(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Presidente Fernando Napolitano,
cari colleghi di Governo,
Ambasciatore Thorne,
Signore e Signori,
sono molto lieto di partecipare a questo Convegno sia per la presenza di tanti autorevoli oratori, sia perché i temi rivestono un’importanza fondamentale per il futuro del nostro Paese. Per far fronte alla situazione finanziaria del Paese, siamo stati costretti ad adottare rigorose misure di contenimento della spesa pubblica. La fase di difficoltà non è ancora del tutto superata. Ma ora dobbiamo andare oltre il rigore, favorendo i processi di crescita. Il Ministero degli Esteri può fornire un contributo importante in quanto svolge un ruolo sempre più centrale come Ministero impegnato per lo sviluppo del Paese in raccordo con gli altri attori, in particolare con i Dicasteri guidati dai Ministri qui presenti.
La rinnovata credibilità e l’immagine dell’Italia nel mondo ci aiutano a ripartire. Secondo uno studio della KPMG, il Made in Italy è il terzo marchio più conosciuto al mondo, dopo la Coca Cola e la Visa. Se vogliamo crescere a ritmi intensi, dobbiamo anche riscoprire le qualità che tutti ci riconoscono: l’inventiva, la creatività, lo spirito imprenditoriale. Il destino del Paese dipende dalla sua capacità di rifornire il sistema produttivo di una virtuosa miscela composta da progettualità e disponibilità di capitali per l’avvio di nuove aziende. E – mi rivolgo ai giovani imprenditori – non abbiate paura di tentare e di sbagliare. Perché, come diceva Einaudi, “trial and error; possibilità di tentare e di sbagliare ecco le caratteristiche dei regimi liberi”. La libertà è l’incubatore naturale delle imprese e della ricerca, ma i tentativi e gli errori sono la sola via per arrivare a nuove soluzioni.
L’innovazione è da sempre la chiave della crescita. Già nella Roma post-diocleziana, l’abbandono dell’innovazione fu una delle cause della rovina dell’Impero. E a maggior ragione oggi, in un contesto globalizzato, occorre puntare sulla qualità del progresso tecnologico e non solo sull’aumento dei volumi o sulla riduzione dei prezzi. In un’economia avanzata, la crescita è il risultato di migliori ricette più che della quantità degli ingredienti. Guardiamo all’esempio della Silicon Valley. Il cuore del suo successo sono le start-up con le loro innovazioni. Più di cento sono le start-up acquisite nell’ultimo decennio da società, come Google o Cisco, che hanno così consolidato la loro leadership di settore.
Anche noi dobbiamo stimolare una maggiore imprenditorialità complessiva, con un ambiente più favorevole all’innovazione. In questa direzione, sul versante interno, il Governo è impegnato a semplificare le procedure amministrative, a rendere più certo il quadro normativo, ad assicurare maggiore concorrenza e a fare di più per i giovani e la ricerca. Sul versante esterno, puntiamo su una “call for action”, con cui Istituzioni centrali e autonomie locali, Ambasciate e Consolati, grandi Gruppi e giovani imprenditori sviluppino un’articolata rete capace di favorire collaborazioni, contatti, scambi di conoscenze e di tecnologie.
Il networking è fondamentale nelle relazioni internazionali come nell’economia. La competitività di un Paese è sempre più definita in termini di “connections”, cioè di capacità di trarre idee innovative dalla “comunità della conoscenza” con la quale è in contatto. Ibn Khaldun, storico arabo del XIV secolo, scriveva che “solo le tribù tenute insieme dal senso di appartenenza a un gruppo possono sopravvivere nel deserto”. Per il geografo Joel Kotkin, nulla è cambiato da allora, salvo il fatto che nella realtà contemporanea la parola “deserto” va sostituita con “economia globale”.
Occorre favorire il networking tra talenti perché i loro contatti possono moltiplicare le opportunità di innovazione. E’ molto interessante e merita di essere sostenuta l’iniziativa di Fernando Napolitano. E’ fattibile l’obiettivo di cambiare una generazione in tre anni, inviando negli Stati Uniti mille giovani brillanti perché imparino a fare impresa high-tech e tornino in Italia per avviarne di nuove. Non partiamo da zero. In Italia creiamo ogni anno mille start-up, investendo 90 milioni di euro in venture capital. Negli ultimi anni abbiamo aumentato di più del 50% i laureati in scienze e ingegneria. E la collaborazione con gli Stati Uniti nel settore dell’innovazione è da tempo strutturata.
