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Intervento del Ministro Terzi alla Conferenza “Fermare la strage dei cristiani in Nigeria: le iniziative dell’Italia”

(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)





Signor Sindaco,


Vice Presidente della Camera dei Deputati, Onorevole Maurizio Lupi,


Onorevole Margherita Boniver,


Signore e Signori,


sono molto grato al Professor Massimo Introvigne per l’introduzione e per l’organizzazione dell’incontro. Sono molto contento di partecipare per la prima volta a una riunione dell’Osservatorio, espressione qualificante della dimensione etica della politica estera italiana, della nostra storia, dei nostri valori. Con il Sindaco Gianni Alemanno, condividendo la sensibilità della Santa Sede, abbiamo avvertito l’esigenza di creare a Roma – centro universale di dialogo interreligioso – un meccanismo di monitoraggio della condizione della libertà di religione e di promozione del dialogo e della tolleranza. Il 10 gennaio abbiamo firmato il Protocollo istitutivo e la nostra presenza qui testimonia l’importanza che attribuiamo all’Osservatorio.


Rivolgo un vivo ringraziamento al mio Inviato Speciale per le Emergenze Umanitarie nei Paesi del Sahel e del Corno d’Africa, l’On. Margherita Boniver, che nei giorni scorsi ha raccolto il mio invito ed è tornata ad Abuja dopo esservi stata ad aprile. Nella capitale nigeriana l’On. Boniver ha incontrato membri del Governo, leader delle comunità religiose e rappresentanti della società civile. Sarà molto interessante ascoltare le valutazioni dei suoi incontri, sui quali l’On. Boniver mi ha già riferito.


Considero questa nostra riunione di straordinaria attualità e necessaria per accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica sulle brutali violenze che colpiscono con tragica frequenza le comunità cristiane in Africa. Vili attentati spesso realizzati nei posti più sacri dell’umanità, come i luoghi di culto in cui i fedeli si riuniscono in preghiera e senza alcuna difesa. Dall’inizio dell’anno, il solo gruppo terroristico Boko Haram ha ucciso in Nigeria 800 persone, di cui più di 150 cristiani. Arrestare queste atrocità deve essere la priorità della comunità internazionale.


La questione è drammatica e urgente. E – tengo a sottolinearlo – non tocca solo i cristiani, per quanto siano la comunità più perseguitata al mondo. Il terrorismo contro le minoranze religiose è una sfida ai principi universali di civiltà. Gli attacchi mirano a generare conflitti, alzando la tensione, provocando le minoranze ed esacerbando la loro pazienza. Occorre allora uno sforzo di tutti per isolare i terroristi perché, come ha osservato Papa Benedetto XVI, “la libertà religiosa non è patrimonio esclusivo dei credenti, ma dell’intera famiglia dei popoli della terra. È elemento imprescindibile di uno Stato di diritto; non la si può negare senza intaccare nel contempo tutti i diritti e le libertà fondamentali”.


Le esperienze dell’Afghanistan e della Somalia ci hanno dimostrato che quando i diritti fondamentali sono conculcati, si creano le premesse per l’affermazione del dispotismo. È nel nostro interesse arginare potenziali fattori di rischio in Africa. Tanto più che il problema non è circoscritto alla Nigeria, ma ha acquisito una dimensione regionale, come indicano gli attacchi al Kenia e gli atti di fanatismo iconoclasta in Mali. La sicurezza europea è minacciata dal progressivo allargamento dell’integralismo violento a un’ampia fascia dell’Africa sub-sahariana.


Occorre allora alimentare sentimenti di tolleranza e sostenere con atti concreti di solidarietà coloro che si oppongono a tali derive violente. Abbiamo apprezzato gli inviti alla riconciliazione e all’astensione da reazioni vendicative rivolti ai nigeriani dall’Arcivescovo di Jos, Ignatius Kaigama, venuto nei giorni scorsi a Roma per essere insignito di un importante Premio per la Pace. Ma gli appelli al dialogo devono essere sorretti da iniziative concrete per marginalizzare le frange estremiste che si oppongono alla pace.


A tale convinzione si ispira l’azione dell’Italia, articolata su tre livelli. Il primo livello è quello diplomatico e punta alla concretezza e immediatezza dei risultati. L’Italia ha assunto un ruolo di impulso degli interventi a tutela della libertà religiosa nelle diverse organizzazioni internazionali. Ad esempio, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato a dicembre la risoluzione dell’Unione Europea sulla libertà di religione, abbiamo voluto che fosse esplicitamente sancito il dovere di ogni Stato di prevenire le violenze contro le minoranze religiose, di punirne i responsabili e di prevedere strumenti normativi e operativi. Grazie alla nostra iniziativa, la difesa della libertà di religione è stata inserita anche nel comunicato finale dell’ultima riunione ministeriale dei Paesi del G8.


Nell’ambito dell’Unione Europea abbiamo fortemente contribuito all’istituzione di una Task Force sulla libertà di religione. La Task Force si riunisce in queste ore a Bruxelles. Ho impartito istruzioni di sollevare il punto delle sistematiche aggressioni alle comunità religiose in Nigeria e in Kenya. Chiediamo che l’Unione Europea definisca al più presto strategie concrete con finalità preventive e in un’ottica di sostegno alle autorità locali.


