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Speech detail

(valid only the actual speech delivered)


Presidente Dini, Presidente Stefani,


Onorevoli Senatori e Onorevoli Deputati,


l’impegno dell’Italia verso il Continente africano e in particolare l’Africa sub-sahariana è una costante della nostra politica estera, non solo per le tematiche dello sviluppo, ma anche per gli aspetti di governance mondiale, di sicurezza e di incremento dei rapporti economico-commerciali.


Questa linea si rivela oggi lungimirante, per il profilo evolutivo che l’Africa sta assumendo sullo scenario globale. Ne è riprova il recente Rapporto 2011 sugli sviluppi africani del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che sottolinea la valenza, in questo cambiamento di prospettiva, di eventi tra loro diversificati: il referendum per l’indipendenza del Sud Sudan; l’adozione della nuova Costituzione in Kenya; la transizione di Guinea e Niger da regimi militari a democrazie civili; il successo del Campionato del mondo di calcio in Sud Africa.


1. Il quadro politico generale.


L’Africa sub-sahariana è oggi politicamente più stabile di quanto non lo fosse in passato. I Paesi con sistema democratico e pluralista sono sempre più numerosi. Assistiamo ad una crescita delle classi medie e a un ruolo più incisivo della società civile.


Nel periodo che va dal 1960 al 1979, su 80 successioni al potere, vi erano stati solo tre casi di ritiro volontario dal potere e nessuno per sconfitta elettorale, mentre nell’ultimo decennio si registrano 28 casi di ritiro volontario e 7 a seguito di sconfitta elettorale.


Il ruolo dei parlamenti africani è cresciuto. Non è un caso che si sia tenuta proprio a inizio aprile in un paese africano, a Kampala, l’ultima Assemblea dell’Unione Interparlamentare. Era presente una delegazione italiana guidata dall’On. Martino e composta dalla Senatrice Contini e dagli On. Grimoldi, Migliori, Napoli e Razzi.


Ma l’Africa è anche scossa da tensioni, dal ritorno ad autoritarismi, da gravi episodi di terrorismo e violenze settarie. Vi è, peraltro, nel mondo africano, un’accresciuta consapevolezza che il continente può essere uno dei protagonisti della realtà globalizzata in questo secolo. Per questo, credo che il nostro atteggiamento verso i paesi africani debba ispirarsi al principio della loro ownership sulle tematiche di sicurezza e di sviluppo delle loro regioni e sul principio del partenariato.


Per questo gli interlocutori africani guardano con estremo interesse al partenariato strategico euro-africano: è necessario accrescerne la coerenza e la progettualità; mobilitare non solo le Istituzioni, ma anche i cittadini e le società civili dei due Continenti.


In linea di continuità con le visite effettuate nel Continente dal mio predecessore, mi sono recato a inizio maggio in Etiopia e Mozambico; ho avuto colloqui ad Addis Abeba con i vertici dell’Unione Africana e dell’IGAD; ho in programma a breve una visita in Kenya [ed in Somalia]; ho incontrato a Roma i colleghi di molti paesi africani, oltre ad avere organizzato una serie di iniziative mirate alla internazionalizzazione delle nostre imprese più interessate all’Africa.


2. L’impegno italiano verso l’Africa


L’impegno italiano verso l’Africa si articola in molteplici obiettivi strategici e regionali: certamente vi è una attenzione particolare verso le problematiche della sicurezza e verso l’aiuto allo sviluppo. La nostra azione è però anche diretta ad assicurare il rispetto e la tutela dei diritti umani ed a favorire un vero partenariato economico.


a) Sicurezza ed aree di crisi.


Quello della sicurezza è un problema endemico, che tocca non solo le popolazioni locali, ma sempre di più anche gli stranieri, come accaduto di recente ad alcuni nostri connazionali.


