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Stati Uniti, dall’agricoltura nuove sfide per l’export italiano

Stati Uniti, dall’agricoltura nuove sfide per l’export italiano
Stati Uniti, dall'agricoltura nuove sfide per l'export italiano

Nei primi cento giorni della nuova Amministrazione Trump, l’agricoltura statunitense ha assunto un ruolo centrale nella politica commerciale internazionale, avviando una strategia aggressiva di sostegno ai produttori che potrebbe ridisegnare gli equilibri del commercio agroalimentare transatlantico, con possibili implicazioni anche per l’Italia.

Tra i primi successi della nuova Amministrazione, spicca la riduzione del 56% del prezzo delle uova, il cui aumento era stato preoccupante nei mesi scorsi, grazie alle misure di biosicurezza contro l’influenza aviaria. Parallelamente, il Dipartimento dell’Agricoltura sta semplificando gli obblighi burocratici e incentivando la produzione di biocarburanti.

Sul piano internazionale, la strategia prevede una serie di missioni all’estero per promuovere le esportazioni statunitensi. Il primo accordo significativo è stato siglato con il Regno Unito, che aumenterà gli acquisti di carne bovina ed etanolo statunitensi. Poi a giugno, nell’ambito del suo primo incontro in un Paese dell’Unione Europea (UE), la Segretaria USA all’Agricoltura ha visitato l’Italia, con l’obiettivo dichiarato di affrontare quelle che Washington considera “numerose barriere non tariffarie arbitrarie” che limitano l’accesso dei prodotti statunitensi al mercato italiano.

Il fronte più delicato riguarda il progetto di legge “Safeguarding American Food and Export Trade Yields” (SAFETY Act), presentato da un gruppo bipartisan. La proposta punta a liberalizzare l’uso delle cosiddette “denominazioni comuni” di prodotti agricoli nel marketing internazionale, sfidando direttamente il sistema europeo delle indicazioni geografiche protette.

Nella lista dei “nomi comuni” che gli Stati Uniti vorrebbero utilizzare liberamente figurano diverse denominazioni italiane storicamente protette: Asiago, Prosciutto, Bologna, Mortadella, Fontina, Grana, Gorgonzola, Pecorino, Ricotta, oltre a termini come “Salami” e “Parmesan”. Il progetto include anche varietà di vite e termini vinicoli tradizionali tutelati dall’UE.

Rispetto ai precedenti tentativi di modifica dell’Agricultural Trade Act del 1978, il SAFETY Act si distingue per la menzione esplicita di denominazioni europee protette e per l’ampiezza della lista di prodotti coinvolti. Inoltre, prevede che l’esecutivo statunitense intervenga attivamente presso i partner internazionali per ottenere il riconoscimento di queste denominazioni.

Nel frattempo, i rapporti con l’Italia mostrano crescenti rigidità anche sul piano tecnico. La presenza di peste suina africana in alcune aree italiane ha spinto il Dipartimento dell’Agricoltura americano (USDA-APHIS) a richiedere verifiche sul campo per sei stabilimenti italiani che esportano prodotti a base di carne suina trattata termicamente, nonostante i certificati sanitari già concordati e a oltre tre anni dalla comparsa della malattia.

Ulteriori complicazioni derivano dai fermi doganali che coinvolgono prodotti trasformati in Italia ma contenenti ingredienti di origine animale provenienti da Paesi UE dove sono stati rilevati focolai di afta epizootica (Germania, Ungheria, Slovacchia e Austria).

Il cambio di Amministrazione negli Stati Uniti ha inoltre causato ritardi nell’attività di audit biennale del Food Safety Inspection Service, rimandata al periodo luglio-agosto 2025, a causa del “radicale avvicendamento dei quadri nelle diverse agenzie governative”.

Il nuovo corso statunitense presenta poi aspetti contraddittori per l’Italia. Da un lato, l’iniziativa “Make America Healthy Again”, lanciata congiuntamente al Dipartimento per la Salute, promuove un’alimentazione sana e stili di vita attivi. Questo orientamento, che ha già portato all’eliminazione volontaria di coloranti artificiali dai pasti scolastici, potrebbe aprire nuove opportunità per la promozione della cucina italiana e della dieta mediterranea. Dall’altro lato, le crescenti barriere non tariffarie e il processo di ridefinizione delle tariffe commerciali rischiano di rendere il mercato USA” più selettivo e oneroso” per gli esportatori italiani. Inoltre, oggi il clima appare più favorevole all’approvazione di iniziative come il SAFETY Act.

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