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Antonio Tajani: «L’Italia non invierà soldati a combattere in Ucraina» (Il Gazzettino)

Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, segretario nazionale di Forza Italia, è stato ieri pomeriggio nella redazione de II Gazzettino a Mestre per un forum che ha spaziato dai conflitti internazionali alle manovre per la successione di Luca Zaia in Regione. Ecco l’intervista.

Cosa sta succedendo in Europa rispetto al conflitto russo-ucraino? L’asse tra Macron e Scholz prefigura un impegno diverso e più diretto della Ue.

«Noi non siamo in guerra con la Russia, tutti gli aiuti che diamo, anche di tipo militare, servono a proteggere l’indipendenza dell’Ucraina, non a fare la guerra alla Russia. Non invieremo neanche un soldato italiano a combattere. E tutti i nostri strumenti militari devono essere utilizzati all’interno del territorio ucraino».

Una divisione sarebbe un segnale di debolezza dell’Europa.

«Il dibattito è ancora aperto, non si è mai parlato di inviare militari. Sia a livello Nato che europeo si decide insieme».

Quanto c’è di clima elettorale in queste prese di posizione?

«Vedremo dopo le elezioni europee e prima che cominci la campagna elettorale francese, poi ci saranno anche quella tedesca e quella statunitense. Speriamo che le campagne elettorali non condizionino troppo le scelte. L’Italia lavora per la pace in Ucraina e in Medio Oriente. Siamo amici dell’Ucraina, ma non siamo in guerra con la Russia, siamo amici di Israele ma vogliamo che siano rispettati i diritti della popolazione civile palestinese, siamo contro l’attacco a Rafah, siamo per l’immediato cessate il fuoco e per la liberazione degli ostaggi israeliani. Siamo per uno Stato palestinese ma che nasca quando c’è il mutuo riconoscimento con Israele».

Il presidente del Ppe, Weber, ha detto che Salvini è isolato ed ha attribuito a lui e alla Le Pen la responsabilità di avere legittimato forze estremiste: c’è il rischio che in Europa si crei una maggioranza che veda i partiti al governo oggi in Italia in posizioni differenti?

«lo credo che si possa lavorare per una maggioranza composta da liberali, popolari, conservatori, la stessa maggioranza alternativa alla sinistra che ho guidato quando sono stato eletto presidente del Parlamento Europeo nel 2017. Dipende dai numeri: nel Parlamento europeo non ci sono coalizioni precostituite, si costruiscono maggioranze in base ai numeri che ci stanno. Identità e Democrazia? Alternative für Deutschland è una forza che anche loro hanno espulso, io stesso, quando parlavano di classi differenziali per i bambini con disabilità, dissi che erano dichiarazioni che facevano schifo».

L’ha detto anche qualcun altro in Italia.

«Io mi riferivo all’Afd, ma non lo condivido lo stesso. La verità è che nessuno farebbe accordi con Id, anche senza Afd. La Lega da sola potrebbe avere qualche possibilità in più e noi non saremmo contrari, ma è tutto da costruire, ben sapendo che apparteniamo a famiglie europee diverse. Noi abbiamo fermato i socialisti e Timmermans con Ursula von der Leyen, la Lega non ha votato, Fratelli d’Italia neanche, ma anche quando sono stato eletto presidente del Parlamento Europeo Id non mi ha votato, né la Lega né Le Pen. Io mi auguro che si possa fare una maggioranza liberale, popolare e conservatori: se la Lega si avvicina a questa coalizione io ne sono ben lieto».

Ma Marine Le Pen sembra aver modificato alcune sue posizioni più radicali.

«Ma abbiamo visioni diverse sull’energia, lei inoltre vuole uscire dal comando militare Nato. Alla fine decidono i partiti che aderiscono al Ppe e nessuno farebbe un accordo con Le Pen».

Von der Leyen è la candidata commissario Ue del Ppe. C’è anche un piano B? Ad esempio, Tajani?

«Io? Sono lusingato, evidentemente è piaciuto quello che ho fatto in 30 anni di lavoro e sono quello che ha più esperienza di tutti, ma credo che quella stagione per me si sia conclusa, voglio mettere a disposizione dell’Italia tutto il bagaglio di conoscenze che ho. Come diceva Pertini, hic manebimus optime».

Redditometro, spalma-crediti, leva obbligatoria: solo schermaglie elettorali o questioni che vengono al pettine dentro la maggioranza?

