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Tajani: «Napoli e Mediterraneo crocevia di pace per la rinascita di Gaza» (Il Mattino)

Tajani: «Napoli e Mediterraneo crocevia di pace per la rinascita di Gaza» (Il Mattino)
Tajani: «Napoli e Mediterraneo crocevia di pace per la rinascita di Gaza» (Il Mattino)

Ministro degli Esteri Antonio Tajani, l’arrivo oggi a Napoli, tra gli altri, della ministra degli Esteri della Palestina e del suo omologo israeliano Saar, può essere considerato come un segnale di attenzione e fiducia nel ruolo svolto dall’Italia nel processo di pace in Medio Oriente?

«Il successo dell’iniziativa di pace avviata dal presidente degli Stati Uniti potrebbe davvero costituire una svolta storica, capace di cambiare il volto del Medio Oriente e quindi del Mediterraneo, con profonde ripercussioni anche sulla sicurezza e sugli interessi nazionali. Il Governo italiano ha sostenuto questo difficile percorso fin dall’inizio. E adesso vogliamo continuare a lavorare per costruire e rafforzare questa tregua, per trasformarla in una pace più solida. Due obiettivi molto chiari: mantenere sempre vivo il dialogo tra le parti e alleviare per quanto possibile le sofferenze della popolazione civile palestinese. Abbiamo potuto svolgere un ruolo attivo perché in questi mesi abbiamo preservato canali di dialogo sia con Israele sia con l’Autorità Nazionale Palestinese. Napoli oggi sarà una tappa di un lavoro diplomatico che ritrova forza. E il prossimo 7 novembre Abu Mazen sarà a Roma».

Per la prima volta in dieci anni i “Dialoghi del Mediterraneo” lasceranno la sede di Roma e si svolgeranno a Napoli. Perché? E quale ruolo svolge la città in questa occasione di confronto diplomatico ad alto livello?

«Napoli è una capitale del Mediterraneo, è il luogo in cui si incontra tutto quello che è accaduto in millenni di storia: una città che festeggia i suoi 2500 anni è un luogo in cui la storia si ripete. Siamo consapevoli del ruolo che un grande Paese come l’Italia è chiamato a svolgere nel mondo: crocevia di dialogo e punto di incontro tra culture e civiltà. L’Italia quindi deve farlo anche nei luoghi in cui la storia è stata creata, come a Napoli».

I 20 punti del piano Trump evidenziano comunque insidie e difficoltà: quali rischi vede nell’attuazione?

«Non dobbiamo alimentare illusioni premature. II cammino è ancora lungo, la prudenza è necessaria. Il vero rischio è che le parti possano trovare conveniente tornare ad azioni militari, che gli impegni presi con la mediazione di Stati Uniti, Qatar, Turchia ed Egitto possano essere disattesi. La strada però è tracciata, credo che nessuno vorrà davvero tornare indietro. E l’Italia è pronta a fare la sua parte».

In che modo?

«La presenza del presidente Meloni lunedì scorso a Sharm el Sheikh per la firma degli accordi di pace testimonia che il nostro Paese ha svolto un ruolo riconosciuto e apprezzato da tutti i nostri partner, a partire dagli Stati Uniti. Me lo ha detto direttamente al telefono il Segretario di Stato Marco Rubio, che ha apprezzato la posizione equilibrata mantenuta dal Governo in questi mesi. Me ne avevano dato atto anche i ministri degli Esteri dei Paesi arabi che, insieme ai principali partner europei, avevo incontrato a Parigi solo pochi giorni fa. Per seguire tutti questi aspetti, ho nominato l’ambasciatore Bruno Archi nuovo inviato speciale per la ricostruzione di Gaza, inclusi gli aspetti umanitari. Sarà il punto di riferimento per questo tema cruciale e farà da raccordo a livello tecnico con istituzioni, amministrazioni locali, settore privato, società civile. Ieri abbiamo svolto una prima riunione operativa su Gaza a Palazzo Chigi con tutti i ministeri. Faremo al più presto il più massiccio invio di aiuti alimentari mai fatto dall’inizio del nostro piano. Partiremo da “Food for Gaza”, ma poi dobbiamo passare al tema cure sanitarie e riabilitazioni delle strutture di Gaza».

Uno degli aspetti più controversi riguarda però l’accettazione da parte di Hamas del disarmo totale. Chi garantirà l’agibilità democratica soprattutto nella delicata fase di transizione?

