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DassuSeminario

(fa fede solo il discorso effettivamente pronunciato)


 


Desidero anzitutto ringraziare gli organizzatori di questo seminario: la Regione Lombardia, quale partner strategico della fondazione UE- LAC presieduta da Benita Ferrero Waldner, e la RIAL guidata dall’ amico Gilberto Bonalumi. Discutere le prospettive della cooperazione tra PMI europee e latinoamericane e’ un tema chiave per gli sviluppi più generali della cooperazione economica fra Europa e America Latina.


Il nostro seminario si svolge a pochi giorni dal Vertice UE-CELAC di Santiago e degli incontri previsti a margine del Vertice, dedicati rispettivamente alla cooperazione accademica bi-regionale e alla cooperazione imprenditoriale, con un accento proprio sulle PMI. Il timing scelto da Milano e’ quindi molto appropriato.


La posizione dell’Italia, e le sue scelte di diplomazia economica nel rapporto con l’America Latina, verranno esposte dall’intervento del Ministro Terzi, che trattera’ anche, in modo specifico, del ruolo delle Pmi. Io mi limitero’ quindi ad alcuni spunti di riflessione introduttiva, che spero siano utili al dibattito successivo. Il primo punto e’ relativo ai macro- scenari economici; il secondo alle strategie di cooperazione industriale.


Guardando ai macro-scenari, l’Europa sembra ormai essersi lasciata alle spalle la fase più acuta della crisi finanziaria. L’eventualita’ di una disgregazione della zona euro è stata sventata grazie all’ azione combinata dei Governi e della Banca Centrale Europea. L’Italia ha dato un contributo determinante, con le sue scelte interne e al tavolo europeo, a disegnare i tasselli di un nuovo sistema di “governance”, fondato non solo sugli accordi di bilancio (Fiscal Compact) ma anche sui primi passi verso l’ unione bancaria e sui primi elementi di un “growth compact”. Se la fase acuta della crisi finanziaria appare sotto controllo, resta che l’Europa ha gravi problemi di crescita economica. Secondo la maggior parte delle stime, e al netto delle differenze di performance fra paesi creditori e grandi debitori, la ripresa non comincera’ prima della fine del 2013. Non solo: la domanda interna europea, che e’ stata per quasi mezzo secolo un driver essenziale dello sviluppo continentale, restera’ comunque anemica. Il peso della domanda extra-europea, gia’ in crescita negli ultimi anni, continuera’ ad aumentare. In altri termini: l’economia europea sara’ globale o non sara’ vitale.


Il ruolo dei Governi e dell’UE e’ di creare le condizioni perche’ le imprese, incluse le PMI, riescano a competere a questo livello, dominato da uno shifting a lungo termine del potere economico globale. Se la sfida e’ questa, l’ America Latina va vista come un interlocutore essenziale per la soluzione della crisi economica e la successiva ripresa. Non ho bisogno di ripetere dati che tutti conosciamo. E’ piu interessante constatare che l’America Latina e’ diventata un continente conteso, ma in modo molto diverso che in passato.


Per l’America di Obama si aprono nuove potenzialità, in parte generate dalle stesse tendenze demografiche negli USA (peso del voto ispanico), in parte dalla possibilità di concepire, attraverso la relazione con il Messico – con la sua nuova e interessante leadership – un “NAFTA plus”. Se poi ci fosse un’evoluzione nel gruppo ALBA – trainato dalla successione a Chavez e dai cambiamenti a Cuba – gli sviluppi sull’asse delle Americhe potrebbero diventare rilevanti. Resta, tuttavia, che questo imporrebbe una svolta da parte della Casa Bianca: il primo mandato di Obama non ha dato risultati. Ha anzi segnato una regionalizzazione sudamericana senza l’America.


La Cina e’ come noto la potenza in ascesa, anche nel continente latino-americano. Tuttavia, il modello di presenza della Cina (acquisto di materie prime ed esportazione di manufatti) contiene il rischio di rafforzare la primarizzazione delle principali economie dell’area.


Su questo sfondo, l’ Europa ha effettivamente dei vantaggi comparati. Il problema è come farli diventare reali, invece che potenziali. La politica industriale e’ decisiva.



Passo cosi’ al mio secondo punto introduttivo.


L’ interrogativo centrale a cui rispondere – e il seminario di oggi potra’ aiutarci – e’ in che modo le politiche di sviluppo in Europa, largamente fondate sulle PMI, possano generare un rapporto virtuoso fra le due economie: un grado di complementarietà che da un lato permetta la crescita competitiva delle PMI latinoamericane e dall’altro fornisca uno sbocco all’internazionalizzazione delle PMI europee. Sulla risposta che sapremo dare a questa doppia sfida si gioca la possibilità di costruire una nuova fase della cooperazione economica euro-latinoamericana.


