(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Signor Premier,
Signor Leader dell’Opposizione,
Signor Ambasciatore,
Onorevoli parlamentari,
Signor Sindaco,
Signora Console,
Consoli d’Italia in Australia,
Signore e Signori,
Provo una grandissima gioia, questa sera, ad incontrare la comunità italiana nella bellissima città di Adelaide – la capitale australiana del vino – e di poterlo fare in una delle sue associazioni storiche: il Fogolar Furlan, un “focolare” che forniva e fornisce tuttora quel “calore” che costruisce il “senso di comunità”.
Io vengo da Agrigento, in Sicilia. Una regione d’Italia che nei secoli è stata terra di emigrazione. Tanti agrigentini sono partiti e hanno fatto fortuna all’estero, anche qui in Australia, trovando sempre nella comunità quella fondamentale fonte di “calore” che è tipica degli italiani, ovunque siano nel mondo. E per me, d’estate, è anche molto bello vedere tanti nostri emigrati che ritornano nell’Isola alla ricerca delle loro origini.
Oggi la Sicilia è anche terra di immigrazione, simbolo di umanità e solidarietà di fronte alla grave crisi migratoria in cui versa il Mediterraneo. In un mondo dove non esiste un rischio zero, abbiamo combinato solidarietà e sicurezza, dimostrando, nei fatti, che è possibile salvare vite e che allo stesso tempo si può essere severi nei confronti di chi disprezza i nostri valori.
Luigi Pirandello ripeteva ai siciliani di talento questa frase: “naturalmente anche tu andrai via dalla Sicilia, ma non dimenticarne il profumo”. Sono parole che mi hanno sempre colpito.
E io qui, al Fogolar Furlan, sento un forte profumo dell’Italia! Di un’Italia vera e autentica, che deve essere orgogliosa dei suoi successi in Australia.
E’ infatti sulla comunità italiana che poggiano gli storici vincoli di amicizia tra Italia e Australia. Per questo l’Italia è grata alle centinaia di migliaia di suoi cittadini che hanno attraversato gli oceani con l’Italia nel cuore e, con grandi sacrifici ed ammirevole tenacia, hanno conquistato posizioni di rilievo e di responsabilità nella società australiana. La comunità italiana è una delle più integrate ed affermate del Paese; una comunità che ha dato un formidabile contributo alla costruzione, alla crescita e ai successi dell’Australia e che oggi promuove attivamente ed efficacemente il Made in Italy in un mercato di 24 milioni di abitanti.
Grazie a voi, che siete i nostri migliori ambasciatori, l’Italia è un Paese molto amato e rispettato in Australia. Grazie a voi, che siete grandi importatori e promotori di Made in Italy e di cultura italiana, nelle città australiane sono presenti i prodotti del nostro Paese, la moda, la cucina e il design italiani e si sente parlare la nostra lingua.
Mi hanno raccontato che il primo italiano che si stabilì in Sud Australia era Antonio Giannoni di Rimini. Era il 1839 e Antonio era un marinaio sulla nave Recovery. Suo figlio, Pietro, fu eletto Sindaco di Norwood nel 1920. Fu anche uno dei primi rappresentanti politici di origine italiana nella storia del Sud Australia. E mi hanno detto che ancora oggi Norwood è una bellissima cittadina in cui spicca l’italianità e quindi la multiculturalità del Sud Australia.
Una curiosità: quando abbiamo organizzato questa mia missione, i miei collaboratori mi hanno segnalato i libri del Professore Desmond O’Connor sulla storia degli italiani in Sud Australia. E ho subito pensato: un professore sud-australiano, di origine irlandese, che ha dedicato la sua carriera a studiare la comunità italiana!
La comunità italiana ha superato il milione di persone. Il nostro contributo è davvero articolato:
Nella tolleranza e nell’attitudine al dialogo: con un forte impulso alle politiche del multiculturalismo, di cui questo Stato è massima espressione.
Nella ridefinizione degli spazi: perché è grazie agli italiani che nasce ad Adelaide il concetto della “piazza”, di un centro come punto di aggregazione sociale e culturale, accanto al tradizionale “business district”.
