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Giro: «La sfida italiana: non sbagliare con i figli e i nipoti degli immigrati» (Il Secolo XIX)

«SIAMO SPAVENTATI, ma saremo anche in grado di prendere le contromisure adeguate. Il terrorismo in Europa non è un fatto nuovo: gli attentati sono iniziati dagli anni Ottanta, nel 2005 c’è stata la strage nella metropolitana di Londra. Ogni volta che c’è una crisi nel mondo, l’effetto si riverbera con questi attacchi». È l’analisi di Mario Giro, viceministro agli Esteri e grande conoscitore di queste dinamiche, autore del libro “Noi terroristi, storie vere dal Nordafrica a Charlie Hebdo”.

All’inizio le critiche sono piovute sul Belgio, poi ci si è accorti che anche altri Paesi europei avevano problemi con le comunità islamiche.

«È così e le critiche al Belgio sono state assolutamente ingenerose. Il problema è comune a molta parte dell’Europa, là dove si sono creati ghetti».

L’effetto Londonistan…

«Sì, dove nel tempo si sono create delle vere e proprie enclave islamiche, allora si sono creati i presupporti di ampie porzioni di territorio dove non c’è alcun senso di cittadinanza e possono rappresentare una copertura, un ambiente protetto per i fanatici e gli integralisti. È la stessa dinamica della mafia di casa nostra».

Quindi, in qualche modo, noi conosciamo il perimetro del problema.

«Sì, quelle di aree che sono fuori dal controllo dello Stato e in cui vige l’omertà, che copre la legge della violenza e della prevaricazione».

In Italia, nei confronti delle comunità islamiche, fino a oggi non è stato compiuto lo stesso errore.

«Sì, anche grazie alle dinamiche temporali. In Francia gli algerini sono iniziati ad arrivare negli anni Venti, da noi i primi immigrati negli anni Ottanta. Sessant’anni hanno fatto la differenza, ora tocca a noi non sbagliare con le seconde e le terze generazioni. Ed evitare assolutamente che si creino anche qui ghetti e banlieue».

Quali sono le possibili reazioni contro il terrorismo?

«Noi scontiamo un grave errore di analisi. C’è la sinistra per cui le radici del terrorismo stanno nella povertà, nell’emarginazione, nella mancata integrazione. Per la destra è tutta colpa dell’Islam e dell’immigrazione. Sono sbagliate entrambe, il fenomeno è molto più complesso. E’ in atto una sfida tutta interna all’Islam, quelle forze vogliono che ce ne andiamo dal Medio Oriente per avere poi il controllo su un miliardo e mezzo di musulmani».

E usano i radicalizzati…

«Sì, usano la propaganda contro l’Occidente nelle fasce di popolazione dov’è più facile attecchisca e poi le utilizzano, le dirigono per i loro scopi».

Il fenomeno dell’immigrazione in Italia ha come contraltare le polemiche sull’accoglienza. Proprio ieri un’inchiesta pubblicata dal Secolo XIX ha evidenziato le distorsioni dell’affidamento di questa partita a enti e associazioni non qualificate.

«Sono assolutamente d’accordo. Ci sentiamo chiedere da alcuni: perché avete affidato l’accoglienza al Terzo settore? Ebbene: non è esatto. L’accoglienza è solo in parte nelle mani del Terzo settore, cioè di associazioni che da sempre si occupano di disabili, di disagio, di persone in difficoltà».

C’è chi vuoi realizzare affari.

«Esatto. Troppe le cooperative o le associazioni spuntate solo per business, che facevano tutt’altro ma hanno fiutato l’occasione. Non hanno le caratteristiche giuste. Così i migranti, alla fine, si trovano sul marciapiede per fare la questua invece di fare le attività che dovrebbero: corsi di italiano, apprendere un mestiere».

Non possono però per legge essere obbligati…

«Sì, ma proprio per questo serve personale che li sappia coinvolgere e magari un po’ “costringere”. Dobbiamo comprendere che ci si deve rivolgere solo al Terzo settore, quello autentico, senza fini di lucro e con tanta specializzazione».

Nel quartiere genovese di Coronata c’è un centro di questo tipo, che lei ha visitato nei giorni scorsi, eppure si è scatenata una protesta dei migranti che rifiutavano le attività ufficiali.

«Sì, ci sono stato. E’ stata una ribellione non spontanea di alcune persone che sono state strumentalizzate dagli anarco-insurrezionalisti locali e da chi voleva usarle per spacciare. Non sopportavano il controllo. Tutto è già rientrato e sono state la capacità e l’esperienza di un centro di questo genere ad affrontare e risolvere rapidamente questa crisi».

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