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Dassù: Italia riprende suo ruolo

Marta Dassù conosce le dinamiche di governo fin da quando era consigliere di politica estera a Palazzo Chigi con D’Alema e Amato, oltre che le studia dall’osservatorio privilegiato di Aspen Institute Italia. E preferisce il realismo della storia: Italia, non più nobile baricentro dell’Occidente, ma snodo da ricostruire nella politica internazionale con le nuove frontiere come India e Cina. In poche parole, l’Asia che, dice il sottosegretario agli Esteri, «Monti conquista autorevolmente» proprio in queste ore.


Siamo fragili noi italiani sullo scenario internazionale o sottovalutiamo gli effetti della politica estera?


«Le crisi sono purtroppo una costante della scena internazionale con scenari imprevisti e improvvisi. Il dato cui guardare, tuttavia, è la trama di fondo: la nostra capacità, come Italia, di reggere alle sfide di un contesto globale che è molto meno favorevole di un tempo. Abbiamo perso da almeno un quarto di secolo le vecchie “rendite diposizione”; e dobbiamo misurarci con un marcato spostamento di pesi (economici e politici) da Ovest verso Est. Se guardiamo a questa trama di fondo, l’Italia è comunque alle prese con un difficile aggiustamento. Ma lo sta affrontando con grande serietà e grande coerenza. Mario Monti, lo dimostra anche il suo tour asiatico di questi giorni, ha una sorta di “magic tour” nelle relazioni internazionali. Non c’è solo questo, naturalmente».


C’è un nesso tra politica interna e credibilità internazionale?


«La credibilità internazionale di un paese dipende dalla coerenza con le sue politiche interne. Il mondo di oggi, per usare un brutto neologismo, è “intra-domestico”. La credibilità esiste perché abbiamo avviato una serie di riforme interne. E’ su questa base che l’Italia ha ritrovato una posizione influente in Europa».


Sì, ma essere influenti in Europa non basta. Lo dimostra la crisi indiana.


«Certo, non basta. Ma guardiamo meglio. Dal momento che l’Italia è considerata – e in effetti è – un paese-chiave per superare la crisi dell’euro-zona, il governo Monti è apprezzato anche dagli Stati Uniti e dalla Cina. Sono Paesi che non avrebbero proprio nulla da guadagnare da una crisi dell’euro. Quindi, la credibilità dell’Italia non è limitata al Vecchio Continente: ha una gamba transatlantica e una transpacifica. Il paradosso, o la dura legge del mondo di oggi, è che questo ci aiuta fino a un certo punto di fronte a crisi impreviste come quella che stiamo purtroppo vivendo con i nostri marò in India. Dove la “giustizia indiana” si confronta con la giustizia internazionale; dove le dinamiche interne sono difficili da controllare; dove facciamo tutto il possibile ma senza garanzie di un risultato rapido. Qui, io ritengo che gli errori siano a monte: la catena di comando, su navi mercantili con a bordo militari, deve essere precisamente definita».


Tempo di crisi, tagli al bilanci. Paga anche la Farnesina?


«Fra le priorità della politica europea (disciplina fiscale e strategia per la crescita) e le priorità più generali di politica estera può esistere un conflitto: le riduzioni costanti, da anni, del bilancio della Farnesina, non hanno aiutato di certo, come il Ministro Terzi ha detto giustamente in Parlamento, la nostra proiezione nel mondo. Meno risorse mentre aumenta la nostra esposizione internazionale: è una difficile quadratura del cerchio. Oggi lo è più di un tempo».


Afghanistan, ultima tragedia è giusto rimanere ancora laggiù?


«L’Italia ha stabilito, come parte della Nato, una tabella di marcia per il ritiro dei suoi militari dall’Afghanistan. Il nostro approccio è che le missioni internazionali devono avere un inizio e una fine concordati (in together, out together). Questo è anche il modo per riconoscere, per non disperdere, il valoroso sacrificio di 50 giovani soldati italiani. C’è un certo grado di consenso sul fatto che un ritiro unilaterale anticipato, rispetto al 2014, vanificherebbe gli sforzi che abbiamo compiuto in questi anni».

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