Nel senso di famiglia e di una fede vissuta nella comunità: perché le “feste” della comunità sono diventate un patrimonio di tutta la società locale, non solo quella italiana.
Nel commercio, nell’industria e nell’imprenditoria: perché fin dall’origine di questo Stato gli italiani hanno dato un grande sostegno al suo sviluppo economico.
Durante questa mia missione ho toccato e toccherò il tasto di una nuova partnership economica fra Italia e Australia, che abbraccia l’alta tecnologia e l’innovazione. Grazie anche al coinvolgimento di grandi gruppi ed organizzazioni come Fincantieri e persino l’Agenzia Spaziale Italiana.
Con la nostra Fincantieri – una delle più grandi aziende di costruzioni navali al mondo, con più di 230 anni di storia e 20 cantieri gestiti in diverse parti del mondo – l’Italia sta concorrendo al grande programma “SEA 5000” per la costruzione, qui in Sud Australia, delle nuove fregate anti-sommergibile richieste dalla Marina australiana.
Se avremo successo: il Sud Australia sarà il grande protagonista di un progetto che trasferirà alta tecnologia, innovazione e capacità industriali europee, lungo l’ampia filiera della difesa. E naturalmente saranno creati qui migliaia di nuovi posti di lavoro.
Come saprete già, in Australia ci sono oltre 180 aziende italiane che operano in tanti settori dell’economia: nel settore energetico, nelle infrastrutture, nei trasporti, nella difesa, nell’aerospazio, nell’agroalimentare, negli autoveicoli, dell’edilizia e nei beni di consumo.
Ma non posso dimenticare il grande contributo della comunità italiana nella cultura, nelle arti, nel design, nell’architettura, nella cucina e persino nello sport: ho scoperto che la squadra di calcio locale, l’Adelaide City, una volta prendeva il nome della Juventus e porta anche gli stessi colori! E allora, da juventino, sono anch’io un tifoso dell’Adelaide City!
Ricordo anche il fondamentale ruolo delle donne. Una in particolare: Elena Rubeo, che fu il Primo Console onorario ad Adelaide negli anni ’50. Fu lei, per molti anni a ricevere gli italiani al porto di Adelaide con un sorriso; a trovare loro lavoro; ad aiutare donne in difficoltà; e a visitare gli italiani in ospedale. Quando ricevette l’onorificenza dell’Ordine dell’Australia, alle domande dei giornalisti rispose molto umilmente che: “aiutare le persone mi rende felice”.
Una di tante, tantissime donne che hanno costruito e continuano oggi a cementare quel “senso di comunità” che è la colla dell’universo di associazioni italiane in Australia. Associazioni che ogni giorno si adoperano per mantenere forte il legame con l’Italia e per promuovere la nostra lingua e la nostra cultura.
Lasciatemi dire che abbiamo anche uno straordinario e dinamico “Sistema Italia” coordinato dalla nostra Ambasciata, che comprende un Consolato in ogni Stato (a Sydney, Melbourne, Adelaide, Brisbane e Perth). L’Italia è il Paese con la rete consolare più estesa in Australia. E poi ci sono anche: gli Istituti Italiani di Cultura di Sydney e Melbourne, i Comitati Dante Aligheri, i Direttori Didattici, e i Lettorati nelle Università australiane.
Grande merito va anche ai Comites, ai membri del CGIE, e ai parlamentari eletti all’estero che creano un sistema di rappresentatività, degli italiani all’estero, che non ha rivali nel mondo. E con i quali siamo impegnati in un proficuo e continuo dialogo per fornire servizi consolari sempre migliori.
Vorrei condividere inoltre una riflessione su due temi che mi stanno particolarmente a cuore: giovani e cultura.
La metà dei “nuovi emigrati italiani nel mondo” ha un’età compresa tra i 15 e i 39 anni. Più di un terzo, di età superiore ai 24 anni, è laureato. Molti di loro sono imprenditori, ricercatori o professionisti di successo, che stanno creando proficue reti di contatti, in forme associative tradizionali o in modi più informali ed innovativi.
