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Gentiloni: ‘Giusto fare pressioni perché la Russia rispetti Minsk’ (La Repubblica)

Intervista di Arturo Zampaglione

NEW YORK. Secondo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il deterioramento degli scambi commerciali con Mosca non dipende solo dalle sanzioni approvate dopo l’aggressione in Ucraina, ma anche dalla grave crisi economica russa, dal crollo del prezzo del petrolio e forse anche dalla fuga dei capitali degli oligarchi.

«Ma nonostante queste difficoltà — ha detto Gentiloni, riferendosi all’inchiesta della Lena pubblicata ieri da Repubblica, secondo cui il costo delle sanzioni sarebbe per l’Europa di 100 miliardi di euro — le imprese italiane non hanno alcuna intenzione di andarsene dalla Russia, che considerano un mercato promettente, né il nostro governo cambierà posizione: che da un lato è di fermezza sull’Ucraina, in linea con gli alleati occidentali, e dall’altro cerca di coinvolgere Mosca in un dialogo costruttivo in vari teatri di conflitto, dalla Siria alla Libia, oltre che nei negoziati nucleari con l’Iran».

Con una cena con il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon offerta dall’ambasciatore italiano Sebastiano Cardi, il ministro Gentiloni ha concluso ieri sera una missione-lampo a New York Giovedì aveva parlato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sui bambini in zone di guerra. E ha avuto decine di colloqui su migrazioni, crisi in Libia e la candidatura italiana al Consiglio di sicurezza. Rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, ha riassunto i temi degli incontri ed è intervenuto nel dibattito sulle sanzioni anti-Mosca.

Ministro, non ci costano troppo queste sanzioni?

«Sono stato in Russia due volte nell’ultimo mese e mezzo e non c’è nulla che mi ha fatto pensare che la business community italiana voglia staccare la spina. Certo, il meccanismo delle sanzioni produce delle difficoltà: ecco anche perché ci siamo opposti a una escalation commerciale o alla fornitura di armi all’Ucraina».

Non c’è il pericolo di un confronto frontale con Mosca?

«Non potevamo disinteressarci di una crisi così grave alla frontiera orientale dell’Unione europea, che ha prodotto — vale la pena sottolinearlo — una risposta unanime dei membri dell’Unione, a dispetto delle differenze politiche che ci sono, ad esempio, tra la Lituania e la Grecia di Tsipras. Ma se è giusto fare pressioni sulla Russia perché rispetti pienamente gli accordi di Minsk sull’Ucraina, l’Italia rifiuta le logiche da guerra fredda».

Come viene vista al Palazzo di vetro la crisi dei migranti?

«Il problema delle migrazioni è enorme e globale, non si ferma al Mediterraneo: si calcola che nel mondo ci siano 60 milioni di rifugiati. Ma c’è molto apprezzamento per quel che fa l’Italia a livello umanitario: nel 2014 abbiamo salvato 100mila profughi».

Come e quando sarà sbloccata la crisi libica?

«Ci sono due aspetti paralleli e indirettamente collegati: la stabilità del paese e l’azione di contrasto al traffico dei migranti. Il parlamento di Tobruk sta per pronunciarsi sulla quarta bozza di accordo tra le varie parti sottoposta dall’inviato dell’Onu Bernardino Leon: noi speriamo che la accetti, magari con qualche osservazione, perché non esistono soluzioni militari alla crisi e perché non si puo’ ricominciare da capo».

E sul traffico dei migranti?

«Lunedì il vertice della Ue a Lussemburgo varerà Eunavfor, l’operazione navale che in una prima fase vedrà l’intervento di unità di Italia, Germania e Regno Unito per raccogliere informazioni sui traffici. Le altre due fasi sono subordinate a una risoluzione dell’Onu e prevedono forme limitate di intervento contro i trafficanti, anche nelle acque territoriali libiche e in parti della costa, ma senza alcuna presenza militare permanente sul territorio libico».

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