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Antonio Tajani: “Nel decreto Ucraina aiuti ai civili ma ci saranno per forza anche le armi” (La Stampa)

«Il decreto Ucraina? Ci saranno soprattutto aiuti civili, certo. Ma anche armi». Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani non ha dubbi. Intervistato a La Stampa, dove è stato a portare la propria solidarietà dopo l’assalto alla redazione di via Lugaro 15 («un’azione da nazisti»), risponde sui temi più caldi di questi giorni. Sulla manovra, dopo il vertice urgente con il vicepremier Matteo Salvini e il ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti convocato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, si dice ottimista: «Tutto risolto. E stata un’incomprensione interna alla Lega. Il Senato darà il via libera entro Natale». Difende la scelta «europeista» di utilizzare il bilancio di Bruxelles, blinda la coalizione, «le discussioni sono normali, abbiamo posizioni diverse», e annuncia: «Mi candiderò al congresso di Forza Italia. Sono pronto alle sfide, ma sono abituato a vincerle». Mentre si trova a Torino, fuori c’è il corteo per la chiusura del patto con il centro sociale Askatasuna: «Sono figli di papà che se la prendono con i figli del popolo. Quel centro sociale è portatore di violenza».

Ministro, per gli aiuti all’Ucraina avete deciso, a Bruxelles, di non utilizzare gli asset congelati russi, ma il bilancio europeo. Perché questa scelta? C’è stata una pressione da parte di Trump?

«No, assolutamente. Abbiamo sempre espresso molti dubbi sulla base giuridica dell’utilizzo degli asset congelati, la Banca centrale europea ha espresso parere contrario, e non credo che senta la pressione di Trump. Vogliamo solo evitare il rischio di ricevere una condanna da parte della Corte di Giustizia in caso di contestazione: sarebbe uno schiaffone dalla Russia ai difensori dello Stato di diritto. Una bruttissima figura, politicamente inaccettabile. E chi avrebbe restituito i soldi? I singoli Paesi? Per aiutare l’Ucraina allora sì, usiamo il bilancio europeo, facciamo debito: è una scelta positiva dal punto di vista giuridico, politico ed europeista».

Non si temeva che utilizzare gli asset russi potesse far saltare gli incontri di Miami?

«Non credo sia stata questa la ragione. Si volevano soprattutto tutelare le casse degli Stati. Così come è stata fatta la scelta giusta sul Mercosur, che ci porterà a firmare un accordo fondamentale per lo sviluppo dell’export anche del nostro Paese, visto che l’export rappresenta un po’ meno del 40% del prodotto interno lordo italiano».

Parlando sempre di Kiev, in Consiglio dei ministri arriverà il decreto Ucraina. Si è parlato di aiuti civili. Ma sono comprese anche le armi?

«Adesso vedremo il testo quale sarà, ma si parla prevalentemente di aiuti civili, che serviranno alla popolazione per non diventare vittima del “generale inverno”, che rischia di fiaccare l’Ucraina più delle armi russe. Putin ha colpito le centrali idroelettriche, dove nasce l’energia anche per la popolazione e su questo vogliamo lavorare. Poi si potranno inviare anche armi, ma la prima preoccupazione è questa, perché i russi vogliono fiaccare la resistenza del popolo ucraino, più che quello delle forze armate ucraine, visto che grandi successi non ne hanno avuti».

Cosa intende?

«In questi anni la Russia ha conquistato, compresa la Crimea che già aveva, il19,3% totale del territorio ucraino, con centinaia di migliaia di morti, quindi non è stato un grande successo militare».

Quindi le armi ci saranno in questo decreto Ucraina?

«Si, per forza».

Questo non rischia di far infuriare la Lega?

«Ne stiamo discutendo e non ci dobbiamo arrabbiare neanche noi. Se la Lega vuole che si insista molto sull’aspetto degli aiuti civili bene, noi siamo d’accordo. “Prevalentemente”, però, non esclude di inviare anche aiuti militari, che può significare anche equipaggiamento».

Sarete nel Board for Peace per Gaza?

«Sì, dovremmo entrare. Ce lo chiedono perché noi siamo ben visti da tutti, palestinesi e israeliani, non abbiamo nemici, siamo mediatori e non arroganti. E lo stesso motivo per cui siamo riusciti a portare gli aiuti con il World Food Programme, 2.500 tonnellate di cibo. Certamente continueremo a formare la polizia palestinese».

Tornando agli equilibri all’interno della coalizione, venerdì sera c’è stato un vertice sulla manovra e si è fatto un passo indietro sulle pensioni. Ma la Lega ha davvero minacciato di far cadere il governo?

«No, assolutamente. C’è stata una questione di misunderstanding probabilmente all’interno della Lega stessa sul maxi-emendamento. Ma ora è tutto risolto. A un certo punto si era pensato di fare un decreto per dare la copertura e affrontare tutte le questioni che rischiano di rimanere in sospeso, però abbiamo visto che anche qui non c’era la base giuridica per fare un decreto a latere. Quindi si è deciso, nel vertice, di fare un nuovo maxi-emendamento che desse copertura e desse risposte ad alcuni impegni che abbiamo preso. Sarà una manovra che aiuterà il ceto medio e il mondo produttivo: questi sono i due elementi chiave».

Quindi nonostante gli scontri sugli affitti brevi, le banche e le pensioni, la coalizione è ancora solida?

«Sì, perché quello che conta è la sintesi. Da che mondo è mondo, quando c’è la mano- vra ci sono battibecchi, d’altronde siamo tre partiti differenti e abbiamo anche su alcune questioni sensibilità differenti. Forza Italia è molto attenta al mondo che produce, a non dare anche segnali negativi ai mercati finanziari e abbiamo difeso anche la casa».

A proposito di Forza Italia, sarà lei il candidato unitario al congresso osi aspetta di sfidare i suoi vicesegretari?

«E ancora presto per parlarne, ma certo io mi ricandiderò. Il congresso è un luogo di confronto, di idee, dovranno essere eletti quattro vice segretari come è previsto, ognuno può partecipare. Il mio disegno è stato quello che si sta realizzando di trasformare Forza Italia in un partito dove la classe dirigente viene eletta dalla base. Non abbiamo più un grande leader, fondatore, carismatico: non esiste Berlusconi 2, io non sono Berlusconi 2, sono un segretario eletto e credo sia giusto, visto che il mandato dura tre anni, che si scelga il nuovo leader che dovrà portare Forza Italia alle elezioni».

I segnali che qualcuno voglia sfidarli ci sono…

«Io non cambio posizione, sarò in Forza Italia in ogni caso, da segretario o meno. Ho fatto anche cose più importanti nella vita. Non so se ci saranno unoo due candidati, se qualcuno vuole correre ben venga: è la democrazia».

Insomma, è aperto alla sfida.

«Io sono sempre aperto alle sfide, fa parte della mia vita. Mi sono candidato a presidente del Parlamento europeo, lì do- ve c’è il sistema proporzionale puro con le preferenze, più sfida di quella non c’è. E poi, fino ad ora, ho sempre vinto».

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