Penso alle borse di studio Fulbright Best che consentono a laureati e ricercatori italiani in discipline scientifico-tecnologiche di perfezionarsi negli Stati Uniti e di tradurre i loro progetti in attività imprenditoriali. E penso ai programmi di Regioni, come la Toscana e l’Emilia Romagna, che utilizzano fondi europei per inviare giovani talenti negli Stati Uniti ad apprendere come creare una start-up. E anche alle varie iniziative private qui rappresentate.
Se vogliamo far compiere al Paese un salto di qualità, dobbiamo trasformare quella che è stata una vulnerabilità in un punto di forza: dobbiamo passare dalla fuga dei cervelli alla mobilità dei talenti, consentendo loro di arricchire il bagaglio di esperienze in contesti competitivi. I ritorni per il Paese in innovazione e progettualità possono avere lo stesso apporto vitale che ebbero le rimesse dei nostri emigranti nello scorso secolo.
Le iniziative con gli Stati Uniti nel campo dell’innovazione sono molteplici. Tra le prossime, ricordo che nell’ambito del Consiglio Economico Transatlantico, il Ministero degli Esteri sta organizzando in collaborazione con Confindustria un workshop euro-americano che si terrà a luglio a Roma. Il Seminario intende mettere in contatto operatori economici europei e americani, informando le PMI delle due sponde dell’Atlantico sulle opportunità di internazionalizzazione, sulle possibili collaborazioni e sugli strumenti di sostegno pubblico. Come dimostrato da uno studio della Commissione Europea sulle PMI, innovazione e internazionalizzazione si alimentano a vicenda perché le PMI internazionalizzate introducono nei Paesi di origine dosi di innovazione maggiori delle PMI non internazionalizzate.
La volontà di favorire il networking ha ispirato anche la mia azione negli anni trascorsi da Capo Missione a Washington. Ho attribuito assoluta priorità allo sviluppo di contatti, scambi e conoscenze tra Italia e Stati Uniti nei campi dell’impresa, della ricerca e dell’innovazione. Ho maturato la convinzione che gli imprenditori italiani possono ottenere grandi vantaggi se al learning by doing affiancano il learning by interacting con gli operatori americani delle alte tecnologie. Ho diretto gli sforzi di Ambasciata e Consolati a far conoscere ai nostri giovani imprenditori il modello americano, fatto di efficace collaborazione tra università, imprese e capitali di rischio.
Per promuovere i contatti, l’Ambasciata e i Consolati hanno avviato un intenso dialogo con le organizzazioni di ricercatori, accademici, imprenditori e professionisti italiani presenti negli Stati Uniti, quali l’Italian Scientists and Scholars in North America Foundation (ISSNAF), BAIA, il Silicon Valley Italian Executive Council (SVIEC), nonché le associazioni di professionisti a New York, Boston, Chicago e Filadelfia. Una menzione particolare merita il Consolato Generale a San Francisco che, nella prima area al mondo per innovazione e capacità di coniugare ricerca e imprenditoria, ha favorito opportunità di incontro e business di imprenditori e ricercatori italiani con i poli tecnologici e le Università locali.
Da Ministro degli Esteri ho chiesto di incentivare la creazione di reti per mettere in connessione tra loro le eccellenze italiane in campo economico e scientifico. Disponiamo di una straordinaria risorsa costituita da 22 Addetti scientifici in servizio presso Ambasciate e Consolati. Attraverso la Rete Informativa Scienza e Tecnologia (RISeT) gli Addetti hanno finora veicolato al mondo scientifico italiano le informazioni raccolte all’estero. Abbiamo ritenuto opportuno estendere tali informazioni anche alle imprese interessate, connettendo la Rete degli Addetti scientifici a ExTender, il sistema informatico a disposizione delle imprese per l’acquisizione di opportunità di business all’estero segnalate dalle Ambasciate.
In questo spirito di interazione tra scienza e impresa, la settimana prossima svolgeremo al Ministero degli Esteri un incontro su “Gli scienziati italiani nel mondo e la crescita del Paese”. L’incontro è centrato sul rapporto tra ricerca e produzione, e sull’articolazione di reti tra i talenti scientifici italiani e stranieri. Queste tematiche saranno ulteriormente sviluppate il prossimo anno nella cornice degli eventi dell’Anno della cultura italiana negli Stati Uniti, fondato proprio su ricerca, scoperta e innovazione.
L’Italia si è alimentata per secoli e ha alimentato il mondo con le sue scoperte scientifiche. John Fitzgerald Kennedy disse che “all of us, in a large sense, are beneficiaries of the Italian experience”. Sono convinto che questa profonda responsabilità debba continuare a ispirare la nostra azione nel mondo.