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Di Maio: «Un parquet antiterroriste européen est une priorité» (Le Monde)

Luigi Di Maio è il Ministro degli Affari Esteri italiano nel governo guidato da Giuseppe Conte, una coalizione tra il Movimento 5 Stelle (antisistema), di cui Di Maio è stato il leader, e il Partito Democratico (centrosinistra)

Nelle ultime settimane Francia e Austria sono stati colpiti del terrorismo fondamentalista. Come possono lavorare insieme tutti paese europei par rispondere a questa sfida?

Mi lasci innanzi tutto esprimere la nostra profonda vicinanza al popolo francese ed austriaco. Il terrorismo costituisce una minaccia orribile e concreta per la nostra sicurezza, i nostri valori e le nostre libertà. I popoli europei devono essere sempre più uniti per contrastare il terrorismo. Per una questione di valori, di affinità, di integrazione tra i popoli ma anche per un dato di fatto oggettivo: le distanze sono state annullate, viviamo in uno spazio comune vulnerabileper cui un attacco contro un Paese colpisce tutti. Per questo serve un maggiore scambio di informazioni, bisogna far funzionare meglio le banche dati europee comuni, dotarsi di un sistema europeo di prevenzionedegli attacchi, approfondire l’interlocuzione con gli Stati potenzialmente più a rischio. È a questo genere di misure che mi riferisco quando parlo di Patriot Act europeo, o EuropeanAct, se vogliamo usare le recenti parole del Ministro dell’Interno francese. Ma non è importante come lo chiamiamo; quello che conta è assumere rapidamente delle iniziative concrete: penso, ad esempio, all’istituzione di una Procura Antiterrorismo europea.

La risposta francese a questa sfida ha creato un movimento di rabbia nel mondo musulmano. Ha anche aggravato il confronto con la Turchia. L’Italia sostiene la Francia in questo confronto?

L’Italia ha espresso piena solidarietà alla Francia e ritengo che gli attacchi personali del Presidente Erdogan al Presidente Macron siano inaccettabili. Voglio essere molto chiaro: ci aspettiamo da tutti la più ferma condanna del terrorismo e non intendiamo indietreggiare neanche di un millimetro sulla difesa di libertà essenziali come quella di espressione e di culto. Il fenomeno è evidentemente complesso per cui il terrorismo e l’estremismo violento possono essere sconfitti soltanto con un approccio che coniughi gli aspetti di sicurezza alla necessità di affrontare le cause profonde della radicalizzazione. Nel combattere la deriva estremista dobbiamo continuare a rimanere saldi nei nostri principi e nei nostri valori, perché le nostre democrazie sono più forti della minaccia terroristica.  

Pensa che la Turchia sia ancora un interlocutore affidabile per l’Europa, dalla Libia al confronto contro la Grecia?   

Non ritengo che siano state le recenti tensioni con la Francia adaver aggravato il confronto con la Turchia, che ha cause molto più complesse. 
Nonostante diverse azioni unilaterali che abbiamo condannato, la Turchia rimane comunque un Partner strategico e un alleato in ambito NATO, oltre che un interlocutore ineludibile su alcuni dossier per noi prioritari quali la Libia, le migrazioni e le politiche energetiche. Per questo, rimango convinto che sia nostro interesse comune mantenere un dialogo esigente ma costruttivo con Ankara, di certo molto più vantaggioso per tutti rispetto allo scontro, che crea solo instabilità, finendo per danneggiare tutti.

Negli ultimi giorni sono arrivati a Lampedusa circa 2000 migranti della Tunisia. Pensa che siamo di fronte a une nuova onda in questa crisi chi ha iniziato 10 anni fa ? Quale dovrebbe essere il ruolo dell’Europa ?  

Le migrazioni sono fenomeni costanti che hanno accompagnato da sempre la storia dell’Europa, ma devono essere gestiti, altrimenti ci si ritrova sempre a rincorrere un’emergenza dopo l’altra senza vederne la fine. In un momento delicato come questo, in cui siamo già siamo in forte sofferenza per la pandemia, non possiamo permetterci ingressi incontrollati in Europa. Abbiamo bisogno di un cambio di passo da parte dell’Unione Europea e ne abbiamo bisogno subito. La proposta della Commissione per un Nuovo Patto su Migrazione e Asilo è al momento incompleta. Se si dichiara di voler superare l’Accordo di Dublino, occorre anzitutto rivedere il meccanismo che addossa gli oneri di accoglienza allo Stato di primo approdo. Allo stesso modo, bisogna sciogliere il nodo dei rimpatri: dovrebbero essere non solo coordinati, ma anche finanziati dall’Unione europea. Occorre mettere fine agli ingressi illegali, chi vuole entrare in Europa deve poterlo fare solo legalmente.

