(Fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati, Signore e Signori,vorrei innanzitutto ringraziare il Presidente del Senato, Senatore Pietro Grasso, per aver voluto ospitare nella prestigiosa sede di Palazzo Giustiniani questo incontro di oggi, che l’Institute for Cultural Diplomacy e la Società Dante Alighieri hanno voluto organizzare nell’ambito del I Simposio sulla diplomazia culturale.
Il soft power ha una componente importante nella diplomazia culturale. La diplomazia culturale è definita come lo scambio di idee, informazioni, valori, tradizioni, con lo scopo di favorire l’intesa e la comprensione reciproca tra mondi culturali distanti. Come diceva Fulbright “nel lungo periodo, avere popoli che capiscono il nostro modo di pensare costituisce una sicurezza maggiore di qualsiasi nuovo sottomarino”. Saranno le idee a determinare le nostre prospettive di pace,incluso il raggiungimento dei nostri obiettivi di politica estera.
Con la globalizzazione, le relazioni culturali tra i paesi e le identità mutano,s’intrecciano nuovi interessi e possono essere fonte di attrito se fissano “identitàassassine”, per citare Maalouf. E’ necessario tutto il potenziale della diplomaziaculturale, ispirata da valori di umanità, per evitare lo scontro di civiltà chel’omologazione e la rete rischiano di creare come risposta ad un percepitoesclusivismo culturale.
Tutti sono d’accordo quando si parla dell’importanza della diplomazia culturale ma rimangono scettici circa il suo impatto. La ricompensa di questa azione sembra essere più di carattere estetico che diplomatico. Può non essere evidente ma la diplomazia costruisce, in processi lunghi, cambiamenti epocali e definitivi.
Con la diplomazia culturale si alimenta la reputazione di un paese, costruendola sul lungo periodo. E’ una forma di diplomazia che non si struttura su una singola questione o attorno a un singolo strumento da cui si attendono risultati nel breve termine, ma crea un ecosistema complesso di relazioni e immagini positive. Chi ha avuto una relazione culturale con un paese avrà più fiducia e vi rimarrà legato.
Se guardiamo all’America Latina dove, nonostante la percepita simpatia l’azione della politica italiana è stata sottodimensionata, manteniamo ancora un capitale e uncredito grazie alla rete della cultura italiana diffusa. C’è una simpatia per l’Italia. La diplomazia culturale resiste anche senza una spinta dal centro e da lì è possibile ripartire, valorizzandola ad esempio con l’anno della cultura Italia-America latina nel 2015.
Le Nazioni Unite, con un linguaggio inconsueto per l’ONU, affermano che la “diplomazia culturale rivela l’anima di un paese”. Infatti, le relazioni culturali crescono e evolvono in maniera organica anche indipendentemente dai governi. Un governo non controlla completamente la sua immagine all’estero. La diplomazia culturale è infatti anche quella dei giovani, della gente e della società civile.
Le modalità d’azione di maggiore successo per la diplomazia culturale sono perciò quelle che integrano e valorizzano i rapporti tra persone, collettività, gli artisti e i media. La diplomazia culturale, quando è realizzata da attori non istituzionali, non è percepita come una minaccia neppure dai regimi autoritari e può avere grande impatto. Nel nostro caso ogni artista e ogni giovane può essere un “ambasciatore culturale” dell’Italia che dovremmo coltivare, tenere insieme e seguire, magari conun premio. Avere italiani tra coloro che costruiscono l’opinione mondiale è importante. Nel 2013 tra le 100 personalità più influenti del mondo, secondo il Time,ci sono due gli italiani, espressione di un’immagine d’Italia non convenzionale: Mario Balotelli e Mario Draghi.
Il nostro Paese, media potenza regionale con interessi globali, dotato di un retaggio culturale che costituisce una delle colonne portanti della cultura globale, può avere una diplomazia culturale d’impatto per la sua buona reputazione, perché non siamo percepiti come una minaccia e, soprattutto, per il policentrismo delle azioni italiane. Nella diplomazia culturale i mille attori, i territori e le grandi città che ci proiettano nel mondo, sono vera forza e non elemento di debolezza e frammentazione come in altri ambiti. Grazie a un protagonismo diffuso, nel mondo si registra un atteggiamento di simpatia nei confronti di tutto ciò che è italiano, dalla cultura alla lingua fino ad aspetti più recenti, come la moda, il design, il cinema e la cucina.
