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Intervento della Vice Ministro Dassù in occasione del Giorno del Ricordo

 


(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Signor Presidente della Repubblica,


Signor Presidente del Senato,


Signori Rappresentanti del Parlamento e del Governo,


Signore e Signori.


E’ un privilegio intervenire qui oggi a nome del Governo, nel Giorno del Ricordo.


Rivolgo anzitutto le mie parole ai rappresentanti delle famiglie delle vittime e degli esuli, abbracciando idealmente tutti gli italiani che furono vittime innocenti, dal 1943 in poi, della conclusione tragica della seconda guerra mondiale lungo il confine orientale dell’Italia.Furono vittime, poi, una seconda volta: vittime del silenzio, dei pregiudizi e della rimozione con cui la tragedia delle foibe e dell’esodo di massa da Istria, Quarnaro e Dalmazia vennero a lungo trattate in Italia.Un dopoguerra infinito, che si è chiuso solo dieci anni fa. L’istituzione del Giorno del Ricordo è stata anzitutto, prima di tutto, un atto tardivo di verità e di giustizia. Ecco perché possiamo essere qui insieme, oggi. Oggi,avendo riconosciuto il passato, possiamo insiemeguardare al futuro.


(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)


Il futuro ha due dimensioni, io credo. La prima è nazionale: il governo italiano intende assumere, in accordo con i rappresentanti delle Associazioni degli esuli, decisioni che permettano di superare le pendenze della storia e di rendere stabile la Memoria. Si è a lungo parlato, ad esempio, della possibilità di istituire un Museo sul tema dell’Esodo: crediamo sia venuto il momento di cominciare a realizzarlo.


La seconda dimensione è europea. Lo dico davanti al Presidente Napolitano, che ha intuito per primo le potenzialità del riavvicinamento, attraverso l’Europa, fra Italia, Croazia e Slovenia. L’incontro di Trieste, nel luglio 2010, non è rimasto un incontro. Ha segnato la volontà politica, umana, culturale, di ritrovarsi. Di ritrovare, nell’Adriatico, uno spazio comune, impedendocosì che le nuove generazioni restassero ostaggio delle drammatiche lacerazioni del passato. Attraverso l’Europa, Italia, Croazia e Slovenia hanno potuto così rilanciare la cooperazione adriatica: gli incontri trilaterali inaugurati dal Presidente del Consiglio Enrico Letta, il varo della macro-regione adriatico-ionica, che avverrà quest’anno sotto la presidenza italiana dell’Ue, sono figli dello Spirito di Trieste: della sintesi fra il riconoscimentodi una storia tragica – per noi italiani, anzitutto, ma anche per sloveni e croati – e della volontàdi superarla. Conoscerla e superarla: nell’interesse comune delle nostre popolazioni e difendendone le aspirazioni, inclusi i diritti delle minoranze. Questo, del resto, è il messaggio che possiamo trarre da un atto apparentemente minore ma in effetti importante sul piano simbolico: la riapertura a Zara, alcuni mesi fa, della prima scuola italiana.


Signore e signori, il 2014 non è un anno identicoagli altri per ricordare la strada lunga e travagliata degli italiani dell’Est, molti dei quali hanno poi trovato successo in Italia, contribuendo, in campi diversi, al progresso dellaNazione.


Il 2014 non è un anno come gli altri. Evoca infatti la stessa striscia di terra europea, insanguinata dalla prima guerra mondialee dalle sciagure infinite , sto usando così le parole di Enzo Bettiza, prodotte dalla cosiddetta “questione orientale”. Dalle trincee del Carso fino alle Foibe: il filo di conflitti laceranti, spenti solocol dialogo europeo. L’Unione europea ha oggi punti deboli. Ma rispetto alle guerre e tragedie del Novecento, ha permesso di costruire la pace. Non dimentichiamolo mai. La pace, così come la Memoria, vanno continuamente difese.

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