giugno. Abbiamo condiviso con gli organizzatori l’utilità di affrontare la tematica della pena capitale in un’ottica regionale, con particolare riguardo al Nord Africa, ai Caraibi, al Medio Oriente e all’Asia, e di valorizzare il ruolo dei cittadini organizzati.


L’importanza fondamentale del ruolo dei cittadini organizzati è confermata dal Rapporto di Nessuno Tocchi Caino. Anche questa nuova edizione sarà un utile strumento di lavoro e approfondimento. La sua attendibilità e completezza sono unanimemente riconosciute in Italia e all’estero. Per me sarà una sorta di vademecum in vista dei miei futuri colloqui con i Ministri dei Paesi “retenzionisti”.



Concludo con le parole del poeta Costantino Kafavis che, a proposito della sua contrarietà alla pena di morte, diceva: “appena se ne presenta l’occasione, lo dichiaro, non perché creda che per il fatto che lo dico io domani gli Stati la aboliranno, ma perché sono convinto che, parlando, contribuisco alla vittoria della mia opinione. Le mie parole non andranno perdute.” I risultati finora ottenuti dimostrano che le nostre parole, le nostre profonde convinzioni per fare avanzare questa battaglia di civiltà non solo non sono andate perdute, ma sono sempre più condivise e diffuse nel mondo. Questa è già una grande vittoria!

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