Come si possono controllare i confini, sia al interno della zona di Schengen (con Francia e Austria) che fuori (nel Mediterraneo o nelle Balcani) ? Dobbiamo chiudere tutto nel contesso di questa pandemia? 

Lo spazio Schengen è una delle principali conquiste dell’integrazione europeama è chiaro che in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo si deve essere pronti ad adottare misure eccezionali, se necessarie a tutelare la salute dei cittadini. L’Italia ha sempre sostenuto un coordinamento europeo per ciò che riguarda eventuali misure restrittive ai confini interni. Abbiamo dunque sostenuto, lo scorso ottobre, l’adizione, da parte della Commissione UE di una Raccomandazione, estesa a tutti i Paesi Schengen, che identifica criteri comuni per la valutazione del rischio epidemiologico di ciascun Paese e leconseguenti misure da adottare. Per quanto riguarda i confini esterni dell’UE, ci vuole evidentemente un accresciuto rigore e, come ho già detto, è urgente unariforma del sistema europeo di asilo che ripartisca equamente gli oneri derivanti dalla gestione dei richiedenti asilo e disincentivi, conseguentemente, i movimenti secondari.

Il sostegno europeo all’economia italiana e stato molto importante nei mesi scorsi. Pensa che basterà? Pensa che apre una nuova fase europeista in Italia? 

Di fronte a uno shock imprevisto e imprevedibile, l’Unione europea ha scelto di reagire con un approccio ambizioso e proiettato verso il futuro: la realizzazione del più grande progetto di rilancio economico comune che sia mai stato concepito. Per raggiungere un’intesa abbiamo dovuto infrangere tabù e trovare soluzioni innovative, ora però occorre mettere in pratica il piano con tempestività ed efficacia. 
Dobbiamo mantenere la parola e la speranza date ai cittadini europei, che attendono un sostegno concreto e deciso da parte dell’Europa e dei Governi, soprattutto ora che la pandemia è purtroppo tornata a mordere: non abbiamo più neanche un minuto da perdere.
Dobbiamo innanzitutto concludere il negoziato a livello europeo sul pacchetto di “recovery” e sono fiducioso che questo avverrà presto, anche grazie al lavoro encomiabile della Presidenza di turno tedesca ma ciò potrebbe non bastare. La seconda ondata della pandemia sta infatti causando nuovi e profondi danni alle nostre economie per cui dovremmo cominciare a ragionare su un innalzamento del livello di ambizione della risposta europea.Quanto all’avvio di una nuova fase europeista, io credo che i cittadini non dimenticheranno chi li ha aiutati nel momento del bisogno. I Governi e le Istituzioni europee hanno scelto di agire insieme per sostenere chi è stato maggiormente colpito e rafforzare la resilienza dell’intera Unione di fronte alle crisi future.  Se riusciremo a mettere in pratica quanto convenuto – e sono convinto che ci riusciremo – si aprirà una nuova fase di europeismo in Italia.

 

Leggi l’intervista in lingua originale

 

Di Maio: «Un parquet antiterroriste européen est une priorité» (Le Monde)

Luigi Di Maio est le ministre italien des affaires étrangères, dans le gouvernement dirigé par Giuseppe Conte, qui rassemble le Mouvement 5 étoiles (antisystème), dont il a été le chef, et le Parti démocrate (centre gauche).

La France et l’Autriche ont subi récemment plusieurs attaques djihadistes. Comment l’Europe peut-elle répondre à ce défi?

