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Scalfarotto: Tribunale dei Brevetti, Milano candidatura più solida per l’Italia (Il Sole 24 ORE)

Il dibattito politico si è (finalmente, mi sento di dire) animato in questi ultimi giorni sul tema della candidatura italiana per subentrare a Londra come una delle tre Divisioni centrali del Tribunale Unificato dei Brevetti che, a seguito della Brexit, dovrà trasferirsi in una nuova sede europea. Nel dibattito in corso c’è un aspetto centrale che riguarda le modalità di scelta della città da candidare, sul quale nelle scorse settimane con una lettera ho voluto formalmente attrarre l’attenzione dei nostri vertici di Governo, e sul quale vorrei suggerire un supplemento di riflessione, in particolare in vista della riunione “tecnica” del 10 settembre prossimo che potrebbe rivelarsi decisiva per il destino del Tub.

Nel 2012, al momento di individuare le 3 sedi delle Divisioni Centrali del Tub, venne utilizzato il criterio rappresentato dal numero di brevetti registrati nei vari Paesi europei finendo per premiare la Germania (Monaco di Baviera), il Regno Unito (Londra) e la Francia (Parigi). Si trattò tuttavia di una decisione valida per quel momento, che non prevedeva un meccanismo scritto e automatico in base al quale l’allora quarto Paese classificato (l’Italia) avrebbe potuto successivamente subentrare ad uno dei tre Paesi “vincitori” in caso di loro rinuncia. Se l’accordo istitutivo avesse previsto un meccanismo di questo tipo, avremmo forse potuto scegliere discrezionalmente fino all’ultimo minuto tra Milano, Torino o altre città, ma non purtroppo è così. Nel momento in cui la Brexit (che nel 2012 nessuno poteva prevedere) si è verificata e Londra è rimasta esclusa, la partita è tornata al punto di partenza e si giocherà ora sul terreno della politica: intesa però come politica estera, non interna. Se vorrà vedersi assegnare la sede del Tub, l’Italia dovrà affrontare una sfida a tutto campo, usando ogni strumento a disposizione a partire ovviamente dalle relazioni con gli altri Stati coinvolti e da una collaborazione stretta tra settore pubblico e privato. Ma in primo luogo dovremo presentare una candidatura solida e all’altezza della competizione che si prevede con i Paesi europei che già ospitano una delle Divisioni Centrali (e che potrebbero semplicemente puntare a spartirsi le “spoglie” della sede di Londra) o altri che potrebbero ritenere di avere candidature all’altezza del compito. Per vincere questa competizione dovremo sicuramente attrezzarci, a partire dal candidare la città italiana che più sembri attrezzata a centrare l’obiettivo della possibile ricollocazione del Tribunale.

Mi permetto a questo punto di esprimere una valutazione tutta personale e che sicuramente non impegna il governo che dovrà prendere la decisione finale nella sua collegialità: senza nulla togliere a Torino, territorio fondamentale per la nostra economia e che in numerosi settori vanta indubbiamente delle punte di eccellenza assoluta, mi pare di poter affermare che Milano appaia la scelta probabilmente più solida per questo specifico tipo di competizione. Non solo è la città che si è mossa per prima e con maggiore concretezza, avendo presentato da tempo un dossier di candidatura completo ed articolato, ma è anche la sede in grado di mettere sul piatto della bilancia, nel possibile confronto, tutta una serie di aspetti quali il numero di brevetti registrati nel territorio, le strutture disponibili e la ricettività, la presenza di multinazionali (in particolare farmaceutiche vista la competenza specifica della divisione di Londra proprio sul settore farmaceutico), i collegamenti terrestri e aerei e la presenza in loco di un ufficio distaccato del Tub.

Oltre ad individuare la candidatura più convincente, però, se vorremo portare in Italia la sede londinese del Tribunale, dovremo prestare la dovuta attenzione alla tempistica. Presentarsi senza avere una candidatura all’appuntamento del 10 settembre, dopo aver avuto a disposizione mesi preziosi per elaborare una linea chiara, ci espone (a mio parere inutilmente) a tutta una serie di rischi. Preso infatti atto dell’impossibilità di un ulteriore rinvio, anche a causa delle richieste delle imprese europee che giustamente premono per una entrata in vigore quanto prima del sistema unificato dei brevetti, in assenza di nostre indicazioni chiare, potremmo trovarci alla riunione tecnica di settembre scavalcati da proposte ufficiali di altri Paesi europei in grado di aprire la strada a vari scenari, nessuno dei quali sarebbe favorevole all’Italia. A quel punto, se il Governo non sarà stato in grado di effettuare una scelta chiara e credibile, il dibattito interno su Milano o Torino rischia di trasformarsi in una irrilevante polemica politica interna della quale altri Paesi finiranno con il beneficiare.

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