Nel quadro dell’attenzione verso le tematiche di sicurezza, il mio Inviato Speciale per le Emergenze Umanitarie in Africa, On. Margherita Boniver, dal 2010 ha effettuato numerose missioni nei Paesi dell’Africa sub-sahariana: Repubblica Democratica del Congo, Niger, Mali, Tanzania, Burkina Faso, Mauritania, Nigeria e, da ultimo, Sud Sudan, Sudan e Kenya.


L’area d’instabilità dove si concentra maggiormente l’azione italiana è il Corno d’Africa. Il Ministro degli Affari Esteri etiopico Desalegn ha definito l’apporto politico dell’Italia nella regione quale “second to none”, precisandomi che il nostro Paese ha pieno titolo a svolgervi un “leading role”. La Co-presidenza italiana dell’IGAD Partners Forum ci fornisce un utile strumento per svolgere questo ruolo.


Le forti tensioni tra Sudan e Sud Sudan sono al centro del nostro impegno. L’Italia fu testimone degli Accordi di Pace nel 2005 e non può quindi assistere indifferente all’attuale riacutizzarsi della crisi. Nel recente incontro con il mio Omologo sudanese Karti, ho espresso la forte preoccupazione per lo stato di tensione tra i due Paesi, esortando Khartoum alla ripresa dei negoziati e alla piena attuazione della Risoluzione 2046 del CdS. Analogo messaggio ho fatto pervenire a Juba per il tramite dell’On. Boniver.


La Somalia. La crisi più grave della regione è senza dubbio quella somala, con il suo potenziale destabilizzante nel Corno d’Africa e su un più vasto scenario internazionale. In Somalia, un’intera generazione di giovani al di sotto dei trent’anni non conosce il significato della parola pace e convivenza civile. Nel giugno 2011 l’Accordo di Kampala ha esteso la “transizione” somala di un ulteriore anno, l’ottavo, sino al 20 agosto 2012. I “Garowe Principles”, rinnovati dall’Accordo di Addis Abeba del 23 maggio scorso, hanno condotto all’adozione di un nuovo scadenzario per attuare le riforme, confermando la fine della transizione al 20 agosto. La Conferenza di Istanbul del 1° giugno ha segnato un ulteriore passo nel processo politico-istituzionale, per poi arrivare alla riunione dello International Contact Group/ICG, che ospiteremo a Roma il 2 e 3 luglio, con i giusti presupposti per un impulso decisivo alla fase finale della transizione somala.


Sul piano militare, sono tuttora in corso le operazioni keniane ed etiopiche nel centro-sud del Paese, che, agendo a sostegno della missione UA/AMISOM, hanno “liberato” alcune cruciali regioni dal controllo Shabaab. Gli Shabaab stanno dunque perdendo terreno e si stanno indebolendo ma rimangono pericolosi, come dimostrano i recenti attentati a Mogadiscio, uno dei quali diretto al Primo Ministro, fortunatamente uscito illeso. Nell’ottica italiana, il processo di riconciliazione nazionale potrà includere anche le frange non jihadiste del movimento islamico, cioè quelle – ma solo quelle – che hanno esplicitamente e concretamente rinunciato alla violenza e al terrorismo.


Nel settore sicurezza e capacity-building in Somalia, l’Italia, grazie al Decreto Missioni ed all’Italian-African Peace Facility, contribuisce in misura importante al mantenimento delle forze di sicurezza somale, nonché alla Missione AMISOM.


Parlare di Somalia oggi evoca un’ulteriore grave minaccia alla sicurezza internazionale. Mi riferisco al fenomeno della pirateria, che richiede una risposta forte, coordinata e coesa a livello mondiale. Perché questa risposta sia efficace, è necessario il pieno rispetto delle regole marittime internazionali da parte di tutti i Paesi.


Inoltre siamo membri del “Gruppo di contatto sulla pirateria al largo delle coste somale” e ne presiediamo il sottogruppo sul contrasto ai flussi finanziari illeciti derivanti dalla pirateria. Il contrasto efficace del fenomeno non può infatti prescindere dall’esplorazione e cooperazione relativa agli aspetti finanziari ad esso collegati.


b) Il sostegno italiano allo sviluppo in Africa.


