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Tajani “Pronti a dire sì su nuove sanzioni a Mosca. L’Italia valuti il piano Ue per la Difesa” (La Stampa)

Tajani “Pronti a dire sì su nuove sanzioni a Mosca. l’Italia valuti il piano Ue per la Difesa” (La Stampa)
Tajani "Pronti a dire sì su nuove sanzioni a Mosca. l'Italia valuti il piano Ue per la Difesa" (La Stampa)

Le parole ruvide, urticanti, riservate da Vladimir Putin a Volodymyr Zelensky, non impressionano il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani. Anzi, sono quasi «prevedibili», dice, se lette alla luce della «necessità della Russia di non accelerare i tempi del percorso di pace». Per questo i negoziati di Istanbul sono stati un mezzo fallimento, non per le operazioni militari degli 007 ucraini in territorio russo, come sostiene invece il Cremlino. «Mosca — ragiona Tajani – ha tutto l’interesse a rallentare il dialogo perché ha un milione di soldati in campo e un’industria riconvertita in chiave militare: un cambio repentino delle condizioni, dunque, metterebbe in ginocchio l’economia russa e questo Putin non se lo può permettere». L’Occidente, però, continua a spingere in quella direzione. Prima la lunga telefonata del presidente russo con Donald Trump, poi quella con Papa Leone XIV: «Sono tutti segnali positivi — riconosce il titolare della Farnesina —. Significano che la strada che porta alla pace è ancora aperta e su quella strada, a piccolissimi passi, si continua ad andare avanti».

L’Europa, intanto, si sta riarmando. E lei ha appena incontrato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi per preparare il prossimo vertice Nato a L’Aja. Che prospettive ci sono per l’Italia?

«Abbiamo raggiunto il 2% di spese militari in rapporto al Pil, ma a quel vertice potrebbero chiederci di raggiungere il 3,5%. Nelle condizioni attuali, dovremo aspettare a lungo prima di raggiungere il nuovo obiettivo e questa volta temo che non avremo la possibilità di contrattare una dilazione dei tempi. I dazi, poi, non aiutano l’Europa a investire di più sulla difesa. Le richieste americane, in questo caso, sono in contrasto tra di loro e lo faremo presente».

La premier finora non ha voluto aderire al piano europeo per investire nella Difesa scorporando le spese dal patto di Stabilità. Lei che ne pensa?

«Io sarei favorevole. È sempre utile ottenere maggiore flessibilità». Ha parlato anche di questo con Meloni? «No, non ancora. La mia, comunque, non è una posizione pregiudiziale. Vorrei discuterne con gli alleati prima della prossima legge di Bilancio. Poi, se la maggioranza non vuole utilizzare questi fondi, mi adeguo, ma io coglierei l’opportunità».

Anche perché Fratelli d’Italia, come Forza Italia, fin dallo scoppio della guerra in Ucraina chiede all’Ue maggiore flessibilità sugli investimenti militari.

«Ricorda bene. E hanno già aderito altri Paesi».

Dalla sua parte avrà sicuramente il ministro Guido Crosetto, ma il leader della Lega, Matteo Salvini, è sempre stato contrario a ulteriori investimenti in armi.

«Matteo è una persona di buon senso. Sa che si possono fare tante cose che riguardano la Difesa senza per forza investire in armamenti. Se abbiamo degli ospedali in grado di fronteggiare un attacco chimico, o batteriologico, quell’investimento ha un valore sociale. Sono risorse che potrebbero essere utilizzate anche per le infrastrutture e per migliorare la mobilità. Penso alla Sicilia, dove c’è una base Nato e dove un Ponte potrebbe risolvere molte criticità. Non sottovalutiamo l’opportunità che abbiamo».

Nel frattempo, come può muoversi la diplomazia per accelerare le trattative di pace? Nuove sanzioni e dazi sul petrolio russo da parte dell’Ue e degli Usa sono una soluzione?

«Noi siamo disponibili a mettere sul tavolo misure di questo genere. Possono rendere più difficile, per Mosca, il mantenimento di un esercito che non combatte con le motivazioni di quello ucraino, ma lo fa soprattutto per una questione economica. Sono strumenti utili a tenere alta la pressione, per convincere Putin a negoziare per davvero la pace».

Papa Leone XIV ha parlato con Putin. Il Vaticano può candidarsi a essere sede dei negoziati, dopo l’inciampo di Istanbul?

«Gli sforzi diplomatici del Santo Padre sono preziosi. Per il momento credo si possa continuare ancora utilizzare la piattaforma turca: in questa fase iniziale, in cui tra le parti in guerra non ci sono passi avanti decisi, non possiamo rischiare di “bruciare” l’immagine e il ruolo di mediazione del Papa e del Vaticano. Credo che la Santa Sede possa diventare il luogo in cui chiudere il negoziato».

C’è stata anche una nuova telefonata tra il Cremlino e la Casa Bianca, ma non risolutiva. Si aspettava di più da Trump, viste le sue promesse in campagna elettorale?

«Mi aspettavo di più da Putin. Sosteniamo con la stessa convinzione di sempre gli sforzi di Washington, perché la carta americana resta quella più importante per arrivare alla pace. Ed è l’unica che si sta muovendo, mentre l’altra carta pesante sul tavolo, quella cinese, resta ferma».

L’Europa invece si muove, ma non sempre è compatta, anche per alcune posizioni oblique assunte da Meloni. Tutto superato dall’incontro con Macron a Palazzo Chigi?

«La premier, così come la Farnesina, ha sempre sostenuto la linea europea. Lo dimostra il vertice organizzato con Ursula Von der Leyen e il vicepresidente Usa, JD Vance, cosi come il sostegno costante al negoziato sui dazi. L’incontro con Emmanuel Macron rafforza l’Europa perché riguarda due Paesi centrali per l’Unione che allineano le proprie posizioni».

Meloni però aveva criticato il format dei Volenterosi, animato soprattutto dalla Francia. E Macron l’aveva accusata di diffondere fake news.

«Parliamo di una questione ampiamente superata. I Volenterosi non ci sono più, perché qualcuno pensava di poter arrivare a un cessate il fuoco in tempi rapidi e voleva discutere di truppe di interposizione in Ucraina, ma la precondizione non si è verificata. Avevamo ragione noi».

La premier ha parlato con il presidente francese anche di Libia, dove la Russia sembra voler aumentare il suo peso militare.

«Lo diciamo a ogni vertice Nato e del G7: il fronte Sud del Mediterraneo non va abbandonato. Preoccupa, senza dubbio, che Putin voglia spostare lì una sua base militare dalla Siria, per gli effetti destabilizzanti che può avere anche sul fronte migratorio. L’Europa deve essere unita, se non vuole lasciare alle sue porte campo aperto a potenze come Russia e Cina, e trovare una comunione di intenti con la Francia, in quei Paesi, è sicuramente importante».

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