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Lotta alla pirateria, verso nuove regole? – La proposta dell’Italia fa proseliti nell’UE

Il caso della petroliera italiana, Enrica Lexie che soltanto nei prossimi giorni potrà lasciare il porto di Kerala e la questione dei due marò italiani arrestati dalle autorità indiane, sin dal primo momento sono stati inquadrati dall’Italia nella più vasta questione della lotta alla pirateria e della necessità di riaffermare, anche attraverso nuove regole, il diritto internazionale.


Principio di immunità dei peacekeeper


In più occasioni, anche nella sua missione in India, il Ministro Giulio Terzi ha sottolineato che le norme del diritto internazionale in materia di lotta alla pirateria devono essere riaffermate nei confronti di tutti i Paesi Onu. In particolare deve essere tutelato il principio di libertà di navigazione e “ci sia tutela e riconoscimento sugli organi di uno Stato che legittimamente agisce in un quadro delle risoluzioni dell’Onu, e che ci sia la tutela delle navi che battono bandiera nazionale”. Sul piano internazionale va inoltre riaffermato il principio dell’immunità’ dei “peacekeeper” che operano nell’ambito delle risoluzioni Onu e “affermare questo principio di immunità e di giurisdizione nazionale applicabile come principio di carattere generale che è ampiamente riconosciuto”.


Aumento del numero degli arrembaggi


Dopo un calo degli attacchi di pirati registrato nel 2011, il numero degli arrembaggi nell’Oceano Indiano è aumentato ancora in gennaio e febbraio 2012: secondo quanto riferito dal Vice Presidente della Commissione Ue Siim Kallas. Le preoccupazioni a livello europeo non mancano: l’80% delle merci mondiali si trasporta via mare e il 40% delle compagnie di trasporto è controllato da società europee. La superficie delle aree al largo delle coste della Somalia infestate dai pirati si è fatta sempre più vasta, a partire da quando, nel 2008, le Nazioni Unite hanno certificato la gravità della situazione del Corno d’Africa. Le statistiche della pirateria dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo) e dell’Imb indicano un continuo espandersi della minaccia nell’Oceano Indiano verso le Seychelles e le coste sud occidentali dell’India. Lo scorso anno l‘International Transport Workers Federation (Itf) ha definito una zona ad alto rischio pirateria che dalle coste somale arriva ad est sino al meridiano 76 e verso sud al parallelo 16.


Regole di ingaggio comuni e vincolanti


La lotta alla pirateria – secondo l’Italia – richiede regole di ingaggio il più possibile comuni e vincolanti, per dare un quadro legale certo a chi è impegnato in prima linea: soldati, guardie private, compagnie, Stati. Di qui la proposta dell’Italia, che sembra far proseliti, ai partner europei di agireper tutelare il principio della libertà di navigazione in acque internazionali e il diritto degli Stati che partecipano ad operazioni antipirateria ad avere riconosciuta una giurisdizione esclusiva per quello che accade in alto mare, che coinvolge i propri militari.

“L’autoregolamentazione non è una reale opzione in questa area, considerando i rischi legali ed operativi che il trasporto di armi a bordo e il possibile uso della forza comportano”, ha detto Siim Kallas, Vice Presidente della Commissione Ue, parlando ad una conferenza sulla pirateria promossa nei giorni scorsia Bruxelles da presidenza e euroesecutivo europei. “Stabilire un approccio comune internazionale e limitare le ‘zone grigie’ pericolose aiuterà a contrastare la pirateria riducendo al contempo i rischi per i marinai, le società e gli stati interessati”, ha spiegato il Commissario. Un quadro comune di regole avrebbe inoltre il vantaggio di “stabilire linee di comunicazione tra la sicurezza privata e le forze militari basate sulla fiducia”, ha precisato Kallas. L’escalation della pirateria ha indotto la Ue ad alzare il tiro, estendendo il mandato della missione navale anti-pirateria Atalanta, autorizzata ora ad attaccare le postazioni dei pirati anche nelle acque interne della Somalia e lungo le coste. Ma il quadro giuridico resta inadeguato, in particolare di fronte all’aumento degli ingaggi privati di militari a bordo di navi che temono di essere assalite. La Ue suggerisce di usare l’opportunità offerta dalla 90/a sessione della commissione di sicurezza marittima dell’Imo (l’organizzazione marittima internazionale), prevista in maggio a Londra, per definire un quadro comune di regole.