Per quanto riguarda il nostro aiuto allo sviluppo, la maggior parte dei Paesi prioritari appartengono all’Africa sub-sahariana: i principali destinatari sono Mozambico, Etiopia e Somalia.


La sfida cui la Cooperazione deve ora confrontarsi è di operare efficacemente con risorse più contenute. Anche su indicazione dell’OCSE, negli ultimi anni la Cooperazione ha intrapreso un percorso di riforme che confido potrà consentirci di mantenere il ruolo di protagonisti nello sviluppo dell’Africa, massimizzando l’impatto delle risorse messe in campo dal Sistema-paese e dai diversi soggetti attivi in questo settore.


In ambito UE, l’Italia sostiene un approccio globale. Il Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 allocherà più di 70 miliardi di euro all’azione esterna della UE. L’Italia insiste per la creazione di uno specifico Programma Panafricano, che dovrà finanziare attività a dimensione regionale, continentale e globale per l’Africa.


c) La sfida dei diritti umani. Vi è poi la grande sfida della protezione dei diritti umani, per la quale l’Italia intende continuare a svolgere il proprio ruolo di leadership. Il nostro impegno in Africa si articola su alcune priorità, come la campagna contro la pena di morte, quella a favore dei diritti dei minori e delle donne ed, in particolare, la lotta contro le mutilazioni genitali femminili.


Nella campagna per l’abolizione della pena di morte, desidero citare la preziosa opera svolta dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Associazione “Nessuno Tocchi Caino”.


Sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili, il Vertice dell’Unione Africana del 2011 ha significativamente registrato una convergenza intorno a questo obiettivo. Quando si parla di donne africane, non si possono trascurare le ripercussioni che su di esse hanno le situazioni di conflitto. Ricordo qui l’intensa attività internazionale che l’Italia svolge a seguito della Ris. 1325 delle Nazioni Unite su “donne, pace e sicurezza”, dedicata specificamente all’impatto della guerra sulla condizione delle donne ed al loro contributo per una pace giusta e durevole.


Sempre più urgente, per il continente africano così come per altre aree regionali, è la difesa della libertà di religione. Abbiamo tutti davanti agli occhi i ripetuti, tragici episodi in Nigeria.


A tal fine, tutti i paesi devono prevedere a livello costituzionale precisi meccanismi di sanzione e condanna delle discriminazioni e delle violenze religiose. Una concreta tutela delle minoranze religiose passa anche attraverso il rafforzamento dell’assistenza internazionale ai governi per migliorare le condizioni di sicurezza, con l’addestramento e la formazione delle forze dell’ordine nel contrasto al terrorismo. Cito, ad esempio, le attività di capacity building realizzate dall’Italia nel campo della formazione delle forze dell’ordine in Niger, Mauritania e Mali. Nel contempo, l’aiuto allo sviluppo deve concentrarsi sul settore scolastico, con la formazione dei docenti e una crescente attenzione all’educazione ai diritti umani.


d) L’obiettivo del partenariato economico. Sul piano economico, l’Africa è terra di grandi differenze, al contempo periferia ma anche laboratorio dei processi di globalizzazione.


A fianco della povertà, cambiamenti climatici e scarsa diversificazione delle economie, altre economie africane figurano in testa alle classifiche di quelle che vantano il maggior ritmo di sviluppo. Nel periodo 2001/2010 l’Africa ha espresso ben sei delle prime dieci economie al mondo per tasso di crescita (Angola, Nigeria, Etiopia, Ciad, Mozambico e Ruanda) e si prevede diventino sette nel periodo 2011-2015 (Etiopia, Mozambico, Tanzania, Congo RDC, Ghana, Zambia e, salvo aggravarsi delle tensioni in corso, Nigeria).