Ad esempio, ogni anno espatriano circa 3.000 giovani dottori di ricerca italiani. Le principali mete in Europa sono il Regno Unito, Francia, Germania, Belgio e Svizzera e oltreoceano gli Stati Uniti, il Brasile e l’Australia. L’Italia perde annualmente circa il 16,2% di ricercatori formati in patria, mentre attrae solo il 3% di scienziati stranieri; il saldo è quindi negativo.
E’ chiaro che è un’enorme perdita di “capitale umano”. E’ importante che uno studente sia libero di specializzarsi anche all’estero, ma dobbiamo fare molto di più per facilitare il ritorno di brillanti giovani, con le loro idee e progetti. E dobbiamo incoraggiare i giovani all’estero ad associarsi, a non perdere il senso di comunità e continuare ad alimentare il “focolare” italiano all’estero.
In particolare, dobbiamo “capitalizzare” il pieno potenziale dei 200 accordi esistenti fra Università e Centri di Ricerca italiani e australiani, pubblici e privati. Perché significa investire nel futuro dei nostri brillanti giovani.
Allo stesso tempo, c’è qualcosa di unico nella nostra cultura che ci tiene uniti, al di là delle distanze geografiche. La lingua e la cultura italiane mantengono coeso il senso di identità; sono un “passaporto” di appartenenza; segno di immediata riconoscibilità dell’italiano all’estero.
Conoscere altre lingue è molto importante, perché apre tanti sbocchi lavorativi. Ma la lingua italiana è molto più di un mezzo di lavoro: è patrimonio ed è cultura.
Oggi l’italiano è la seconda lingua più studiata in Australia, dopo il cinese. Ci sono oltre 320.000 studenti che imparano la nostra lingua in questo meraviglioso Paese.
E dobbiamo anche essere molto orgogliosi che nel mondo oltre 2 milioni di stranieri scelgono di studiare l’italiano ogni anno. Quasi due volte la popolazione di Adelaide. Senza dimenticare un bacino di 80 milioni di italo-discendenti.
Promuovere la bellezza, la cultura e lo stile di vita italiane all’estero non è un ornamento della nostra diplomazia o una mera operazione di immagine. Si tratta, al contrario, di una componente strategica della proiezione internazionale del nostro Paese. E’ un’attività che, da un lato, riflette l’interesse nazionale; dall’altro, è un investimento in grado di garantire un ritorno economico.
A differenza dell’Australia, l’Italia è un Paese con poche risorse naturali. Siamo cresciuti senza petrolio, oro, diamanti o altre grandi risorse. La scarsità di risorse naturali è ciò che ha spronato l’inventiva e la creatività degli italiani.
La cultura è fonte primaria della nostra crescita e della nostra prosperità. Faccio l’esempio dell’industria creativa – che include il design e la moda – che è un volano della nostra economia. Secondo uno studio realizzato da Ernst & Young, l’ “Italia che crea valore con la creatività” produce annualmente un ritorno economico di quasi 50 miliardi di euro all’anno.
Quindi ai nostri imprenditori dico sempre di mettere la cultura al servizio della crescita. Mai dimenticare che le nostre imprese sono eccellenze della nostra creatività e quindi una parte molto importante dell’immagine all’estero dell’Italia. Le nostre migliori eccellenze imprenditoriali hanno continuamente favorito l’unione fra arte, scienza ed industria.
Ma se vogliamo valorizzare questo nostro immenso patrimonio culturale – lo ribadisco ancora una volta – perché ci credo: dobbiamo continuare ad investire, e molto di più, nei giovani. Dobbiamo essere consapevoli che nel mondo moderno ricchezza e benessere sono generati dalla conoscenza e dalla capacità di promuovere spirito di iniziativa e inventiva: i due motori della crescita.
Bisogna aprirsi al mondo. Bisogna saper confrontarsi con gli altri. Bisogna sapere dialogare e stimolare il dialogo. Come ha sempre fatto molto bene la comunità italiana d’Australia, contribuendo a realizzare quello che è anche l’obiettivo principale di questa mia missione oggi: “più Italia in Australia” e “più Australia in Italia”.