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Pistelli: «Lieto fine a colpi di dialogo» (Avvenire)

Pistelli: «È stato decisivo l`aver trattato il Sudan da pari a pari»


L`incontro con Francesco: «Al solo preannuncio si è illuminata»


di Luca Liverani


“Non devo certo essere io a descrivere il carattere umano straordinario di papa Francesco e il contatto che riesce subito a instaurare. E l`incontro di Meriam è stato bello, molto intenso. Meriam d’altronde s`era illuminata, prima della partenza, già solo a sentire dell’interessamento del Papa e della possibilità di incontrarlo». Il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli parte dall`ultimo fotogramma delle 24 ore che hanno portato Meriam Ibrahim, condannata a morte per apostasia e poi scagionata, a lasciare il suo Paese grazie a un lavoro diplomatico tenace e silenzioso. Il sorriso emozionato di mamma Meriam con papa Francesco che accarezza la piccola Maya è un’immagine troppo bella per essere vera. Ma è finita proprio così.


A Ciampino aveva annunciato “incontri importanti”. Viceministro, lei che c’era ci racconta com’è andata?


E’ stata la conclusione più bella, direi. Papa Francesco ha molto lodato Meriam per il suo grandissimo coraggio, virtù che a volte, ha detto, manca ai cristiani. La disponibilità a riceverla ci è stata confermata dopo l’arrivo. Meriam è molto riservata, ma col Papa s’è sciolta. E suo marito si è commosso.


Vale la pena di riavvolgere ancora il nastro per capire com`è andata. Com`è stato possibile convincere il Sudan?


Il dialogo con le autorità sudanesi è stato sempre improntato a toni molto sobri e misurati. Ci tengo a dire che c’è stata un’ottima collaborazione. Va anche detto che questo caso di apostasia è stato l’unico in 25 anni, e il Sudan evidentemente si è reso conto che era una via senza uscita. Sottolineo che Meriam non è stata “rapita”, non ci sto ad avallare una narrazione sulla cristiana “salvata dai musulmani”. Il ministro degli Esteri sudanese Ali Karti mi ha detto che sono intenzionati a mettere mano alla Costituzione. Questo esito non sarebbe stato possibile senza la reciproca collaborazione in un dialogo da pari a pari. L’Italia con i Paesi del Corno d’Africa si pone come Paese che ascolta, non che fa la lezione. Nella regione siamo considerati un partner affidabile, senza secondi fini. In Sudan facciamo anche cooperazione sanitaria e archeologica.


Quali sono state le tappe importanti per il traguardo?


Ero in Sudan due settimane fa per una missione nella regione. E ho incontrato Meriam all’ambasciata americana, dove viveva dall’inizio di luglio dopo il fallito tentativo di espatrio: ci stiamo occupando di voi, le ho detto, abbiate ancora pazienza. Con gli Stati Uniti c’è stata una grande collaborazione, un bel gioco di squadra, sono stati rispettosi. Abbiamo dovuto aspettare che si chiudesse col 18 luglio la possibilità per un ricorso da parte delle autorità giudiziarie. Scaduto quel termine si è aperta una finestra, perché potenzialmente era libera. Era nella disponibilità delle autorità decidere se, come e chi. Mercoledì pomeriggio ho avuto il via libera e i passaporti. E allora abbiamo detto loro: “Impacchettate la vostra vita che ci muoviamo”.


Questa famiglia come ha vissuto le ore del viaggio?


Ci siamo imbarcati sull’aereo alle 4 di notte, ma lì c’è il Ramadan e la città vive dopo il tramonto. E’ stata una giornata emozionante e a bordo sono stati davvero “coccolati”. Maya ha meno di due mesi, Martin un anno e mezzo e ha scorrazzato in lungo e in largo sull’aereo. Era incontenibile, e in quell’età in cui toccano tutto quello che trovano a tiro. E’ stato fermo solo per guardare fuori solo nelle fasi di decollo e atterraggio. Ora si tratta di sbrigare le ultime pratiche consolari americane, poi con un volo di linea partiranno per New York, è plausibile entro domani (oggi per chi legge, ndr). Ora spero che questa vicenda possa essere di buon auspicio per altre situazioni di conflittualità sulla libertà religiosa. Il mio pensiero in questo momento va ai cristiani dell’Iraq, in rotta verso il Kurdistan.

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