In ambito G20, foro primario di impulso per la governance economica, ritengo che la definizione di un assetto di regole e policies più equo ed efficace non possa a lungo vedere escluso – a parte la presenza del Sud Africa – il continente africano. Giustamente oggi l’Unione Africana chiede il riconoscimento come membro a pieno titolo del G20, alla stregua di quanto già previsto per l’UE.


L’Africa, dunque, da mero beneficiario a partner economico. Oggi gli investimenti in Africa offrono agli operatori più dinamici rendimenti interessanti, inimmaginabili fino a pochi anni fa. Se nel 2000 il settimanale The Economist aveva definito l’Africa un “Hopeless Continent”, nel dicembre scorso cambiava diametralmente registro dedicando all’Africa la copertina dal titolo: “Africa Rising: the Hopeful Continent.”


In questo contesto, si inserisce la presenza economica italiana. Il Governo sta sostenendo con determinazione la presenza delle nostre aziende nei principali mercati e settori africani, da quello energetico a quello industriale ed a quello infrastrutturale.


Nella mia visita ufficiale in Etiopia e Mozambico, ero accompagnato da una delegazione imprenditoriale di livello. Ho constatato la capacità delle Autorità di quei Paesi a condurre efficaci politiche economiche. Ho nel contempo registrato l’interesse autentico degli imprenditori italiani e la considerazione con cui si avvicinano ai loro partner attuali o potenziali.


Vorrei citare qualche dato. Sono attualmente in vigore con trenta Paesi africani Accordi per evitare la doppia imposizione, sulla promozione e protezione degli investimenti, nonché di cooperazione economica. Nel 2011-2012 abbiamo organizzato country presentations e forum economici con Ghana, Gabon ed Etiopia e, prossimamente, ne sono previsti altri con Angola e Mozambico.


Sul versante energetico, ENI è la principale società petrolifera straniera che opera in Africa, dove è presente in 15 Paesi. In Mozambico, ENI ha scoperto giacimenti di gas naturale off-shore per un potenziale di oltre 1.400 miliardi di metri cubi di gas e ha in programma investimenti nella prossima decade per ben 50 miliardi di dollari.


Vediamo, anche nel quadro UE, come tendenzialmente complementare e sinergica la crescente proiezione dei BRIC in Africa, ad esempio nella lotta al terrorismo e nelle cooperazioni allo sviluppo triangolari. L’Italia ha al riguardo avviato un simile programma in Angola con il Brasile ed un altro è in fase di impostazione in Etiopia con la Cina.


3. Il quadro politico regionale


Vorrei effettuare alcune brevi considerazioni sulle altre aree regionali africane.


a) L’Africa occidentale


I due colpi di Stato in marzo in Mali ed in aprile in Guinea Bissau, hanno aperto nuovi fronti di crisi, in cui si sono inseriti, nel caso maliano, organizzazioni islamiste, una delle quali si presume detenga Rossella Urru. L’Organizzazione regionale degli Stati dell’Africa Occidentale/ECOWAS si sta adoperando nella mediazione tra golpisti e governi rovesciati. L’Italia appoggia in sede UE gli sforzi di mediazione condotti dall’ECOWAS e, in campo umanitario, si è adoperata con aiuti per alleviare le sofferenze delle popolazioni del Sahel colpite dalla siccità e dalla carestia.


In Nigeria, il più popoloso paese africano, la setta islamista Boko Haram si è resa responsabile negli ultimi anni di numerosissimi attentati, l’ultimo la scorsa domenica nello stato federale di Kaduna, che hanno colpito non solo la comunità cristiana, ma anche obiettivi di governo, sedi di giornali e di Organismi Internazionali, oltre all’odioso rapimento e successivo omicidio del connazionale Lamolinara e del suo collega britannico. Di recente il rapimento, nel sud del Paese, del connazionale Di Girolamo, conclusosi positivamente ed in breve tempo, ha nuovamente evidenziato quanto insicuro sia il Paese.