Ci siamo inoltre adoperati perché nelle Conclusioni del Consiglio europeo del 29 giugno fosse richiamata la nuova strategia dell’Unione Europea in materia di diritti umani, che indica la libertà religiosa tra le priorità e individua un Piano d’Azione operativo con obiettivi, strumenti e scadenze. La strategia è stata adottata dall’ultimo Consiglio Affari Esteri, dopo un semestre di intensi negoziati che hanno visto l’Italia protagonista. Il Consiglio si è anche impegnato, su nostra sollecitazione, ad adottare entro dicembre Linee Guida sulla libertà religiosa.


La tutela della libertà religiosa è costantemente al centro dei miei colloqui, specialmente con i rappresentanti dei Paesi che stanno attraversando fasi di transizione. Ho sollevato il punto della libertà di culto in occasione del Gruppo di Contatto sulla Somalia, che si è tenuto a Roma il 2 e 3 luglio, e nell’incontro con il Primo Ministro somalo. Ho ripetutamente sensibilizzato le nuove leadership arabe all’esigenza di accogliere nei nuovi ordinamenti i principi di moderazione riconosciuti dalla stessa civiltà islamica. Una visione riflessa anche nella Carta per le libertà fondamentali proposta dal Grande Imam dell’università egiziana di Al-Azhar. Il rispetto della libertà religiosa e dei gruppi minoritari è uno dei banchi di prova del passaggio dei Paesi della primavera araba dai regimi autocratici allo stato di diritto. Avrò occasione di parlarne la settimana prossima nei miei colloqui al Cairo.


Quanto alla Nigeria, abbiamo chiesto di intensificare il dialogo euro-nigeriano, proponendo di anticipare la data della prossima riunione ministeriale. Auspichiamo che in tale occasione sia posto all’ordine del giorno il tema della protezione delle comunità religiose e che l’Unione sia rappresentata a un alto livello politico per testimoniare l’attenzione che rivolgiamo alle particolari sensibilità del Paese africano. Abbiamo anche chiesto di avviare al più presto la prima sessione di dialogo politico euro-nigeriano sulla pace e la sicurezza.


Siamo peraltro convinti che il decisivo terreno di sfida è nelle menti dei giovani. Questo è il secondo livello dell’azione italiana. Dalla violenza ci si difende con programmi e progetti che favoriscano la diffusione di una coscienza sociale contraria a ogni forma di sopraffazione e intolleranza. Internet e i social networks possono darci un aiuto importante, collegando i giovani di tutto il mondo e permettendo loro di denunciare le violazioni della libertà di credo e di fare confronti in diretta sul grado di tutela assicurata dai Governi. Anche per questa ragione, siamo stati tra i promotori della risoluzione approvata nei giorni scorsi dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite sulla protezione della libertà di espressione su Internet.


L’Italia continuerà a non tacere e, anzi, a far sentire la sua voce con forza. L’Italia chiede anche che le organizzazioni non governative elaborino in maniera sistematica progetti per fare avanzare la tutela della libertà religiosa. Per sensibilizzarle al tema, abbiamo invitato varie organizzazioni non governative a partecipare a settembre a un evento sulla libertà religiosa che si terrà a New York a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Puntiamo inoltre a garantire adeguati finanziamenti ai programmi di tutela della libertà religiosa, in primis con lo European Instrument for Human Rights and Democracy.


Il terzo livello della nostra azione è collegato al secondo ed è fondato sulla formazione e l’educazione. Formazione ed educazione intese in modo ampio: degli insegnanti, degli studenti e della pubblica amministrazione. L’Italia finanzia diversi corsi di formazione di funzionari nigeriani impegnati nelle relazioni internazionali e nella sicurezza: diplomatici, poliziotti, guardie di frontiera e doganali. Formazione ed educazione sono essenziali per favorire lo sviluppo economico, contenere le gravi sperequazioni che si registrano anche in Nigeria e sottrarre alla propaganda integralista quei giovani che vivono in condizioni di assoluta povertà e di esclusione sociale.


Concludo con un’osservazione. Boko Haram letteralmente significa “Occidente vietato”, ma tale denominazione può anche tradursi con l’espressione l’educazione occidentale è peccaminosa. Espressione che riflette in modo eloquente l’ideologia fanatica del gruppo terrorista. Ma noi vogliamo vincere la battaglia di civiltà contro Boko Haram e le altre organizzazioni terroristiche proprio con gli strumenti dell’educazione e della formazione.

Lo scrittore siciliano, Gesualdo Bufalino, diceva che per sconfiggere la mafia è necessario un esercito di maestri elementari. Fatte le dovute differenze, la nostra strategia per fare avanzare la tutela della libertà religiosa punta su azioni concrete che mettano al centro l’educazione ai diritti umani e ai valori della convivenza per isolare i padrini di gruppi terroristici, come quello di Boko Haram. Possiamo vincere questa sfida solo con la mobilitazione di Governi, Istituzioni e società civile. Una vasta mobilitazione che sensibilizzi e coinvolga l’opinione pubblica anche con iniziative come quella intrapresa dal Vice Presidente Lupi con la petizione alla quale hanno già aderito molti parlamentari e cittadini comuni. Un forte impegno al quale anche l’Osservatorio può contribuire con i suoi lavori.

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