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Interview detail

I jihadisti hanno cercato l’occasione per rientrare in gioco e provare a “scippare” i risultati delle rivolte che hanno segnato la “Primavera araba”. Non dobbiamo cadere nella loro trappola: l’Europa deve rafforzare il sostegno alle leadership di quei Paesi, come l’Egitto, la Tunisia, la Libia, che hanno avviato un processo di stabilizzazione democratica». A sostenerlo è Staffan de Mistura, vice ministro degli Esteri e grande conoscitore della realtà mediorientale. Per quanto riguarda il film «blasfemo» su Maometto e le vignette pubblicate da un settimanale satirico francese, de Mistura osserva che «la libertà di espressione non può essere in alcun modo confusa con la inaccettabile libertà di offendere profondamente 1 miliardo e 300milioni di persone, i musulmani, che si sono dimostrati, non da oggi, particolarmente sensibili a tali offese».


La rivolta nel mondo arabo e musulmano contro il «film blasfemo» sulla vita dl Maometto non sembra arrestarsi. C’è chi legge queste proteste come la fine della «Primavera araba».


«Non sono d’accordo con questa chiave di lettura. Dico di più: assumerla, sarebbe un errore esiziale per l’Italia, l’Europa, l’Occidente. Al Qaeda e i salafiti sono rimasti a suo tempo totalmente sorpresi e superati dalla “Primavera araba”. l jihadisti hanno dovuto prendere atto che non avevano più il monopolio degli slogan e non erano più i depositari delle aspirazioni dell’opinione pubblica araba. Questa “bandiera” gli era stata sottratta dai giovani protagonisti delle lotte in Tunisia, in Egitto…La prova è che in nessuna delle rivolte della “Primavera araba” si è visto bruciare una bandiera americana o israeliana. Le rivendicazioni della folla erano ben altre: democrazia, lavoro, opportunità per i giovani. Quelle rivolte hanno stravolto linguaggi e priorità politiche. La loro “agenda” non era in nulla identificabile con quella dei jihadisti».


E poi cosa è avvenuto?


«Col passare del tempo, la strategia dei qaedisti e dei salafiti si è adeguata, trasformandosi nel costante tentativo di inserirsi nel “dna” delle rivolte, sia quelle attuali che quelle in fase di stabilizzazione».


A cosa si riferisce In particolare?


«Penso, ad esempio, alla Siria dove agiscono dei gruppi armati chiaramente identificati con Al Qaeda e i salafiti, che aspettano il momento giusto per “scippare” la rivolta ai moderati. Questo avviene anche in altri Paesi, ma, in generale, l’opinione pubblica araba non è disposta ad accoglierli: la riprova è che nelle elezioni tenutesi sia in Egitto che in Tunisia e Libia, non hanno prevalso gli estremisti, bensì gli islamici di tipo “moderato”, più vicini al “modello turco”».


Ora però Il mondo fa i conti con una protesta che sta assumendo connotati estremi e violenti. Perché?


«Superati dalle rivolte popolari, i jihadisti non aspettavano altro di avere l’occasione per agitare le acque facendo leva su una comprensibile irritazione nel mondo arabo e musulmano nei confronti delle offese rivolte alla loro religione. I jihadisti cavalcano questa indignazione con un unico obiettivo: quello di impossessarsi dei risultati della “Primavera araba”».


Le piazze protestano contro quell’Occidente che pure aveva sostenuto la «Primavera araba». É mancanza dl gratitudine?


«La gratitudine non è venuta meno, ma non va dimenticata, o sottovalutata, la sensibilità estrema che tutti i musulmani, e dunque la grande maggioranza degli arabi, hanno nei riguardi del rispetto verso il profeta Maometto e il Corano. E di questo sono totalmente e strumentalmente consapevoli i jihadisti».


Alla luce dl tutto questo, come deve attrezzarsi l’Europa per evitare il peggio?


«Innanzitutto c’è bisogno della massima chiarezza da parte europea e americana. Chiarezza nello spiegare all’opinione pubblica araba che noi rispettiamo la loro religione, e che condanniamo fermamente la provocazione e la mancanza di rispetto di alcune persone che, nonostante siano consapevoli di quello che fanno, producono dei filmati o delle vignette profondamente offensive. Dobbiamo far comprendere che, a differenza di ciò che avviene nei loro Paesi, in Europa o negli Stati Uniti un filmato o un articolo non ha il beneplacito preventivo delle autorità. La libertà di espressione non può essere confusa con l’inaccettabile libertà di poter offendere un miliardo e 300milioni di persone, i musulmani, particolarmente sensibili a tali offese. Detto questo, niente può giustificare gli atti di violenza che sono stati perpetrati, ed anche su questo occorre la massima chiarezza».


In termini più strettamente politici, quale azione dovrebbe intraprendere da subito l’Europa per scongiurare che il Mediterraneo si trasformi in un’area di conflitto?


«La strategia migliore è di restare coerenti nel sostegno alle leadership presenti oggi in quei Paesi che hanno avviato un processo di stabilizzazione democratico, come la Tunisia, l’Egitto, la Libia. Nel far questo, la storia dovrebbe esserci buona maestra…».


In che senso?

«Ogni rivoluzione, anche nella storia occidentale ed europea, ha vissuto un periodo di grande fragilità e ha dovuto fare i conti con tentativi di sovvertimento. Alla fine, però, sono approdate alla stabilità. Ciò può avvenire anche per la “Primavera araba”. Sta anche a noi non lasciar disperdere quel bisogno di libertà e di giustizia che ne è stato alla base».

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