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Il Made in Italy è sinonimo di qualità (Milano Finanza)

Caro Direttore, dopo un periodo difficile, che ci ha visti costretti a modificare le abitudini di consumo e di vita, l’Italia sta ripartendo. Nel Paese vedo il desiderio di rilancio, viaggiando all’estero e confrontandomi con interlocutori stranieri percepisco chiaramente che nel mondo c’è sempre più voglia d’Italia. Il Made in Italy è sempre più considerato sinonimo di qualità, non solo nei mercati tradizionali di destinazione del nostro export, ma anche nei Paesi emergenti, dove stanno rapidamente crescendo le classi medie e con esse i potenziali fruitori dei prodotti di alta qualità provenienti dall’Italia.

Esiste dunque un ampio margine di crescita per il settore che Confindustria definisce «Bello e Ben Fatto»: concetto che racchiude quei beni che rappresentano l’eccellenza italiana in termini di design, cura, qualità dei materiali e delle lavorazioni. Secondo le analisi di Confindustria, il potenziale di crescita di questo settore è di 45 miliardi di euro, ossia più del 50% del valore attuale del settore.

E’ indubbio che un ruolo trainante sia giocato dalla moda, uno dei settori di punta del Made in Italy, che mette insieme creatività, ricerca, innovazione e le unisce a un altro fattore cruciale, ossia l’attenzione ai dettagli e ai bisogni quotidiani. In termini numerici, il tessile-abbigliamento rappresenta il terzo settore manifatturiero della nostra industria: sono oltre 65 mila le aziende attive sul territorio e 580mila gli addetti, pari al 12,5% dell’occupazione del manifatturiero.

Un settore caratterizzato da una spiccata vocazione all’export: basti pensare che prima dell’emergenza sanitaria esportava beni per un valore pari a più di 33 miliardi di euro, rendendo l’Italia il quarto esportatore mondiale di articoli di abbigliamento.

Come sappiamo, la pandemia ha costretto anche il comparto della moda a una battuta d’arresto. Restrizioni alla libera circolazione, rallentamento dei consumi, chiusura delle fiere e cambiamenti nelle interazioni sociali sono stati determinanti in questo ambito.

Oggi, grazie anche alla campagna vaccinale e a tutti gli strumenti messi in campo per sostenere le imprese, l’economia si sta riprendendo e la moda italiana è di nuovo pronta a correre, offrendo ai consumatori di tutto il mondo eleganza, tradizione e sostenibilità che contraddistinguono l’abbigliamento italiano.

Il ritorno di manifestazioni come Pitti Uomo a Firenze -cui ho avuto il piacere di partecipare nelle scorse settimane- è un segnale importante, al quale occorre dare continuità. Lo stiamo già facendo, con una strategia organica per accompagnare le fiere italiane anche dopo la pausa estiva.

A sostegno di questo settore, il ministero degli Affari Esteri, con Simest e Ice-Agenzia, ha varato una serie di misure finanziarie e promozionali, come l’apertura di una componente del Fondo 394 dedicata alle fiere, con finanziamenti fino a 10 milioni di euro, di cui 800mila a fondo perduto. Abbiamo poi ampliato l’ambito d’applicazione della componente generale del Fondo 394/81 al territorio dell’Unione Europea, Italia inclusa. Significa che le aziende italiane possono beneficiare dei finanziamenti anche per la partecipazione a fiere internazionali che si svolgono sul territorio italiano e che restano un momento centrale nell’interazione con i buyer stranieri.

A ciò si accompagnano iniziative mirate a stimolare l’utilizzo da parte delle pmi, dell’e-commerce come canale di vendita. Si tratta di un contesto internazionale in cui l’Italia sconta un notevole ritardo, ma che al contempo offre straordinarie opportunità. La Farnesina è da tempo al lavoro con Ice-Agenzia per promuovere i nostri prodotti sui Marketplace di maggior successo, massimizzando la visibilità del Made in Italy tramite appositi corner riservati a tutti i brand italiani. Abbiamo incaricato Agenzia Ice di stipulare accordi con i principali operatori mondiali del commercio digitale, inclusi colossi globali come Amazon e Alibaba. Già 900 imprese italiane grazie all’intesa raggiunta con Alibaba, fanno parte di un padiglione virtuale interamente dedicato ai prodotti del nostro Paese.

Puntiamo anche a sostenere il Made in Italy in una fase di cambiamento, che sarà sempre più incentrata su innovazione digitale e sostenibilità, parole chiave per garantire la competitività delle imprese negli anni a venire.

In questo ambito entrerà in gioco il piano Next Generation EU: nel quadro degli obiettivi di sostenibilità e digitalizzazione del Piano, avremo a disposizione risorse pari a 1,2 miliardi di euro che impiegheremo, attraverso la rimodulazione del Fondo 394/81, per l’internazionalizzazione di almeno 4.000 pmi.

Non intendiamo fermarci qui: questa pandemia, insieme alla straordinaria capacità di risposta delle imprese italiane, ha dimostrato una volta di più quanto importante sia sostenere con un’adeguata potenza di fuoco il nostro export. Per questo stiamo lavorando per rendere strutturale, sin dalla prossima Legge di Bilancio, il supporto del Governo all’internazionalizzazione. Inoltre, siamo già impegnati a ridurre concretamente i divari che ancora esistono, a livello territoriale e dimensionale, in termini di conoscenza e accesso agli strumenti disponibili e di competenze in materia d’internazionalizzazione.

Vogliamo così coniugare l’affermazione delle nostre imprese sui mercati esteri con una serie di priorità di carattere nazionale, tra cui: transizione verde e digitale, sostegno alle start-up innovative, valorizzazione del capitale umano, rafforzamento patrimoniale delle imprese, mitigazione degli effetti della crisi pandemica su mercato del lavoro e investimenti. Sono convinto che queste risorse moltiplicheranno l’efficacia della nostra azione e favoriranno lo sviluppo di una nuova fase dell’imprenditoria italiana, soprattutto a beneficio delle giovani generazioni. Una fase che consenta la piena valorizzazione delle nostre straordinarie tradizioni produttive, mettendo al loro servizio le enormi opportunità offerte dalla nuova frontiera tecnologica.

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