«La crisi è aspra, ma occorre mantenere sangue freddo e visione fra noi europei assieme a Washington,nei rapporti con Kiev e Mosca». A sostenerlo è Lapo Pistelli, vice ministro degli Esteri.
Le notizie che giungono dall`Ucraina sono sempre più inquietanti. C`è ancora uno spazio per la diplomazia?
«Voglio credere di sì. E il significato delle riunioni che hanno impegnato tutta la domenica i vertici del governo, tendono esattamente a frenare il senso dell`inevitabile. Del resto è compito proprio della diplomazia e più ancora della politica, di leggere le situazioni tra le righe, e non farsi schiacciare dai due opposti estremismi…».
A chi si riferisce?
«Putin si è fatto autorizzare l`uso della forza dal Senato. E vediamo tutti una presenza insostenibile di truppe russe in Crimea. D`altra parte, però, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, continua a parlare di Ucraina sovrana e integra, e Mosca non pare difendere in alcuna maniera l`operato e la figura di Yanukovich. La forza militare c`è dunque, ma lavoriamo ora per ora perché essa non venga esercitata. Inoltre, al di là degli interessi noti di Mosca in Crimea e della presenza massiccia di popolazione russa, le conseguenze nel rapporto tra la Russia e l`Occidente, sia nel quadro G8 (ormai rinominato G7) sia su altre partite diplomatiche comuni, come la Siria, sarebbero un gioco in perdita».
E Kiev?
«Sull`altro fronte, il vertice di Palazzo Chigi ha richiamato opportunamente le autorità ucraine a promuovere ogni sforzo per la pacificazione del Paese nel rispetto della legalità e delle minoranze. Credo che anche al grande pubblico non sia sfuggito il cambiamento nelle piazze dei colori delle bandiere, prima europee, poi nazionali, infine alcuni simboli che non avremmo voluto vedere».
Diversi analisti concordano nel ritenere che nella crisi ucraina, i soggetti internazionali realmente in campo siano solo due: la Russia e gli Usa. L`Europa è fuori gioco?
«Credo di no. È vero che in questi giorni Bruxelles è stata esitante. Del resto non è facile tenere conto di opinioni molto diverse, ma i membri europei del G8 sono stati molto attivi, a partire dall`Italia. Il governo, il ministro degli Esteri, hanno costantemente svolto e sollecitato un`azione di moderazione per tenere aperto ogni spiraglio di dialogo, a Kiev e con Mosca. Chiaramente c`è oggi una solidarietà occidentale con la quale siamo allineati, che verrà discussa domani (oggi per chi legge, ndr) al Consiglio degli Affari europei, non rinunciando con questo a far riflettere i nostri partner sulle conseguenze di medio periodo delle nostre decisioni. Insomma, viviamo la crisi giorno per giorno, cercando però di evitare la deflagrazione dei rapporti tra l`Europa e i suoi vicini».
In una recente intervista a l`Unità, Vittorio Strada, ha rimarcato che la crisi ucraina, se si trasformasse in guerra, avrebbe una ricaduta ancor più devastante di quella che segnò il Kosovo.
«Spero che il Consiglio di domani (oggi, ndr) non divarichi oltre misura le posizioni europee, ma più ancora che i rapporti tra noi e i partner, deve starci a cuore la non deflagrazione di un conflitto in un Paese grande come l`Ucraina – 45 milioni di abitanti, molti di più che in Kosovo – permeato già da 10anni da contrapposizioni politiche molto dure».
Per tornare alla Crimea. Mosca sostiene di aver inviato le sue truppe per difendere la popolazione russa di Crimea.
«Negli schemi tradizionali dell`uso della forza argomentato con richiami alle categorie del diritto internazionale, la spiegazione che s`interviene su richiesta delle legittime autorità, è consueta ma non per questo giusta e giustificata. Il premier ucraino si è affrettato a dire che non sarebbero state rimesse in discussione le servitù militari russe in Crimea. E questo dovrebbe bastare. Credo che il Parlamento di Kiev potrebbe fare marcia indietro sulle decisioni adottate precipitosamente in materia di lingua russa. Resta il fatto che qualsiasi siano stati gli errori, niente giustifica e autorizza l`uso della forza contro un Paese sovrano».
C`è nell`opinione pubblica europea, e in quella italiana, la percezione della gravità di ciò che sta avvenendo nel cuore dell`Europa?
«Spero di sì. Purtroppo è già successo che guerre guerreggiate a pochi chilometri da casa nostra venissero ignorate o sottovalutate. Ci ricordiamo della ex Jugoslavia. Confido che la lezione sia stata imparata bene».
C`è chi sostiene che a muovere tutti gli attori in campo, Italia compresa, sia la «partita del gas».
«Capisco che il tema suoni intrigante alle orecchie, ma non lo credo giusto. L`energia è stata ed è uno degli argomenti di scontro più duro a Kiev e nei rapporti tra Kiev e Mosca. L`ex premier Timoshenko era ingiustamente in prigione sulla base di un presunto dolo in un accordo energetico, ma questo non incide nella valutazione politica che oggi facciamo semplicemente per scongiurare la più grave delle crisi europee da molti anni a questa parte».