Ministro Antonio Tajani, che succede? Meloni e Salvini si incontrano per mettere a punto strategie senza di lei?
«Non succede proprio nulla. Il centrodestra è unito e tale rimarrà, il governo gode di buona salute. Ho appena parlato con entrambi, siamo d’accordo per vederci il 30 agosto per fare il punto sulla ripresa e stabilire le priorità in vista della Finanziaria. Manovra economica, sicurezza, crescita, abbassamento del costo del denaro. Questi sono gli impegni in vista dell’anno che verrà. Poi anche nomine Rai, indicazione del nome del commissario europeo e dossier carceri, materia sulla quale siamo molto attenti».
Non è che mentre parliamo Meloni e Salvini stanno discutendo anche di come fermare l’attivismo di FI?
«Lo escludo proprio. È un incontro conviviale, erano entrambi in Puglia e si sono visti, ci sono le famiglie, gli amici… Si fanno troppi retroscena su cose assolutamente normali. Di tutto parleremo insieme il 30 agosto».
Allora veniamo alla scena: sulla cittadinanza per i figli di stranieri nati o cresciuti in Italia il centrodestra è diviso. Un bel problema?
«No, perché non è un tema dell’agenda di governo e non c’è nulla di male nell’avere posizioni diverse su alcuni argomenti tra partiti che pure sono alleati e leali. Se avessimo tutti la stessa idea su tutto, saremmo un partito unico. Si può essere nel centrodestra e avere visioni diverse su alcuni nodi. Non è debolezza, è forza: si allarga il campo dei potenziali elettori».
Voi però su questo sembrate più vicini alla sinistra che alla destra: siete per lo ius scholae.
«Noi non siamo vicini o, peggio, a traino della sinistra. Tantomeno facciamo “inciuci”. Tutto quello che pensiamo lo diciamo, ci muoviamo alla luce del sole. Sullo ius scholae la nostra posizione è la stessa da molto tempo. Berlusconi era favorevole, e a destra non era un tabù. Non è un argomento di sinistra, è una presa d’atto rispetto a una realtà che cambia. E noi non abbiamo nessuna intenzione di lasciare alla sinistra una posizione che è e può essere anche di centrodestra. I diritti non sono della sinistra, sono di tutti».
Quindi porterete avanti lo ius scholae, anche se Lega e Fdl sono contrari?
«Ripeto, ora le priorità del Paese sono altre. Ma discuteremo proposte equilibrate prima di tutto con i nostri alleati, poi se altri vogliono collaborare e aggiungersi, ben vengano. Il Parlamento ha la possibilità di confrontarsi su un tema così attuale. Nessuno può dire all’altro “non devi parlare di questi temi o fai un favore alla sinistra”: non prendiamo lezioni su come ci si oppone alla sinistra e non rinunciamo ai nostri principi. Non lo accettiamo. Possiamo pensarla diversamente, ma ciascuno può presentare proposte, non è un tema che riguarda l’agenda di governo».
E sul caso che coinvolge Arianna Meloni, che sarebbe a rischio di indagine secondo indiscrezioni, che ne pensa?
«Non vorrei che ci fosse una strumentalizzazione a fini politici per indebolire il presidente del Consiglio e il governo, usando il filone giudiziario come si faceva con Berlusconi».
Quindi solidarietà all’alleata ma continuerete a parlare dei temi che vi stanno a cuore?
«Non può essere vietato discutere della concessione della cittadinanza per ragazzi che sono nati o vivono e studiano qui, che si sentono italiani, che conoscono la nostra lingua e cultura, che vogliono contribuire alla vita del Paese. E questo indipendentemente dal colore della loro pelle. Ci sono persone di pelle non bianca che lavorano nelle forze armate, che difendono il nostro Paese. Perché dovrebbero essere diversi da altri? Vanno bene solo se vincono medaglie? O sono meglio i tanti che magari vivono in Sud America, totalmente disinteressati a stare qui ma chiedono il passaporto italiano solo perché è utile? Dovremmo essere più duri su questo».
Perché i suoi alleati si oppongono?
«Ne parleremo, ognuno ha la sua sensibilità. Noi abbiamo la nostra, non ci rinunciamo. Ci sono tantissimi italiani che non sono schierati a sinistra o a destra e che condividono la nostra visione: noi offriamo loro risposte alle loro domande su tanti temi, vogliamo essere punto di riferimento – come dico spesso un centro di gravità permanente – per tanti elettori che lo stanno cercando».
Intanto servono scelte importanti, a partire dal commissario europeo che l’Italia non ha ancora indicato: sarà Fitto, anche se andrebbe sostituito al ministero?
«Se ne parlerà con von der Leyen, io credo che lui sarebbe la scelta migliore. Perché è preparato e ha esperienza in Europa, fondamentale per trattare i dossier. Sostituirlo come ministro non può essere un problema: tanti conoscono le dinamiche di un ministero in Italia, pochissimi quelle europee, e lui le conosce. E l’uomo giusto».
Su Autonomia e carceri c’è meno accordo…
«Sull’Autonomia abbiamo solo detto che vigileremo che, prima che entri in vigore, siano stabiliti i Lep. È una posizione che mi sembra costruttiva e seria. Sulla giustizia siamo col ministro Nordio: le carceri non devono essere una tortura, ma un luogo dove scontare la pena in modo umano, per poi poter essere reinseriti nella collettività. Non siamo né per amnistie né per indulti. Ci sono tre modi per intervenire: pena da scontare in comunità per i tossicodipendenti, più giudici di sorveglianza e modifiche sulla carcerazione preventiva».