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Tajani: «È ancora tutto aperto. Ue più forte solo con noi» (Il Messaggero)

Ministro Tajani, si è passati dal successo di Giorgia Meloni e del governo italiano al G7 al nostro isolamento nella partita europea. Che cosa sta accadendo?

«Consiglio a tutti di non drammatizzare. I negoziati sono sempre duri e i bracci di ferro si sono sempre verificati. Chi oggi parla di isolamento italiano, che oltretutto è impossibile per tante ragioni storiche, politiche ed economiche, è stato in passato troppo remissivo rispetto all’Europa e il nostro Paese non ci ha guadagnato».

Sta dicendo che il centrodestra lavora meglio del centrosinistra per l’interesse nazionale?

«Il concetto è questo. L’europeismo non è dire sempre di si e tutto va bene, madama la marchesa. L’Europa la si costruisce assieme, anche attraverso confronti duri. È quello che sta accadendo. Io voglio essere ottimista. Tutto si risolverà per il meglio. Però non dobbiamo parlare solo di nomi. Ciò che conta sono i contenuti e i programmi che ognuno, von der Leyen così come tutti gli altri, si impegna a realizzare».

Davvero c’è il rischio che Fitto, che un uomo-programma, non sarà vice-presidente esecutivo della commissione Ue, e al suo posto potrebbe esserci il macroniano Breton?

«Anzitutto, non sono alternativi. Di vice-presidenti esecutivi mica ce n’è uno solo. E poi invito alla calma: non bisogna inseguire i rumors di Bruxelles. I giochi sono tutti aperti».

Non trova però che ci sia un surplus di aggressività nella strategia di Meloni e questo può causare la chiusura della partita non a nostro vantaggio?

«Non vedo questo eccesso di aggressività. Meloni ha difeso e sta difendendo il ruolo dell’Italia. Anche il presidente Mattarella ha giustamente usato toni molto fermi. E non si può dire che il Capo dello Stato non sia una grande europeista».

Perché sostiene che l’isolamento italiano è impossibile?

«L’Italia non può essere isolata grazie alle sue dimensioni. Siamo la seconda industria manifatturiera del continente, la terza economia europea, abbiamo un governo stabile che è frutto del voto popolare e abbiamo una classe dirigente riconosciuta in Europa. Io stesso sono vice-premier nell’attuale governo, sono stato commissario europeo e due volte vice-presidente della commissione Ue, ricopro da 22 anni la carica di vice-presidente del Ppe. Per non parlare della grande esperienza di Fitto nelle istituzioni di Bruxelles. E voglio ricordare a tutti quelli che dicono Italia all’angolo, Italia fuori dai giochi e altre cose così, tutt’altro che vero, che il nostro non è e non viene considerato un governo di destra brutto sporco e cattivo, ma un governo di centrodestra con cui si parla, con cui ci si confronta e in cui ci sono tante e diverse sensibilità. Ho detto tutto questo ai miei amici e colleghi durante il summit del Ppe dell’altro giorno, che ha preceduto il Consiglio europeo, e vedo che i popolari a cui mi onoro di appartenere si sono resi conto della necessità di guardare con grande rispetto all’Italia. Ho anche ricordato loro le parole del presidente Mattarella che ha detto che non esiste l’Europa senza l’Italia».

Che cosa l’Italia deve ottenere dall’Europa?

«Attenzione: non solo dall’Europa si prende, bisogna anche dare. È un do ut des. Occorre che venga assegnato al nostro Paese, nella nuova Commissione Ue, un portafoglio di prestigio con inclusa una vice-presidenza esecutiva. E noi dobbiamo dare all’Europa un giocatore di serie A. La trattativa naturalmente la fa il presidente del Consiglio. Quanto a me, giudico Fitto la persona giusta. Non deve fare apprendistato, non deve andare a scuola di Europa, conosce i meccanismi e le dinamiche di Bruxelles e questo è un grande vantaggio. Berlusconi decise nel 2008 di indicarmi commissario europeo proprio perché avevo una lunga esperienza nella Ue».

