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Intervento del Vice Ministro Dassù – ‘Più regole, meno violenza – ASPETTI INNOVATIVI DEL TRATTATO INTERNAZIONALE SUL COMMERCIO DELLE ARMI’

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)



Il Trattato sul commercio di armi è il frutto di uno sforzo comune, di una straordinaria mobilitazione della società civile e di un lungo e complesso impegno negoziale avviato in ambito ONU nel 2006 e culminato in due conferenze diplomatiche, a luglio 2012 e marzo 2013, che hanno portato all’adozione di un testo forte, equilibrato e realistico che rappresenta un salto di qualità nella trattazione di una problematica particolarmente delicata delle relazioni internazionali. L’ATT è infatti il primo Trattato internazionale a stabilire norme giuridicamente vincolanti in materia di importazione, esportazione e trasferimento di armi convenzionali. Una volta entrato in vigore darà direzione e coerenza a quel corpus giuridico non omogeneo creato dalle più diverse normative nazionali, laddove esistano, e colmerà altrimenti le lacune esistenti.


A causa di un quadro giuridico internazionale finora carente hanno infatti prosperato fenomeni quali il traffico illecito di armi e la diversione del commercio verso destinatari non autorizzati. Tutto questo a beneficio di trafficanti, milizie, criminalità organizzata e a discapito di popolazioni innocenti, vittime di conflitti ormai quasi cronici. I dati sono impressionanti: nei paesi in cui le popolazioni vivono in condizioni di estrema povertà, buona parte degli aiuti internazionali è “dirottata” verso spese militari e i traffici illeciti vengono alimentati spesso proprio dagli eserciti regolari, da soldati mal pagati che vendono sul mercato nero le proprie armi o quelle sottratte dagli arsenali, abbassando considerevolmente il costo di procurarsi un’arma e aumentando in tal modo il rischio di guerre civili.


Il commercio illegale o scarsamente regolamentato di armi convenzionali ha dunque un pesante costo in vite umane: sono più di 740.000 le persone che muoiono ogni anno, vittime della violenza armata. L’assenza di un quadro giuridico internazionale ha costituito, possiamo ben dirlo, una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. Stabilendo norme comuni giuridicamente vincolanti, l’ATT rende invece più responsabile e trasparente il commercio di armi, contribuendo al consolidamento della pace e della sicurezza a livello regionale e mondiale.


Ma l’Arms Trade Treaty è molto più di un semplice Trattato sul commercio delle armi: da un’attenta lettura del testo emerge il suo ben più ampio potenziale, che lo pone alla confluenza tra le agende internazionali della pace e sicurezza, della legalità, dei diritti umani e dello sviluppo, con una particolare attenzione alla prospettiva di genere. Il testo adottato ha infatti accolto tra le nostre priorità negoziali, l’inserimento della c.d. “golden rule” per la difesa dei diritti umani e delle norme di diritto internazionale umanitario e un chiaro riferimento alla violenza di genere.


La “golden rule” prevede il diniego automatico al trasferimento di armi nel caso in cui esso violi obblighi internazionali cui lo Stato è vincolato, derivanti da accordi internazionali o da Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e nel caso in cui, al momento dell’autorizzazione, lo Stato esportatore sia a conoscenza del fatto che le armi da esportare potrebbero essere usate per commettere genocidio, crimini contro l’umanità, gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949, attacchi diretti contro civili, ovvero altri crimini di guerra come definiti da accordi internazionali di cui lo Stato in questione sia parte.


Il Trattato prevede inoltre che le autorità nazionali competenti tengano in considerazione una serie di fattori per valutare il potenziale impatto di ogni trasferimento di armamenti, quali il potenziale rischio che il trasferimento contribuisca a mettere in pericolo la pace e la sicurezza o che le armi possano essere usate per commettere o facilitare gravi violazioni di diritto internazionale umanitario o di diritti umani, atti di terrorismo e di criminalità organizzata o, ancora, possano essere utilizzate per commettere o facilitare gravi atti di violenza di genere contro donne e bambini.


La promozione dei diritti umani è parte rilevante del nostro interesse nazionale: attraverso di essa possiamo affrontare in maniera più efficace le cause profonde dei conflitti, delle disuguaglianze e delle minacce alla sicurezza internazionale. Questo legame è ben rappresentato dagli scopi soggiacenti ai cd. tre pilastri del sistema delle Nazioni Unite: pace, sviluppo e diritti umani. Tra questi vi è necessariamente un rapporto non solo di interdipendenza, ma anche di rafforzamento reciproco. I principi contenuti nell’ATT rispondono a tale esigenza, in quanto nella maggior parte dei casi le aree di conflitto sono anche quelle in cui i diritti umani sono più gravemente violati. Inoltre, le azioni a tutela dei diritti umani non sono mosse esclusivamente da principi etici e civili, ma anche dall’esigenza di garantire stabilità e arginare potenziali fattori di rischio tra cui il traffico illecito di armi, che possono acuire le violazioni dei diritti umani stessi.


