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Marò – Mogherini: «Li vogliamo in Italia. Ma non sarà un percorso breve»

Una scelta che dà speranza, quella compiuta ieri dal ministro degli Esteri, Federica Mogherini, sulla vicenda dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Una «fase nuova» che si porta inevitabilmente appresso l’«esaurimento» del ruolo di Staffan de Mistura, inviato speciale del governo in India, il rientro a Delhi dell’ambasciatore italiano, Daniele Mancini, e l’internazionalizzazione del caso.


Ministro Mogherini, la vostra «svolta» mette la parole «fine» al ruolo di De Mistura.



«L’ho già detto in Parlamento e lo ribadisco: se siamo arrivati all’apertura di questa nuova fase è anche grazie al lavoro di De Mistura. Mercoledì sera abbiamo parlato a lungo, lui ha contribuito notevolmente all’avvio di questa nuova fase. Non solo il suo lavoro è apprezzato da me e dal governo, ma è con lui che abbiamo definito questo passaggio. Il suo ruolo di inviato speciale non ha più senso ma non perché è De Mistura, ma perché non è più il momento di avere un inviato speciale. Uno scenario diverso ha bisogno di ruoli e funzioni diverse. Il focus, dunque, non è tanto su De Mistura, che ha svolto ottimamente il suo ruolo, ma sul fatto che abbiamo avviato la fase dell’internazionalizzazione di cui avevamo già parlato e su cui il Parlamento si era espresso all’unanimità. Da questa nuova fase discende da un lato il rientro a Delhi dell’ambasciatore Mancini, che seguirà la conclusione delle elezioni e la formazione del nuovo governo indiano, dall’altra l’istituzione di un gruppo di esperti che accompagni la nuova fase da un punto di vista tecnico-giuridico».


L’apertura di una nuova fase significa che quella precedente era inadeguata?


«E stato il mio predecessore, Emma Bonino, a inviare la prima nota verbale che ha aperto la strada al nuovo percorso. Anche il governo precedente, dunque, a febbraio, aveva indicato questa via».


Il governo precedente, però, è stato lento e poco incisivo nell’intraprenderla.


«Di questo non parlo, né dei mesi né degli anni che hanno preceduto questo governo. Ne parleremo alla fine. Adesso occorre ragionare su quello che c’è da fare per provare a chiudere questa vicenda. È un momento in cui una lettura politica del caso non è utile. La faremo a vicenda conclusa».


Ci sono già dei nomi sul gruppo di esperti e sul coordinatore?


«Ci stiamo lavorando in questi giorni e in queste ore. Abbiamo preso l’impegno di fare un passaggio parlamentare per sottolineare che abbiamo lavorato benissimo con il Parlamento e le Commissioni di Camera e Senato. Una sinergia utilissima per mostrare agli interlocutori internazionali che l’Italia parla con una sola voce. Per correttezza istituzionale abbiamo voluto dare questa comunicazione al Parlamento prima che alla stampa e vorremmo continuare così. Ci saranno ulteriori aggiornamenti in Parlamento ma anche la massima trasparenza verso l’informazione, soprattutto con voi che su questa vicenda avete preso importanti iniziative».


Le autorità indiane hanno risposto alla nota del 18 aprile con la quale il governo italiano chiede uno «scambio di vedute?»


«No, non ancora. L’hanno ricevuta i1 21 aprile e siamo ancora in attesa della risposta».


Cosa le fa pensare che questa nuova strada possa portare al successo?


«Questo passaggio è necessario, ma non deve portare ad aspettative su una soluzione rapida. I marò e le loro famiglie sono i primi a saperlo. Il punto è approdare a un livello di discussione adeguato. C’è una divergenza sull’attribuzione della giurisdizione e queste controversie si risolvono attraverso gli strumenti del diritto internazionale. Ma la dinamica internazionale non sarà né breve né semplice. È giusto che sia chiaro per evitare aspettative d’immediatezza ed è giusto configurare il quadro nel modo più realistico possibile».


E se fallisce anche la fase dell’internazionalizzazione? «Lo vedremo a tempo debito. E’ una via complessa e lunga, l’abbiamo appena intrapresa. Ci diamo qualche possibilità di successo. La strada che abbiamo scelto ha diverse tappe. La prima è quella di un exchange of views. Se si esaurisce con successo, bene, se non si esaurisce con un dialogo, o perché non ha luogo o perché non porta a una soluzione soddisfacente in tempi rapidi, ci sono le tappe successive del ricorso agli strumenti giuridici internazionali».


Ha parlato con Latorre e Girone?


«Sì, mercoledì sera. Noi ci sentiamo spesso anche se non necessariamente ne diamo notizia».


Erano soddisfatti per la decisione del governo?

«Sì. È chiaro che loro vivono una situazione di preoccupazione, che condivido anch’io. Però sono soddisfatti del nuovo passaggio, che per loro non è una sorpresa perché ci siamo parlati in queste settimane e sapevano che stavamo andando in questa direzione».

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