La guerra civile strisciante che si sta manifestando in Nigeria è il frutto di una lotta per il potere e la distribuzione dei proventi delle risorse naturali, sotto il velo del conflitto religioso. La crisi inizia lo scorso aprile con l’elezione del nuovo Presidente Goodluck Jonathan, originario del sud cristiano, area ricca di materie prime, in particolare petrolio, e sgradito alle forze politiche settentrionali. Le azioni terroristiche perpetrate da Boko Haram, con il probabile sostegno delle cellule di Al Qaida nel Maghreb islamico, mirano a rendere ingovernabile il paese, rompendo i suoi fragili equilibri sociali e politici. Per fronteggiare la fase acuta della crisi, la comunità internazionale dovrebbe attivarsi per recidere i contatti di Boko Haram con i suoi sostenitori esterni, affrontando, ad esempio, in maniera più determinata la crisi del Mali, dal cui territorio transitano le armi destinate in Nigeria.


Anche alla luce di questi sviluppi, abbiamo intensificato la collaborazione con la Nigeria, attraverso la tenuta di corsi di formazione a favore di Diplomatici, Guardie di frontiera e Polizia nigeriani.


A fronte dei nuovi focolai di crisi, altri paesi dell’area stanno registrando, viceversa, incoraggianti segni di ripresa economica, che il nostro paese non ha mancato di cogliere. Il 2011 ha visto, ad esempio, il potenziamento delle relazioni economiche con il Ghana e il Gabon, mentre nel 2012 abbiamo gettato le basi per un rafforzamento con il Congo Brazzaville e la Liberia.


b) L’Africa australe


Il Sudafrica – nostro principale partner economico nell’Africa sub-sahariana e ‘porta di accesso’ al Continente – sta acquisendo un peso crescente nello scacchiere internazionale: membro non permanente del CdS delle NU per il biennio 2011-12, il recente ingresso del Paese nel Gruppo BRIC costituisce un riconoscimento politico della sua proiezione globale. L’agenda tra Roma e Pretoria non è ancora sufficientemente strutturata rispetto al potenziale politico ed economico dei due Paesi. Intendo dunque imprimervi impulso.


La mia visita a Maputo il 3-4 maggio scorsi ha confermato la lungimiranza dello straordinario investimento politico e di cooperazione che il nostro Paese ha compiuto in Mozambico sin dalla sua indipendenza. L’eccellenza delle relazioni bilaterali nasce da questi presupposti, a partire dai quali occorre adesso compiere un salto di qualità della nostra presenza economica in settori strategici quali l’energia, le infrastrutture e l’agro-industria. Una Country presentation del Mozambico si terrà alla Farnesina nel prossimo autunno, nel contesto delle celebrazioni per il ventesimo anniversario della firma, a Roma, degli Accordi di pace che posero fine ad una sanguinosa guerra civile, proprio grazie alla mediazione italiana.


Molto promettenti sono anche le potenzialità dei nostri rapporti economici con l’Angola, dove possiamo mettere a frutto anche qui il nostro storico impegno per la fine alla guerra civile. Ne ho avuto conferma durante la visita a Roma del Ministro degli Affari Esteri Chikoti, con il quale ho avuto un cordiale incontro lo scorso 18 giugno. La stabilizzazione politica interna e l’eccezionale crescita economica rendono l’Angola un partner di grande interesse a livello non solo politico, ma anche economico-commerciale.


Osservazioni conclusive.


L’emergere di sfide e minacce trasversali trova pronta la Farnesina nel coniugare l’insieme degli strumenti diplomatici classici con quelli nuovi, quali le missioni di peacekeeping, i programmi di training, i social network, l’apporto delle realtà nazionali, che costituiscono il valore aggiunto della moderna diplomazia.


In tal senso, l’Africa rappresenta la rinnovata frontiera della nostra azione di politica estera.

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