Il criterio dell’esperienza però è anche quello che sembra in voga adesso a scapito della forte discontinuità che Meloni ha chiesto da subito. Alcuni dei commissari (forse) entranti sono sempre gli stessi di sempre. Ha visto che Dombrovskis, il falco dell’austerità, si starebbe avviando al terzo mandato?

«Nomi e portafogli sono tutti da definire. Comunque fu un grave errore, da parte del governo di centrosinistra, accettare il portafoglio per Gentiloni senza avere la vice-presidenza, mettendo quindi il commissario italiano sotto la guida di un vice-presidente».

Avremo i partiti del centrodestra il 19 luglio che voteranno in tre modi diversi su Ursula: astensione di FdI, sì di Forza Italia, no di Lega. Così non s’indebolisce l’Italia?

«È sempre stato così. Del resto apparteniamo a tre famiglie politiche differenti. Mi auguro comunque che Meloni possa essere coinvolta pienamente e votare si alla fiducia per von der Leyen. Le faccio un esempio….».

Prego.

«Nel 2019 la Merkel per garantire l’elezione, nel parlamento europeo, della von der Leyen, parlò con i Conservatori polacchi e Ursula ebbe i voti necessari».

Quella volta l’euro-gruppo dei Conservatori e riformisti si spaccò. Se Meloni vota per Ursula si spaccheranno di nuovo?

«Ogni elezione fa storia a sé. E comunque sarebbe un errore prescindere dai Conservatori».

Salvini sostiene che nelle trattative per le nomine c’è «una puzza di colpo di Stato» in Ue. Le piace questa immagine?

«Questi sono giudizi politici, che assolutamente non influiscono sul peso dell’Italia a livello europeo. Io uso un altro linguaggio. E il mio approccio in generale è questo. Una fermezza europeista che tuteli l’interesse dell’Italia. Quando si esce da questo equilibrio, si rischia di indebolire il nostro Paese. Cosa che finora non è accaduta».

Quale dev’essere, secondo lei, il vero segnale di discontinuità tra la nuova e la vecchia commissione Ue?

«Il maggior errore compiuto nella legislatura che si è appena conclusa è stato la politica fondamentalista in materia ambientale. Questa politica non ha tenuto conto né dei problemi sociali né delle politiche industriali e agricole. Ecco perché dico: apriamo ai Conservatori e non ai Verdi. Il voto dei cittadini europei è stato chiaro. Non vogliono né il negazionismo sui problemi ambientali né il nuovo panteismo di Greta Tumberg. Chiedono, viceversa, una lotta pragmatica al cambiamento climatico. Insomma sono per la terza via ambientalista».

I Socialisti e i Liberali però vogliono i Verdi nella maggioranza Ursula e non vogliono la Meloni e i Conservatori.

«Questa è la riprova che la sinistra purtroppo ha perso la sua dimensione sociale e il suo sostegno alla politica industriale. Si occupa più di teorie che di problemi concreti».

In ogni caso, quanto rischia Ursula nel voto in aula?

«Con il voto a scrutinio segreto, se c’è accordo con i Conservatori, non rischia niente».

A proposito di segretezza. C’è chi crede nell’esistenza di un accordo coperto per far cadere Ursula nel voto e mettere al suo posto Tajani. Lei dovrebbe sapere se è vero o no.

«È una barzelletta. Se dico, come dico da tempo, che Forza Italia voterà per von der Leyen, così sarà. Ho una parola sola».

La vostra posizione sulla liberale Kallas e sul socialista Costa?

«Le dicevo prima che non bisogna parlare solo di nomi ma anche di programmi. La mia richiesta è che Kallas prenda un impegno molto chiaro, oltre che per l’Ucraina verso la quale il suo sostegno è da sempre molto convinto, anche sul Medio Oriente, sul Mediterraneo e sull’Africa».

E Costa che cosa deve fare?

«Ho molte perplessità sulla durata del suo mandato come presidente del consiglio europeo. Dev’essere chiaro che non può durare più di due anni e mezzo. Va fatta valere l’alternanza con il Ppe. Se Roberta Metsola non presiede l’assemblea di Strasburgo e Bruxelles per l’intero arco dei 5 anni, non si vede perché l’incarico del socialista Costa non debba durare lo stesso tempo».

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