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Svezia, dal nucleare all’acciaio verde

Svezia, dal nucleare all’acciaio verde
Svezia, dal nucleare all’acciaio verde

La Svezia si conferma un attore importante nel panorama minerario europeo e globale grazie ai suoi numerosi giacimenti. Il Paese esporta metalli e minerali verso il mercato interno dell’Unione Europea e verso Nord Africa, Medio Oriente e Sud-Est asiatico, generando entrate superiori a 5 miliardi di euro nel 2024, nonostante un calo del 12% rispetto all’anno precedente. Il ferro rappresenta il cuore delle esportazioni minerarie svedesi. Sebbene la produzione sia leggermente calata del 5% a 80 milioni di tonnellate nel 2024 per problemi di produzione e consegna, la Svezia mantiene una posizione dominante in Europa, producendo l’89% del minerale di ferro dell’UE. A livello globale, tuttavia, il Paese rappresenta solo l’1% della produzione mondiale, evidenziando le dimensioni relativamente modeste del settore.

L’industria mineraria impiega direttamente circa 8.900 persone, principalmente nelle province settentrionali di Norrbotten e Västerbotten, dove si concentra la maggior parte degli impianti. Il distretto minerario svedese comprende non solo le miniere, ma anche fornitori di attrezzature, industrie di input, consulenti e centri di ricerca e sviluppo universitari e aziendali. A valle, le industrie siderurgiche e metallurgiche rappresentano il 3% del PIL nazionale, l’8% delle esportazioni svedesi e forniscono lavoro a circa 100.000-125.000 persone.

Il settore ha subito negli ultimi decenni una drastica contrazione: nel 2024 risultavano operative solo 13 miniere di metallo, un numero esiguo rispetto ai 100-200 siti attivi durante il XX secolo. Il Governo svedese sta spingendo per la riapertura di diversi siti e per rilanciare l’estrazione di uranio, necessaria per sostenere l’espansione del nucleare. I giacimenti nazionali potrebbero teoricamente coprire il fabbisogno dei futuri reattori, stimato in circa 2.000 tonnellate di uranio naturale l’anno. La proposta governativa, presentata al Consiglio legislativo nel giugno 2025 per un’entrata in vigore dal 1° gennaio 2026, prevede la rimozione del divieto attuale e la limitazione del diritto di veto dei comuni. Tuttavia, persistono forti opposizioni locali legate ai rischi ambientali e restano nodi normativi complessi legati al Codice ambientale.

Il distretto minerario svedese punta, inoltre, all’avanguardia tecnologica con l’obiettivo di eliminare completamente i combustibili fossili dall’attività mineraria entro il 2045. L’estrazione del minerale di ferro dai siti di Kiruna e Malmberget utilizza già tecnologie avanzate per limitare le emissioni di carbonio. Il progetto più ambizioso riguarda la produzione di acciaio sostenibile. Le aziende LKAB, SSAB e Vattenfall stanno realizzando un nuovo impianto a Luleå che dovrebbe produrre acciaio verde entro il 2035, sostituendo il carbone con l’idrogeno attraverso la tecnologia Hybrit, che rilascia solo vapore acqueo.

Un’indagine indipendente ha evidenziato però significativi rischi commerciali e tecnici del progetto di decarbonizzazione. Le criticità spaziano dalla logistica all’impatto economico: il trasporto e la catena di approvvigionamento presentano difficoltà strutturali che potrebbero compromettere l’efficienza dell’intera operazione. Dal punto di vista energetico, il progetto rischia di creare un paradosso: l’aumento del prezzo dell’elettricità nella Svezia settentrionale potrebbe minare la competitività economica dell’iniziativa stessa. La sostenibilità degli investimenti desta ulteriori preoccupazioni, considerando che l’evoluzione tecnologica potrebbe rendere obsoleti i costosi impianti svedesi se emergeranno metodi alternativi più efficienti per produrre acciaio privo di combustibili fossili. LKAB prevede investimenti tra 13 e 36 miliardi di euro nei prossimi 15-20 anni, mentre il fabbisogno energetico raggiungerà i 70 TWh di elettricità all’anno, equivalenti ad oltre la metà del consumo elettrico attuale dell’intera Svezia.

Intanto a Kiruna è stato recentemente scoperto un giacimento di terre rare con oltre un milione di tonnellate di ossidi, attualmente il più grande deposito del suo genere. Questo giacimento rappresenta una risorsa strategica per la transizione verde europea, contenendo anche elevate concentrazioni di fosforo. A partire dal 2027, il sito dovrebbe produrre significative quantità di fertilizzanti privi di cadmio, fondamentali per l’agricoltura svedese ed europea, aggiungendo un ulteriore tassello alla strategia di sostenibilità del Paese.

 

L’Acciaio verde

La Svezia è all’avanguardia nello sviluppo tecnologico dell’acciaio verde, grazie a due importanti progetti basati su tecnologie a basse emissioni di carbonio che promettono di trasformare la sua industria siderurgica. La prima iniziativa, HYBRIT, una collaborazione tra le imprese SSAB, LKAB e Vattenfall, ha realizzato un progetto pilota per una produzione priva di combustibili fossili che raggiungerà livelli commerciali entro il 2026.

La seconda è quella che l’azienda Stegra (ex H2 Green Steel) sta sviluppando a Boden dove sorge un impianto integrato per la produzione di acciaio ecologico. Anche in questo caso l’avvio di una produzione significativa è previsto per la fine del 2026 con l’obiettivo di raggiungere a 5 milioni di tonnellate entro il 2030.

Questi progetti, tuttavia, devono affrontare diverse sfide: tra le principali l’approvvigionamento energetico, la gestione logistica e il limitato contributo di aiuti statali. Tuttavia, entrambe le iniziative sono tra le più avanzate dell’Unione Europea nella tecnologia dell’acciaio verde anche se Germania e Cina stanno accelerando i loro progetti nello stesso campo.

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