«Siamo una coalizione elettorale, se fossimo d’accordo su tutto saremmo un partito unico. Siamo leali con il patto di governo e non faremmo mai nulla per mettere in difficoltà il governo. Non abbiamo condiviso l’emendamento sulla tassa sullo zucchero e sullo spalma-crediti, non era concordato, ma oggi tutti insieme abbiamo fatto la riforma della giustizia, una riforma che punta a depoliticizzare la magistratura come vogliono gli italiani. La leva militare obbligatoria? Non credo sia utile al nostro esercito, costerebbe troppo e poi non basta mettere una giacca con le stellette per diventare un militare. Se serve a educare le persone, meglio fare di più a scuola, nelle famiglie, nel volontariato di protezione civile».

Presidenzialismo: un vostro cavallo di battaglia. Ma l’eventuale referendum non metterebbe a rischio la tenuta del governo?

«No, saranno i cittadini a decidere se vogliono la continuità di governo e un governo frutto di scelta del popolo. Io credo che si vada nella giusta direzione, tra l’altro non si toccano i poteri del capo dello Stato e si garantisce la stabilità internazionale senza più il valzer dei ministri ogni sei mesi».

In Veneto ci sono migliaia di richieste di cittadinanza italiana da parte di brasiliani. I sindaci sono in difficoltà.

«Sì, ci sono maglie molto larghe per la concessione della nazionalità. Abbiamo verificato che c’era tanta documentazione falsa, ad esempio lo stesso certificato del trisavolo presentato per più persone. Sono in corso ispezioni rigorose da parte del ministero degli Esteri con équipe formate da carabinieri e finanzieri: si va nelle ambasciate e nei consolati a vedere che non ci siano imbrogli o leggerezze. Ma penso che ad un certo punto bisognerà modificare la legge. A proposito di Brasile, è in volo l’aereo con gli aiuti per le zone alluvionate».

Tre famiglie venete e una lombarda stanno cercando di far arrivare in Italia i bambini adottati ad Haiti. A che punto siamo?

«Stiamo cercando di far fare il riconoscimento nel modo più facile possibile e, se riusciamo, con un volo speciale portarli in Italia. Se ne sono occupati anche il senatore Zanettin e l’eurodeputata Moretti».

In Veneto si parla di un accordo tra Forza Italia e Fratelli d’Italia per le prossime Amministrative: a voi la Regione, ad Fdi il Comune di Venezia.

«Sia per il Comune di Venezia che per la presidenza della Regione abbiamo nomi di livello, persone di grande esperienza che possono svolgere in maniera egregia questi ruoli. Poi toccherà alla coalizione trovare accordo. Certamente non faremo da spettatori, valuteremo le proposte degli altri e noi faremo le nostre. In Veneto e in tutto il Nord Italia serve una situazione di equilibrio. Noi abbiamo la qualità da offrire. Per la Regione Veneto penso a Flavio Tosi che ha grande esperienza come parlamentare, assessore regionale, sindaco. Per Venezia qualche idea ce l’ho ma adesso è un po’ prematuro». (E qui ammicca all’assessore veneziano Michele Zuin che gli siede accanto, ndr).

Luigi Brugnaro candidato governatore lo sosterreste?

«Ho un ottimo rapporto con Brugnaro, abbiamo fatto l’accordo di sostegno al Partito Popolare, certamente sarebbe un nome eccellente, ma con lui non ne ho mai parlato. Noi non vogliamo imporre niente, ma neanche che ci siano veti. Ricordando sempre che i candidati di Forza Italia allargano i confini del centrodestra, come si è visto in Basilicata con Vito Bardi».

Se l’assessore Donazzan sarà eletta in Europa, ci sarà un rimpasto nella giunta veneta: rivendicherete una presenza?

«Siamo inspiegabilmente fuori dalla giunta regionale. Sempre leali e corretti, abbiamo chiesto di farne parte, prendiamo atto che si è deciso di non farlo. Quando sei fuori non sei vincolato a nulla: se le cose non vanno bene, non dipende da noi».

Elezioni Europee, puntate al risultato a due cifre…

«Le sensazioni sono buone, stiamo lavorando per questo obiettivo. I dati che vengono dai voti veri di Molise, Basilicata e Abruzzo ci danno fra il 12-13-14%. Anche in Sardegna, dove si è perso per un errore finale di scelta del candidato, comunque siamo sul 12-13%».

Dopo la scomparsa di Berlusconi, Forza Italia era data per morta. Cos ‘e successo?

«È successo che i nostri elettori, anche per merito di Berlusconi, convinti della bontà delle idee, hanno detto: rimbocchiamoci le maniche e andiamo avanti. Abbiamo fatto i congressi, rafforzato la nostra identità mostrandoci credibili e affidabili. C’è voglia di una forza come la nostra. Tra Meloni e Schlein non c’è niente. E noi quello spazio lo vogliamo occupare».

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