«L’ho detto alle Camere, il successo del “piano Trump” è ancora legato a un filo, molte sono le variabili che ancora non sono state definite, dal ritorno delle salme degli ostaggi assassinati, fino alle modalità effettive dello smantellamento della struttura militare di Hamas o di quel che ne resta. Nelle ultime ore è stata annunciata la riapertura del Valico di Rafah tra Egitto e Gaza, per consentire il transito degli aiuti umanitari. Oggi finalmente ci sono le condizioni per una Gaza liberata dall’incubo di Hamas e affidata provvisoriamente a un controllo internazionale con l’attiva partecipazione dei Paesi islamici. Tutto questo nella prospettiva di giungere ad uno stato palestinese vero, democratico, pacifico, non confessionale, affidato ad una Anp profondamente rinnovata negli uomini e nei metodi. I fatti ci portano ad accelerare i tempi per un riconoscimento dello Stato palestinese. Noi abbiamo sempre detto che siamo pronti a farlo, però il problema è Hamas. Finché c’è un’organizzazione militare di Hamas è difficile poter andare avanti».

Il piano Trump ha avuto il merito di coinvolgere in una prospettiva di crescita e partecipazione geopolitica i Paesi arabi. Un’ampia delegazione è attesa oggi a Napoli: qual è il loro ruolo nel processo di pace?

«Paesi come Egitto, Qatar, Turchia hanno svolto un prezioso ruolo di mediazione. I loro sforzi si sono rivelati cruciali per l’esito positivo dei negoziati. L’accordo di Sharm el Sheikh segna un momento cruciale della storia recente del Medio Oriente. Un processo che passa attraverso una nuova stagione di “Accordi di Abramo”, per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i Paesi arabi, della quale dev’essere protagonista l’Arabia Saudita. Da questo processo non può più autoescludersi, come in passato, l’Anp. Il Medio Oriente ha un ruolo politico ed economico fondamentale per l’Occidente, non soltanto per la grande disponibilità di combustibili fossili, ma anche in virtù progetti come la “Via del Cotone”, che dall’India al Mediterraneo vede nel Medio Oriente uno snodo fondamentale. Gaza non ha bisogno solo di assistenza, ha bisogno di sviluppo sano e come tale creatore di risorse e di benessere».

Esistono già accordi di cooperazione tra Italia e Palestina: la premier Meloni ha parlato di modello Piano Mattei. Quali altri progetti l’Italia ha in corso?

«Già dallo scorso anno abbiamo finanziato con 5 milioni la pianificazione per la ricostruzione da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese, mettendo a disposizione dell’Onu ricercatori dell’Università di Venezia. Una missione tecnica della Cooperazione italiana sarà a Ramallah nei prossimi giorni per proseguire nel raccordo con l’Anp. In questa fase è fondamentale portare assistenza immediata alla popolazione. Per questo lavoriamo per rafforzare e ampliare “Food for Gaza” coinvolgendo tutte le migliori forze del Sistema Italia, che ho voluto riunire al Ministero all’indomani della cerimonia di Sharm El Sheik. La nostra filiera dell’agroalimentare che ha già messo a disposizione 100 tonnellate di aiuti che porteremo presto a Gaza. Abbiamo già definito un primo pacchetto di aiuti da 60 milioni di euro dedicato alla sicurezza alimentare, alla sanità, all’assistenza di malati, feriti, mutilati, e in tema di formazione, per sostenere la costruzione della nuova leadership palestinese. In questi mesi terribili abbiamo consentito l’ingresso nel nostro Paese a più di 1.100 persone provenienti dalla Striscia, tra evacuazioni sanitarie, ricongiungimenti familiari e studenti. Siamo determinati a proseguire il nostro impegno per far venire in Italia i bambini bisognosi di cure – ne sono già arrivati 196, mentre la guerra infuriava – e gli studenti desiderosi di proseguire nelle nostre università il loro percorso di studi».

Come opererà la forza internazionale di stabilizzazione?

«L’Italia è pronta a fare la propria parte anche in questa eventualità, forte della solida e riconosciuta esperienza maturata negli anni in tanti quadranti internazionali complessi. Naturalmente il Parlamento verrà coinvolto in tutte le decisioni che riguarderanno il dispiegamento di militari italiani nella Forza di stabilizzazione. Mi auguro che su questo si possa trovare unità tra tutte le forze politiche. Sarà necessario un quadro internazionale ben definito, anche con il Consiglio di Sicurezza Onu. Possiamo contare su una risorsa unica: i nostri militari sono ovunque apprezzati portatori di pace, la loro professionalità, la loro umanità, la loro capacità diplomatica ne fanno una vera eccellenza italiana: in Libano, in Kosovo, in Africa svolgono un ruolo prezioso, riconosciuti da tutti. I nostri Carabinieri sono presenti in Palestina dal 2013 con una missione bilaterale di addestramento, e partecipano a due importanti missioni europee. Hanno maturato una profonda conoscenza della realtà locale, che possono mettere al servizio della popolazione di Gaza e della pace la loro abnegazione e la loro competenza».

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