«Siamo in un imbuto legale e giuridico. Ci vorranno due mesi ancora, ma non molleremo mai per difendere i nostri marò, i nostri militari. Ci vuole tempo, pazienza…». E abilità diplomatica.
Quella che non manca a Staffan De Mistura, il sottosegretario agli Esteri, inviato speciale al fronte indiano. Mercoledì sera Staffan De Mistura è rientrato dall’India dopo un mese trascorso laggiù, tra Kerala, Kochi e Thiruvananthapuram, il carcere dove sono reclusi i due marò italiani che erano a bordo della nave «Lexie», accusati dell’omicidio di due pescatori. La foto che arriva dalle porte del carcere indiano, con Staffan De Mistura fisicamente a tutela dei due marò che stanno per essere trasferiti in una cella comune, e lui lì a tutela della dignità dell’Italia e dei due militari, è l’immagine che resterà nella storia della «Lexie». E, forse, l’estate prossima nella piazzetta di Capri, dove frequentò le elementari agli inizi degli anni Cinquanta, sarà orgoglioso di raccontare agli amici una storia tutt’altro che di ordinaria diplomazia.
Sottosegretario De Mistura, qual è l’impedimento maggiore in questo momento della trattativa?
«Il riconoscimento che la giurisdizione è italiana. I due militari debbono essere giudicati in Italia. Sono e restano militari italiani. Fino a quando non otterremo il riconoscimento di questo principio saremo in un imbuto giuridico e legale».
In che misura ha inciso il clima elettorale, con una campagna tutta centrata a ridurre il potere del Partito del Congresso di Sonia Gandhi, italo-indiana?
«Il clima elettorale è stato molto influente».
Ma si vota oggi e domani. È possibile sperare in una svolta dopo il voto?
«I risultati si conosceranno non prima del 23-24 marzo prossimo. Poi, come è logico, bisognerà garantire il tempo necessario alla politica per riannodare il filo del governo delle istituzioni. Credo che per fine mese l’influsso elettoralistico calerà».
Quindi la trattativa ha subìto questo rallentamento?
«Un elemento decisamente negativo. Lì sono in gioco i voti di ben tre milioni di pescatori».
C’è stato qualche passo avanti sostanziale nella trattativa?
«È cambiato molto, anche il clima del dialogo. Si sappia che partivamo dal pericolo di assistere ad un processo per direttissima, con la richiesta di condanna e di una pena a furor di popolo. È stata neutralizzata questa prospettiva iniziale».
Gli inglesi potranno darci una mano nel seguito della trattativa?
«Mi auguro che tutti comprendano la necessità del sostegno all’azione diplomatica italiana, a partire dai partner europei. Il caso dei marò, è bene dirlo, può diventare un grave e pericoloso precedente per tutti i militari attivi in missioni all’estero. Vale per tutti, questo monito».
Anche per gli inglesi?
«Per tutti».