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Antonio Tajani: «Nessuno vuole lo scontro con le toghe. Ma loro si astengano dalle opinioni politiche» (Corriere della Sera)

Il vicepremier: «Sala non deve lasciare perché indagato»

Ministro, ci risiamo? È di nuovo scontro tra politica e giustizia?
«Nessuno vuole lo scontro. La riforma della giustizia del centrodestra è semplicemente uno dei pilastri della storia di Forza Italia. In breve: giustizia al servizio dei cittadini».

Antonio Tajani, oltre ad essere il vicepremier e il ministro degli Esteri, guida anche il partito che da più tempo insiste sulla separazione delle carriere in magistratura, che martedì approderà in Senato.

Il caso Open Arms e l’inchiesta di Milano, pur se non riguarda il centrodestra, le suggeriscono una suggestione? La riforma della giustizia che si chiude con l’approvazione e le inchieste e i processi che si aprono (o riaprono)?
«Non voglio credere che ci sia questo tipo di azione ad orologeria. La riforma della giustizia è parte importante del nostro programma elettorale, abbiamo vinto le elezioni anche per fare questo».

Che però, per molti aspetti, ai magistrati non piace…
«Credo che i magistrati non abbiano motivi di preoccupazione. La riforma mette sullo stesso piano l’accusa e la difesa ed esalta il ruolo del giudice terzo. E sulla separazione delle carriere anche Giovanni Falcone riteneva che chi accusa non debba essere collega di chi giudica. E il tentativo di abolizione delle correnti che governavano il Csm è sacrosanto».

I giudici non possono avere opinioni?
«Io sono figlio di un militare. In famiglia, nessuno di noi ha mai saputo che cosa votasse mio padre. Chi ha incarichi al servizio della collettività dovrebbe astenersi dal manifestare le proprie opinioni politiche. Lei se li immagina carabinieri o finanzieri del Pd o di Forza Italia? Aggiungo che il mio rispetto per la magistratura è massimo: porto il cognome del primo magistrato antimafia della storia, Diego Tajani. Che poi diventò ministro della Giustizia con il governo Depretis».

Non si poteva rinunciare all’elezione del Csm per estrazione a sorte?
«Credo che l’estrazione tra magistrati dai titoli adeguati vada proprio nel senso di rassicurare il cittadino rispetto alla non politicizzazione dei magistrati. Cosa che secondo me deve valere anche per le cosiddette “porte girevoli”: una volta eletti per un partito, non si dovrebbe tornare a giudicare le persone».

Forza Italia pensa che dopo un’assoluzione le Procure non dovrebbero poter impugnare una sentenza. Non è un’ipotesi già bocciata per incostituzionalità?
«Quella sentenza ha bocciato l’inappellabilità perché si trattava di un testo che non poneva dei limiti. Ma già oggi, per i reati fino a quattro anni, la prima sentenza non è impugnabile. Noi pensiamo che questa norma possa essere estesa a più reati, esclusi quelli che creano allarme sociale».

Sala dovrebbe dimettersi?
«Ma no. Da garantista, non credo che qualcuno, a destra o sinistra, debba dimettersi perché indagato: in dubio pro reo. Lo dicevamo per Berlusconi, lo diciamo per Sala. Questione diversa, il giudizio politico. Siamo convinti che si potesse fare meglio. Ma tra il criticare politicamente Sala e fermare Milano c’è una bella differenza. Non si può continuare a paralizzare la capitale dell’economia italiana che è già in stato di difficoltà. Fosse stato per me, anche il Salva-Milano sarebbe passato. Quello che non può passare è l’immagine di una Milano tutta di traffichini e di affaristi».

La vicenda ha spinto Milano sul tavolo per le candidature del centrodestra?
«Il tavolo è per le Regionali. Milano ci arriverà quando la città andrà alle elezioni».

E se Sala desse retta alla voglia di dimettersi?

«A quel punto, si dovrebbe pensare a un patto per Milano che punti ad allargare il centrodestra grazie al coinvolgimento di personalità civiche. Deve essere in campo la Milano che produce. Ma credo che la cosa potrebbe essere interessante anche per Azione di Carlo Calenda. Ricordo comunque che Milano è difficile. Quando Giovanni Toti fu colpito dall’inchiesta in Liguria, a sinistra erano convinti che la vittoria fosse cosa fatta. Poi, però, ricordiamo tutti come è andata a finire: la sinistra ha perso. Ecco perché seve un patto che porti a un vero cambiamento politico».

Domani voi leader vi incontrerete per parlare di candidature nelle Regioni. Maurizio Lupi ha detto che si saprà il nome del candidato in Veneto. Condivide l’ottimismo?
«Io non lo so, la discussione non è ancora cominciata. Sono ottimista sul fatto che il centrodestra sa come fare sintesi e troverà i migliori candidati. Poi, certo: prima si fa, meglio è».

Con la Lega i toni sono sempre vivaci. Lo considera fisiologico?
«Ma sì. A volte poi una battuta viene enfatizzata. Chiaro che Forza Italia e Lega occupano spazi politici diversi, il che è una risorsa per il centrodestra. La sinistra non si faccia illusioni, la verità è che sono trent’anni che andiamo uniti. Giusto ieri, ho dato a Salvini solidarietà convinta».

A metà legislatura, quale è il suo bilancio dell’attività di Forza Italia?
«Penso che il mio compito sia dire agli italiani: esiste un centro, e quello è Forza Italia. La scomparsa di Silvio Berlusconi è stata uno choc, ma invece di chiuderci in casa abbiamo reagito: stiamo costruendo una forza di centro che continua a unire, si veda anche l’accordo con Noi moderati e con Svp. Siamo a 150 mila iscritti e abbiamo fatto più di mille congressi. Senza il nostro leader che risolveva i problemi, abbiamo scelto di farlo partendo dai territori: del resto io sono per il proporzionale. Fermo restando che, al di là delle chiacchiere, abbiamo un ottimo rapporto con la famiglia Berlusconi, che ringrazio per il sostegno costante che ci offre».

  • Author: Marco Cremonesi
  • Header: Corriere della Sera

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