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Pistelli: «In agenda la crescita ma anche lotta alle povertà» (l’Unità)

Una svolta rispetto al passato, un investimento sul futuro. È la nuova legge sulla Cooperazione approvata nei giorni scorsi dal Senato. L’Unità ne discute con il vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli che tra le deleghe affidategli ha anche quella sulla Cooperazione internazionale. Un investimento, quello sulla cooperazione, da declinare in chiave europea.


Qual è il valore del vertice europeo apertosi a Bruxelles?


«Il vertice ha un triplice valore. Innanzitutto, tira le conclusioni del semestre di presidenza greca, sul quale esprimiamo un giudizio molto positivo. Nonostante la campagna elettorale europea abbia fatto correre il rischio di un deragliamento dei toni e dei contenuti, Atene ha gestito con ordine un’agenda difficile e ci lascia una buona eredità. In seconda battuta, è l’Italia che entra in scena e racconta ufficialmente le proprie priorità, dopo avere svolto nelle ultime settimane un lavoro capillare di disseminazione dei propri contenuti. Da ultimo, ma non per ultimo, prosegue la delicata discussione sulle scelte dei prossimi vertici istituzionali; scelte che abbiamo voluto far discendere dal programma dei prossimi anni e non viceversa. Quindi priorità alla crescita, allo sviluppo, al protagonismo positivo dell’Europa per girare finalmente e decisamente pagina rispetto a un’Europa troppo austera e incapace di far immedesimare in se stessa le aspirazioni dei cittadini. E in questo cambio di verso, la Cooperazione può essere uno dei campi in cui l’Europa offre al mondo la migliore immagine di sé».


In questa chiave, quale segno assume la nuova legge sulla Cooperazione approvata dall’Aula di Palazzo Madama?


«Credo che la valutazione vada divisa in due punti: il lato più prettamente politico e i contenuti di merito. Sul piano politico, sono rimasto anche personalmente sorpreso dall’ampiezza e natura della maggioranza registratasi nel voto finale: zero contrari, 15 astenuti – Lega e alcuni senatori di Sel – 201 favorevoli, incluso il Movimento 5 Stelle. È la prima volta in 27 anni che la riforma della cooperazione taglia questo traguardo con una volontà politica così trasversale. È questo il segno di un testo lungamente discusso con forze politiche e società civile, che ha anche innovato il rapporto fra maggioranza e opposizione. Lo testimonia il dialogo costruttivo con i grillini».


E nel merito?


«Con questa legge, l’Italia colma un ritardo accumulato con gli altri partner europei: nasce un piccolo “Consiglio dei ministri” appositamente dedicato alla cooperazione; ci sarà un vice ministro obbligatorio, cioè un “junior minister”, garante della coerenza delle politiche e titolare della regia complessiva. Inoltre, il Parlamento sarà regolarmente consultato, assieme alla società civile, che si riunirà in un Consiglio nazionale della Cooperazione. Nasce l’Agenzia, braccio operativo degli interventi, e, probabilmente, inseriremo alla Camera anche la Banca per lo sviluppo. Insomma, passiamo da una buona legge, figlia però di un tempo in bianco e nero, con il mondo ancora diviso in due blocchi, alla Cooperazione del XXI secolo».


Ma questa nuova idea di Cooperazione come s’inquadra nelle dinamiche internazionali, in particolare in quelle europee?


«Il voto al Senato è il miglior viatico per l’avvio del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea. I114 e 15 luglio ci sarà a Firenze un Consiglio informale sviluppo, che discuterà della nuova agenda dello sviluppo, del ruolo dei privati e del nesso fra migrazioni e sviluppo. La società civile sarà coinvolta il pomeriggio del 15 in un dialogo aperto con le istituzioni, assieme a numerosi ospiti internazionali. Mi auguro, e a questo stiamo lavorando, che la Camera riesca a chiudere definitivamente l’esame del provvedimento entro la pausa estiva, anche perché serviranno sei mesi per implementare concretamente le nuove disposizioni di legge, ad esempio, creare l’Agenzia. Non dimentichiamo, infine, che questa accelerazione ci permetterebbe di iniziare al meglio il 2015, l’anno di Expo e del negoziato finale alle Nazioni Unite. Si tratta di una sfida che rivela un’ambizione inedita: sradicare la povertà su scala universale entro il 2030, scrivendo tutti insieme una grammatica comune dello sviluppo. Per un traguardo del genere, un semestre di successo a guida italiana e una nuova legge sulla Cooperazione sono ovviamente componenti essenziali».

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