Questo sentimento di “italsimpatia” può essere il punto di partenza della nostra diplomazia culturale che punti ad essere ponte tra identità e a creare quell’empatianecessaria a superare conflitti identitari e scontri di civiltà. In questa prospettiva, non posso non citare l’impegno associativo e dei territori italiani nel sostenere le azioni e le scuole di pace rivolte ai giovani di paesi in conflitto.
Il Ministero degli Affari Esteri ha la potenzialità per sostenere e indirizzare un’articolata azione di diplomazia culturale avvalendosi della sua rete di rappresentanze diplomatico-consolari, degli 89 Istituti Italiani di Cultura, dei 206 lettori di ruolo attivi presso Università straniere e della sua rete scolastica all’estero,costituita da 8 istituti statali, 45 scuole paritarie, 75 sezioni italiane presso scuole straniere, internazionali e bilingui, 7 sezioni italiane presso le Scuole Europee e la Società Dante Alighieri. Si tratta di una rete di “ambasciatori culturali diffusi” che contribuiscono a mantenere l’Italsimpatia che ha anche ritorni economici chiari.
Dopo l’anno della cultura Italia-Russia le richieste di visti verso il nostro Paese sono aumentate del 40%. E’ necessario che questa rete, soprattutto quella linguistica, possa tenere traccia della rete d’italofonia che ha un peso importante nel paesi, ad esempio ministri, presidentio opinion leaders.
La nostra azione di diplomazia culturale è ora molto attiva nella sponda sud del Mediterraneo. La nostra azione guarda alle giovani generazioni nel campo della formazione, favorendo la mobilità degli studenti e dei talenti. Per venire incontro alle aspettative dei giovani, il Ministero degli Affari Esteri ha sostenuto le borse di studio di quasi 1000 studenti stranieri lo scorso anno.
Nell’azione di diplomazia culturale del Ministero degli Affari Esteri rivestono grande importanza anche le missioni archeologiche, antropologiche, etnologiche, uno strumento che rafforza le relazioni con gli altri Stati e, nelle aree di crisi, contribuiscea percorsi politici di stabilizzazione. E’ di qualche anno fa l’dea dell’Italia edell’UNESCO dei Caschi blu per la tutela del patrimonio culturale che dovevano nascere per preservare il patrimonio culturale e d’identità dei Paesi in momenti di crisi.
La diplomazia culturale non è solo proiezione esterna, è anche accoglienza nel nostro Paese. In Italia esistono mille luoghi di diplomazia culturale. L’Isiao, con la suabiblioteca e le missioni archeologiche, ha offerto uno spazio per il confronto tra identità. Quel patrimonio rischia di perdersi e mi auguro che il suo successo recuperi quella funzione di confronto neutrale. Anche l’IILA svolge un ruolo di raccordo con l’intera cultura e identità dell’America latina, in evoluzione.
Il Polo scientifico d’eccellenza di Trieste ha le potenzialità per creare una vicinanza naturale all’Italia della futura classe di scienziati dai paesi in via di sviluppo, destinati ad alti incarichi dirigenziali, se sapremo valorizzare la rete e tenerli vicini all’Italia. Le Università, i centri di ricerca e le Università per stranieri offrono ambienti politicamente più neutrali che facilitano la distensione. Sono i luoghi dove si forma la rete della futura diplomazia culturale italiana, che ha ambasciatori non di cittadinanza italiana. Con la mobilità circolare delle persone anche il modello italianod’integrazione degli immigrati diventa un vettore di diplomazia culturale.
La diplomazia culturale non è politica di potenza. E’ cooperazione tra pari, dialogo per la realizzazione dell’idea di umanità a cui ogni uomo responsabile èchiamato a dare un contributo. La grande politica estera del nostro Paese è stata anche la sua azione di diplomazia culturale, a cui tutti gli italiani hanno partecipato, per vocazione e slancio. E’ un tratto identitario dell’Italia, che non si perderà se gli italiani non avranno paura del mondo e si chiuderanno in sé stessi.