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Tajani: “Putin apra al dialogo. Tutto ciò che riguarda l’Ucraina dovrà essere deciso con l’Ucraina” (Quotidiano Nazionale)

Cosa possiamo augurarci, cosa possiamo aspettarci dal vertice di Anchorage in Alaska?

«Possiamo augurarci che rappresenti una svolta e che, dopo questo incontro, si possa avviare una vera trattativa tra la Russia e l’Ucraina, tra Putin e Zelensky. Questo è ciò che dobbiamo augurarci. Bisogna capire se questo risultato potrà esser frutto di questo primo incontro, che è altra cosa». E’ immediato e netto il Ministro degli Esteri e vice-premier Antonio Tajani alla vigilia del summit di Ferragosto.

Da che cosa o da chi dipende l’esito?

«Da Putin. Non so quanto sarà disponibile ad ascoltare le richieste di Trump e quanto voglia arrivare a un cessate il fuoco per concludere la guerra in tempi rapidi. La questione, dunque, non è tanto quello che chiederà Trump, ma quello che sarà disponibile ad accettare Putin. La palla è nel suo campo. È lui che deve dire se vuole il dialogo, se vuole l’incontro con Zelensky oppure no. Questa è la chiave dell’incontro e si vedrà – da come risponderà a Trump – la sua vera volontà di voler arrivare alla fine della guerra. Mi pare, d’altra parte, che la Russia in questa fase stia cercando di conquistare più terreno possibile».

Ritiene che Putin possa non starci?

«Non è facile per lui: ha un esercito di un milione e mezzo di persone che guadagnano tre volte quello che guadagna un normale operaio russo. Praticamente tutta l’economia russa si è convertita alla difesa: significa che faticheranno a ritornare a un’industria di pace. Putin ha molti problemi interni: anche di dimostrare la propria forza. Non sarà facile, però l’ideale sarebbe che si arrivasse, al vertice, a decidere un successivo incontro a tre».

L’Europa e Zelensky fanno da spettatori al momento, ma almeno il vertice euro-atlantico ha trovato Trump disponibile a non giocare da solo.

«Devo dire che già quest’inverno, al vertice della sicurezza a Monaco, il segretario di Stato Marco Rubio disse che l’Europa doveva essere coinvolta. Mi pare ora che siano tutti usciti soddisfatti dalla riunione che ha sancito l’unità dell’Occidente. Le parole di Trump, in questo senso, sicuramente sono state un buon segnale per l’Europa e per lo stesso Zelensky. Questo dà certamente maggiore forza all’Ucraina, garantisce di più l’Ucraina».

Quale ruolo nel negoziato deve avere l’Ucraina?

«Ogni cosa che riguarda l’Ucraina deve deciderla l’Ucraina assieme alle parti coinvolte: non è possibile che altri decidano della sorte di questo paese. Non si può fare un accordo di pace sulla testa dell’Ucraina: ricordiamo che l’Ucraina è vittima di un’aggressione».

Si parla ampiamente di cessioni territoriali: un nodo complicatissimo.

«Dopo il cessate il fuoco, si dovranno aprire negoziati diretti, come accennato, tra Zelensky e Putin. A quel punto sarà l’Ucraina che dovrà decidere sui propri territori: nessun altro può decidere su qualsiasi territorio ucraino».

Quali garanzie dovrà avere Kiev per la sicurezza del Paese?

«Dovranno essere garantite la sua indipendenza e la sua sicurezza. Vedremo da chi e come, se dagli Stati Uniti o da chi. Certo è che la sicurezza dell’Ucraina è anche la sicurezza dell’Europa, nel momento in cui è candidata a far parte dell’Unione europea».

Chi dovrà assicurare il controllo del cessate il fuoco, se vi si arriva?

«Noi abbiamo fatto fin dall’inizio una proposta molto chiara: dovrebbe esserci eventualmente una presenza decisa dal Consiglio di Sicurezza, anche con l’accordo dei russi e dei cinesi. Senza il sì dei russi una missione non avrebbe alcun effetto».

Passiamo all’altro delicato fronte di guerra: il Medio Oriente. L’altra sera lei ha accolto i bambini arrivati in Italia nella nuova missione umanitaria.

«Sì, è stata l’operazione più grande che sia mai stata fatta, perché tre aerei militari hanno portato via molti bambini da Gaza. Noi siamo il Paese, insieme con Egitto, Turchia, Qatar e Emirati, che ha accolto il maggior numero di profughi da Gaza. Aggiungo una cosa: ho visto molti appelli e richieste affinché a Gaza possano entrare i giornalisti: credo sia arrivato il momento, bisogna far entrare giornalisti che possano testimoniare in maniera indipendente la drammaticità della situazione nella Striscia. Non è un elemento a cui Israele possa essere indifferente».

Sul fronte politico-diplomatico, la posizione italiana è ormai definita in termini di no al piano di Netanyahu per l’occupazione di Gaza?

«Siamo assolutamente contrari. L’abbiamo detto, abbiamo firmato un documento con tanti Paesi e abbiamo detto di no a quel piano. Così come siamo contro a nuove aggressioni e nuove annessioni da parte israeliana in Cisgiordania. Perché tutto questo mina il progetto dei due popoli e dei due Stati, per noi l’unica soluzione possibile per la pace».

Nello stesso tempo l’Italia è arrivata anche a condannare le stragi di Netanyahu a Gaza.

«Abbiamo detto che si è superata da tempo la linea rossa della reazione proporzionata all’attacco subito il 7 ottobre 2023. Adesso siamo di fronte a una carneficina, i segnali sono molto chiari. E proprio perché siamo amici di Israele, diciamo che è gravissimo quello che stanno facendo, compreso quello di attaccare i cristiani: un regalo a Hamas».

Eppure, le opposizioni continuano ad accusarvi di non essere giunti a riconoscere lo Stato palestinese.

«Noi siamo favorevoli a riconoscere la Palestina, ma bisogna prima costruire lo Stato palestinese, che oggi non c’è. Quindi lavoriamo per costruirlo: ecco perché noi siamo favorevoli anche a una missione delle Nazioni Unite, a guida araba, per unificare la Palestina. E in questo contesto siamo pronti anche a inviare i nostri militari. Il primo di settembre, aggiungo, verrà a Roma il Ministro degli Esteri palestinese. D’altra parte, lo stesso Tony Blinken, che è stato il segretario di Stato democratico di Biden, proprio tre giorni fa ha detto che riconoscere la Palestina oggi come oggi non produce alcun effetto concreto, perché Israele andrà avanti lo stesso».

Un’ultima nota: Salvini da una parte, Crosetto dall’altra, sembra che, nel governo, in tanti vogliano occuparsi di politica estera.

«E’ legittimo che vogliano esprimersi sulla politica estera, ma la politica estera la fanno il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri. La linea è quella, e non mi pare che ci sia mai stato un cambiamento di linea politica. Le dichiarazioni sono un’altra cosa».

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