Di particolare rilievo nel testo del Trattato è l’inclusione, fortemente voluta dalla società civile, delle tematiche legate alla violenza di genere. Essa non solo si traduce in un chiaro impegno per gli Stati Parte a considerare, al momento dell’autorizzazione di un’esportazione di armi, il rischio che queste siano utilizzate per commettere atti di violenza di genere contro donne e minori, ma anche nel riconoscimento dell’esigenza di un sostegno alla riabilitazione e all’inclusione economica e sociale delle vittime dei conflitti armati. Un elemento senz’altro innovativo, parte della nostra tradizionale posizione a tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e che intendiamo valorizzare adeguatamente. Non va infatti dimenticato che esiste un nesso strettissimo tra il traffico illecito di armi ed il fenomeno dei bambini-soldato, impiegati in varie aree del mondo non solo dalla guerriglia e dai gruppi paramilitari di opposizione, ma anche dagli stessi eserciti nazionali. L’impegno italiano nel contrasto a questa terribile realtà è forte e consolidato. Per quanto concerne le donne, nei conflitti armati la violenza (principalmente di carattere sessuale) rappresenta una costante sempre più ricorrente. Nonostante le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che negli ultimi anni l’hanno messa all’indice, questo tipo di violenza viene sempre più spesso utilizzata come tattica di intimidazione delle popolazioni civili. Nell’ambito delle nostre attività di aiuto allo sviluppo orientate all’emergenza sono previste numerose iniziative di assistenza alle vittime di violenza di genere. L’Italia è inoltre attualmente impegnata in questo settore nel contesto dell’iniziativa “Preventing sexual violence in conflict”, lanciata dalla Gran Bretagna in ambito G8 e ora transitata a livello ONU in vista dell’auspicata adozione di una regolamentazione internazionale vincolante in materia. Nell’ambito di tale iniziativa abbiamo recentemente firmato – assieme ad un gruppo di altri Paesi particolarmente attivi in questo settore (tra cui gli Stati Uniti) una Dichiarazione che, su iniziativa italiana, individua nel contrasto ai traffici illeciti di armi uno dei principali strumenti per prevenire la violenza sessuale nelle aree di conflitto.


Per queste ragioni, l’Italia si è attivamente impegnata in tutte le fasi del processo negoziale che ha portato alla formulazione finale dell’ATT. Inoltre, in stretto coordinamento con il Servizio Europeo per l’Azione Esterna e con gli altri partner europei, abbiamo condotto un’azione di outreach a favore dell’universalizzazione del Trattato, con una serie démarches presso i Paesi che si sono astenuti o non hanno partecipato al voto del 2 aprile in Assemblea Generale. Gli sforzi profusi a livello bilaterale e multilaterale per promuovere l’adesione al Trattato hanno già cominciato a dare i loro frutti. Sono ad oggi 113 i Paesi che hanno firmato l’ATT e tra questi figurano tutti i membri dell’Unione Europea. L’entrata in vigore del Trattato è subordinata alla ratifica da parte di 50 Stati; sette Paesi (Islanda, Guyana, Nigeria, Antigua e Barbuda, Costa Rica, Messico, Trinidad e Tobago) hanno già depositato i rispettivi strumenti di ratifica. Il nostro paese, in attesa della decisione del Consiglio dell’UE di autorizzazione alla ratifica, ha già portato a termine le procedure parlamentari di approvazione del relativo disegno di legge. Il nostro sistema normativo è già pronto per attuare l’ATT. La disciplina italiana in materia di controllo dei materiali di armamento rappresenta infatti una delle più avanzate a livello globale ed abbiamo recepito la Direttiva Europea in materia preservando gli alti standard previsti dall’impianto originario della nostra normativa nazionale.


Con la firma dell’ATT è stato quindi raggiunto un traguardo importante. Si tratta di un risultato storico e di un contributo prezioso che questa generazione ha dato alla causa della pace, alla difesa dei diritti umani e alla tutela delle donne e dei minori. Tuttavia il lavoro non è ancora finito. L’obiettivo è promuovere l’universalizzazione del Trattato e giungere, nel più breve tempo possibile, alla sua entrata in vigore.

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