Je voudrais avant tout exprimer ma pleine solidarité à la France et à l’Autriche. Les peuples européens doivent étre toujours plus unis pour affronter le terrorisme. Pour des raisons de valeurs, d’affinités et d’intégration entre les peuples, bien sûr, mais aussi en raison d’un état de fait objectif: les distances n’existent plus, nous vivons dans un espace commun vulnérable, où l’attaque d’un pays nous touche tous. Pour cela, il nous faut un meilleur échange d’informations, mieux faire fonctionner les banques de données européennes, se doter d’un système européen de prévention des attaques et approfondir les collaborations entre les Etats les plus à risque. C’est à ce genre de mesures que je me réfère quand je parle d’un «Patriot Act » européen, ou d’un «European Act», si l’on veut utiliser l’expression du ministre de l’intérieur français, Gérald Darmanin. Ce n’est pas le nom qui est important; ce qui compte, c’est de prendre vite des initiatives concrètes. Je pense plus précisément à l’institution d’un parquet antiterroriste européen, qui, pour moi, est une priorité.

La réponse française à la menace terroriste a créé un large mouvement de colère dans le monde musulman et conduit à une escalade verbale très forte entre Paris et Ankara. L’Italie soutient-elle la France dans cette affaire?

L’Italie a exprimé sa pleine solidarité à la France, et je répète que les attaques personnelles du président Erdogan envers Emmanuel Macron sont inacceptables. Je voudrais être très clair: nous attendons de tous la condamnation la plus ferme possible du terrorisme, et nous ne reculerons pas d’un millimètre sur des principes essentiels comme la liberté d’expression et la liberté de culte. Le terrorisme et l’extrémisme violent ne pourront étre vaincus que grâce à une approche qui concilie les aspects sécuritaires et la nécessité de prendre en compte les causes profondes de la radicalisation. Lorsque nous combattons les dérives extrémistes, nous devons rester fermes sur nos valeurs, parce que nos démocraties sont plus fortes que la menace terroriste.

Pensez-vous que la Turquie soit encore un interlocuteur fiable pour l’Europe, de la Libye à la Méditerranée orientale?

Je ne crois pas que les récentes tensions avec la France ont aggravé les différends avec la Turquie, qui ont des causes autrement plus complexes. A côté de ses actions unilatérales, que nous avons condamnées, la Turquie reste un partenaire stratégique, et un allié au sein de l’OTAN, en plus d’un interlocuteur incontournable sur plusieurs dossiers centraux pour nous, comme la Libye, les migrations et les politiques énergétiques. Pour cela, je reste persuadé qu’il est de notre intérét commun de conserver un dialogue exigeant mais constructif avec Ankara. C’est sans doute préférable à l’affrontement, qui crée de l’instabilité et finit par faire du tort à tous.

Ces derniers jours, près de 2000 migrants sont arrivés à Lampedusa depuis la Tunisie. Quel devrait être, selon vous, le rôle de l’Europe?

Les migrations sont un phénomène qui accompagne depuis toujours l’histoire de l’Europe, mais il faut gérer ce phénomène, sans quoi nous nous retrouverons indéfiniment à affronter les urgences, les unes après les autres. Dans un moment délicat comme celui-ci, où nous souffrons de la pandémie, nous ne pouvons pas nous permettre d’entrées incontrôlées en Europe. Nous avons besoin d’un changement de rythme de l’Union européenne [UE], et nous en avons besoin tout de suite. La proposition de la Commission pour un nouvel accord sur les migrations et l’asile est, pour l’heure, incomplète. Si l’on déclare qu’on veut revoir l’accord de Dublin, alors il faudra aussi revoir le mécanisme qui fait peser le coût de l’accueil sur le pays d’entrée dans l’Union européenne [chargé à ce stade de traiter les demandes d’asile]. De la méme manière, il faudra dénouer la question des rapatriements. Ils doivent étre non seulement coordonnés, mais aussi financés par l’UE. Il faut mettre fin aux entrées illégales: celui qui entre sur le sol européen ne devrait pouvoir le faire que légalement.

Le plan de relance agréé par l’UE est-il de nature à ouvrir une nouvelle période proeuropéenne pour l’Italie, après des années de montée de l’euroscepticisme?

Les citoyens n’oublieront pas qui les a aidés quand ils en avaient besoin. Les gouvernements et les institutions ont choisi d’agir ensemble pour soutenir ceux qui ont été le plus durement touchés et renforcer la résilience de l’Europe tout entière face aux crises futures. Si nous réussissons à mettre en pratique tout cela — et je suis persuadé que nous y arriverons —, alors, oui, je crois qu’une nouvelle phase proeuropéenne va s’ouvrir en Italie.

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