Sul piano generale, e’ chiaro che se ci fermassimo alle carenze della crescita europea e alle deficienze strutturali delle economie latino- americane, molte delle quali alle prese con la “middle income trap”, non dovremmo aspettarci granche’. In realta’, esistono le premesse per un salto qualitativo: la condizione e’ guardare aldila’ delle politiche fiscali e commerciali, riflettendo anche sulle scelte di politica industriale e, in modo particolare, sul triangolo fra territorio, piccole imprese, innovazione. Qui scopriamo due dati importanti. Primo, le politiche di sviluppo territoriale dell’Unione Europea, varate negli ultimi anni, aprono prospettive particolarmente adeguate alle condizioni attuali dell’America Latina. Mi riferisco in particolare al cosiddetto place-based approach, esaminato nel Rapporto Barca della Commissione Europea, in vari contributi dell’OCSE e nel Rapporto CAF del 2010 (Desarrollo Local: Hacia un Nuevo Protagonismo de las Ciudades y Regiones). Sono tutti buoni esempi di una base concettuale su cui fondare la collaborazione euro-latinoamericana. Secondo dato importante: strettamente collegata all’approccio territoriale allo sviluppo, esiste una riflessione crescente sui cosiddetti sistemi regionali di innovazione. Anche in questo caso, e’ una angolatura importante – la relazione fra politiche di governance regionale e innovazione – per affrontare le debolezze strutturali delle economie latino americane. Il punto generale e ‘ che non competono solo le imprese ma anche i territori. Quando i governi locali non funzionano non funzionano neanche le imprese.


Sono tracce di cooperazione importanti per i prossimi anni. Perche’ offrono una visione strategica o perlomeno un asse di lavoro su cui organizzare la relazione Europa/America latina. Lo sviluppo locale, fatto di rapporto con il territorio e innovazione, è una delle armi dell’ Europa. Ma non stiamo traducendo queste potenzialita’ in politica europea verso l’America Latina. Eppure, l’esigenza di internazionalizzazione delle PMI si combina con la richiesta dei Paesi latinoamericani – ho potuto raccoglierla a più riprese nel corso delle viste compiute in Perù, Cile, Colombia e Messico – di nuovi schemi di organizzazione aziendale su scala piccola e media, col fine di favorire la diversificazione della base produttiva locale che rimane ancora troppo dipendente dalle materie prime e dalle grandi aziende.


Secondo uno studio congiunto dell’OCSE e della CEPAL le PMI rappresentano in America Latina il 99% del totale delle imprese impiegando il 67% della forza lavoro. In Italia, per citare un altro dato significativo, le PMI contribuiscono a più del 50% dell’export complessivo.


Lasciatemi concludere con due considerazioni finali: entrambi – Europa e America Latina – abbiamo il problema di come “organizzare” un rapporto virtuoso fra integrazione e competizione. Uno dei motivi della debolezza europea verso l’America Latina e’ che le tendenze competitive fra stati nazionali hanno largamente prevalso sulla definizione di una strategia comune. In realta’, abbiamo bisogno sia di una strategia comune, di una visione di insieme (l’ Europa fissa il level playing field), sia di sforzi competitivi. Il dato nuovo, tuttavia, e’ che l’ Europa ha bisogno anche di una politica industriale comune e di reti imprenditoriali piu’ solide. Da questo punto di vista, i Commissari Tajani e Barnier stanno svolgendo un’azione importante. Abbiamo bisogno di mercati regionali con alle spalle reti di imprese di scala europea.


Infine, due parole sulla geografia del commercio. L’epoca dei grandi accordi commerciali – globali (Doha) o anche semplicemente regionali (UE-Mercosur) e’ in crisi. Prevalgono gli accordi bilaterali, fra cui quelli fra UE e Messico, Colombia, Perù, etc. Anche in questo caso aiuterebbe una visione: una visione possibile e a mio parere utile è che continua ad esistere un forte potenziale di integrazione atlantica. Sia fra UE e USA ( il 2013 dira’ se sapremo fare progressi verso un’area transatlantica di libero scambio) sia piu’ a sud, nel “wider Atlantic”.


Il secolo che stiamo vivendo potrebbe essere un secolo in cui, grazie alla collaborazione fra UE e America Latina, l’Atlantico non diventa marginale ma anzi si allarga verso Sud. Certo, e’ una visione ” rosy”, ma non impossibile.

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