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Libia, rinasce il sacrario italiano di Hammangi

Il sacrario italiano di Hammangi, a Tripoli, torna a nuova vita dopo i lavori restauro e ristrutturazione a cura dell’Ambasciata d’Italia in Libia, in occasione del cinquantesimo anniversario della cacciata degli italiani parte del colonnello Muammar Gheddafi nel 1970. Dopo le numerose profanazioni e devastazioni degli anni scorsi, su iniziativa del Ministero degli Esteri e su progetto dell’architetto Renato Proietti, nel 2019 sono iniziati i lavori di recupero e di restauro con un budget di 350 mila euro. Malgrado le difficoltà dovute sia alla situazione bellica del Paese che alle vicende legate alla pandemia di Covid19, il complesso monumentale italiano di Hammangi ha ora ritrovato la sua luce originaria, grazie all’impegno dell’Ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe Buccino Grimaldi. 

“Era un nostro preciso dovere”, ha commentato lo scorso 7 ottobre l’Ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe Buccino, durante l’inaugurazione nella quale è stata celebrata una Santa Messa dal vescovo George Bujeja. “Mio padre, vice superiore della Congrega dei Bianchi a Napoli, diceva sempre che dopo massimo quattro generazioni i sepolcri vengono abbandonati. Qui sarebbe potuto succedere, a causa dell’espulsione, molto prima. Così non è stato grazie alla straordinaria opera della Associazione (Airl Onlus), al Ministero degli Esteri e a coloro che sentono amore e riconoscenza per i connazionali che, in varie posizioni e con fortune diverse, contribuirono tutti ad edificare molto di quel buono che è oggi in Libia”.

Il restauro del sacrario del cimitero monumentale di Tripoli è stato reso possibile anche grazie all’impegno personale del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio. “Oltre a essere un dovere delle istituzioni, la memoria è parte fondante di ogni società e ha bisogno di essere coltivata con azioni concrete. Per questo vorrei ringraziare l’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia (Airl) che da tanti anni rappresenta, con passione e intelligenza, gli italiani espulsi dalla Libia e ha favorito numerose iniziative per la memoria e per rivitalizzare il rapporto tra il popolo italiani e quello libico”, aveva detto il titolare della Farnesina lo scorso 21 luglio, in occasione dell’evento 1970-2020: Gli Italiani di Libia e il futuro del Paese, organizzato dalla Fondazione del Corriere della Sera, con la collaborazione di Airl Onlus e dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr). All’insegna della memoria tra le varie iniziative il capo della diplomazia italiana aveva citato proprio i lavori per il restauro del cimitero, la cui seconda fase è stata attuata in condizioni di sicurezza molto difficili. “Questa circostanza evidenzia l’intreccio tra l’esperienza umana degli italiani in Libia e la crisi che la Libia sta attraversando”, aveva detto ancora Di Maio.

Giovanna Ortu, presidente dell’Associazione italiani rimpatriati dalla Libia, ha ripercorso per “Agenzia Nova” la travagliata storia del sacrario italiano. “I danneggiamenti al cimitero nascono dall’incuria, colpa di diversi governi italiani che si sono succeduti senza alcuna volontà di seguire una vicenda che tocca uno dei nostri aspetti più intimi: quello della cura dei propri morti”. Nel cimitero italiano riposavano originariamente 15 mila salme su un’area di 12 ettari e all’interno vi era un sacrario dove erano sepolte le salme dei caduti della Seconda guerra mondiale, portate a Tripoli grazie ai buoni rapporti che l’Italia vantava con re Idris. Dopo il golpe di Gheddafi nel 1970, migliaia di salme (compresa quella di Italo Balbo) furono rimpatriate per evitare una profanazione a causa del regime dittatoriale. Nel corso degli anni, il cimitero è rimasto senza guardiani e senza personale, al contrario dell’attiguo cimitero militare inglese perfettamente manutenuto. “Già nel 2004 ho denunciato il tremendo degrado in cui versava il sacrario italiano di Hammangi, con i cani che banchettavano tra le tombe, e ho lanciato un appello affinché venisse restaurato”, ha aggiunto Ortu. Dieci ettari di terreno sono stati restituiti negli anni alla municipalità di Tripoli e un primo restauro è stato completato nel 2009. Dopo la rivoluzione del 2011, tuttavia, il cimitero è stato preso d’assalto da vandali e profanatori. “Cercavano qualsiasi cosa di valore: hanno portato via perfino il rame, hanno preso a picconate i mosaici, non credo per odio o razzismo ma semplicemente per le circostanze in cui si è trovato il Paese. Abbiamo fatto altri restauri con il contributo dalla Fondazione Intesa Sanpaolo, fino a quando qualche anno fa sono stati stanziati 350 mila euro”, ha detto ancora Ortu.

Il 31 maggio scorso, un razzo è caduto sul cimitero britannico di Tripoli, attiguo a quello italiano, causando un numero ancora imprecisato di vittime. Il proiettile ha sfiorato il sacrario dove erano in corso i lavori. “Se i nostri morti oggi possono riposare in pace è merito soprattutto del nostro Ambasciatore Buccino, che con sprezzo del pericolo e mentre a Tripoli c’erano condizioni difficilissime è riuscito comunque a portare a compimento, per il 7 ottobre, questo restauro”, ha detto ancora Ortu.

Fonte Agenzia Nova

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