Questo sito utilizza cookies tecnici (necessari) e analitici.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookies.

Tajani parla con Rubio, l’invito a Usa e Iran. «Incontratevi a Roma» (Corriere della Sera)

Interviste Ministro Tajani 23-06-2025
Interviste Ministro Tajani 23-06-2025

ROMA «Ci sono 50 mila italiani che vivono nella grande area compresa tra Iran, Iraq, Israele, Arabia Saudita, Qatar, Bahrein… E noi in questo momento dobbiamo pensare anche alla loro sicurezza». Sono le sette di sera di un’altra giornata da incubo, con il bombardamento americano sull’Iran avvenuto da meno di ventiquattr’ore. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha appena finito alla Farnesina la riunione in videoconferenza con tutti i nostri ambasciatori nei Paesi interessati dal conflitto, Russia e Cina comprese. Ha anche parlato col segretario di Stato americano Marco Rubio e ora sta tentando di mettersi in contatto con il ministro degli Esteri iraniano Araghchi, impegnato a Mosca.

L’invito per entrambi sarebbe già pronto: «Vedetevi a Roma». E non sono parole campate in aria: «Prima delle bombe di stanotte — racconta il ministro degli Esteri — Washington e Teheran si erano già parlate due volte qui da noi. Possiamo tentare la terza. L’importante è che l’Iran e gli Stati Uniti ritornino al tavolo il prima possibile senza intermediari. Che il ministro Araghchi si faccia vivo con gli Usa. Nel frattempo, però, bisogna convincere Teheran a non rispondere, a non attaccare le basi americane, ad evitare reazioni inconsulte per scongiurare l’escalation. Va abbassato in tutti i modi il livello dello scontro».

E già. Perché intanto arriva pure la notizia di un grave attentato a Damasco contro i cristiani, Tajani per avere ragguagli ha chiamato il nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari, e l’ambasciatore italiano, Stefano Ravagnan: «Non sembra un’azione collegata a quanto successo tra Usa e Iran ma è troppo presto per dirlo. Di sicuro Daesh laggiù si sta riorganizzando. Il rischio terrorismo purtroppo c’è sempre, il nostro Paese comunque sta già rinforzando le sue difese».

Il ministro è sfinito. Si è svegliato all’alba anche ieri, perché come dieci giorni fa, dopo gli attacchi di Israele, purtroppo da Teheran è arrivata un’altra telefonata ed era sempre l’ambasciatrice italiana Paola Amadei che annunciava stavolta le bombe dei B2. L’Italia, come la Francia, non è stata informata da Washington, ma Tajani dice che «era nell’aria». Determinante soprattutto è stato —così risulta al Corriere — negli ultimi tre giorni il lavoro «d’intelligence» dell’ambasciatore italiano a Tel Aviv, Luca Ferrari.

Eppure il presidente Trump aveva detto, giusto alla vigilia, che avrebbe concesso altri 15 giorni all’Iran prima di intervenire. E adesso, di nuovo, tornati alle basi i bombardieri, gli Usa assicurano che non ci saranno altri attacchi. Ma c’è da fidarsi? Tajani impercettibilmente sorride: «Io non faccio l’aruspice, se gli americani dicono una cosa io mi fido…». Nessun aereo Usa, comunque, è partito l’altra notte dalle basi americane in Italia: «Non ci sono arrivate richieste», taglia corto.

Ma a preoccuparlo ora è anche il destino dello stretto di Hormuz: l’Iran lo chiuderà ai traffici mondiali? «Non credo sarebbe vantaggioso per loro e neppure per la Cina», replica il ministro, alludendo ai buoni rapporti di Teheran col colosso cinese. La Cina, che ha condannato ufficialmente l’attacco Usa: «Cina e Russia condannano — chiosa scettico il ministro —, ma sono posizioni politiche, non penso siano realmente intenzionate a fare alcun tipo di intervento».

Una domenica trascorsa così, costantemente in contatto con l’Unità di Crisi per assicurare l’arrivo in nottata a Verona di 122 italiani al rientro, via Egitto, da Gerusalemme e Tel Aviv e di 57 nostri connazionali che in due gruppi via Baku hanno già lasciato l’Iran o sono in procinto di farlo («Ne restano meno di 100 laggiù, ma non chiamatela evacuazione, la nostra ambasciata rimane aperta», chiarisce Tajani).

Oggi l’appuntamento è a Bruxelles per la riunione dei ministri degli Esteri europei, e domani all’Aia c’è il vertice Nato. A tener banco, naturalmente, saranno le bombe su Teheran e la questione di Gaza ancora aperta. Tajani non si nasconde: «A Gaza serve il cessate il fuoco, prima ancora della liberazione degli ostaggi israeliani. A un certo punto l’obiettivo sembrava anche possibile, ma poi Hamas ha fatto di nuovo saltare tutto. Al momento la verità è che solo gli Usa possono convincere Israele a fermare le operazioni. Di sicuro, però, non potrà essere Hamas a guidare la Palestina unita di domani».

E l’Europa? Davvero è irrilevante? «A questo punto ci vuole un salto di qualità, non c’è dubbio. Bisogna cambiare gli assetti istituzionali. Perché qual è il problema? Che tutti gli Stati membri dovrebbero muoversi in un’unica direzione, sempre per l’interesse collettivo, l’interesse dell’Europa. E invece molti Stati agiscono da soli, lo fanno per sé, per il proprio tornaconto. Giorgia Meloni, per esempio, è andata sì da Trump a parlare di dazi: ma lo ha fatto nell’interesse di tutta l’Europa, non solo del suo Paese».

Ti potrebbe interessare anche..