(fa fede solo il testo effettivamente pronunciato)
Vorrei innanzitutto ringraziare la Camera dei Deputati per aver voluto ospitare questo Seminario, promosso da ActionAid e sostenuto dalla Cooperazione italiana, al fine di discutere della condizione femminile in Afghanistan, il cui miglioramento costituisce uno degli obiettivi fondamentali dell’azione di ricostruzione che le istituzioni afghane, la Comunità internazionale e la società civile stanno portando avanti con tenace impegno.
L’Afghanistan è alla vigilia di grandi cambiamenti: il prossimo anno si svolgeranno le elezioni presidenziali; assisteremo al passaggio della responsabilità della sicurezza dalle forze internazionali alle forze di sicurezza afgane; la presenza internazionale nel Paese cambierà quantitativamente e qualitativamente. Nell’attraversare questa fase di passaggi tutti cruciali per il futuro di quel Paese, sarà fondamentale mantenere fermo l’obiettivo prioritario della promozione dei diritti umani, ed in particolare il rafforzamento del ruolo della donna in tutti i settori della società afghana.
Negli ultimi anni, in Afghanistan le donne hanno fatto importanti passi avanti rispetto alla partecipazione politica anche grazie a una serie di norme sia di carattere costituzionale che legislativo. E’ per tale ragione che l’Afghanistan è tra i primi venti Paesi al mondo quanto al numero di parlamentari donne: in Parlamento siedono, infatti, 69 donne (pari al 28% del totale).
Agli avanzamenti nella partecipazione politica non sono tuttavia corrisposti analoghi progressi su altri piani: soltanto il 5,8 % delle donne afghane ha un titolo di scuola superiore (contro il 34 % degli uomini); per ogni 100.000 nascite, 460 donne muoiono di parto; la presenza delle donne sul mercato del lavoro è pari al 15,7 % del totale (contro l’80,3 % degli uomini). Per quanto riguarda la condizione della donna, i dati UNDP per il 2012 pongono l’Afghanistan al 147° posto sui 148 Paesi considerati. La condizione femminile in Afghanistan rimane, pertanto, a tutt’oggi un “cantiere aperto”.
Delle molte occasioni di cui l’Italia si è resa attiva protagonista della difesa della promozione della Gender Equality, mi limito a richiamare la Conferenza di Tokyo sullo sviluppo civile ed economico dell’Afghanistan, tenutasi nel luglio 2012. In quella circostanza, il nostro Governo si è adoperato con successo affinché il documento finale contenesse un impegno concreto del Governo di Kabul alla più efficace tutela dei diritti delle donne ed alla promozione della loro condizione, misurabile attraverso parametri definiti. E’ un tema che l’Italia richiama in tutti gli incontri con le più alte Autorità afghane.
Nel corso della sua visita in Afghanistan alla fine dello scorso mese di agosto, il Presidente del Consiglio Letta ha assicurato al Presidente Karzai che, da un lato, l’Italia continuerà a sostenere l’Afghanistan, come d’altronde sancito dall’Accordo di partenariato e cooperazione del 2012; dall’altro, a fronte di tale sostegno, ci aspettiamo significativi passi avanti del Paese nella tutela delle donne e dei diritti di genere e nella più complessa opera di crescita democratica.
Il percorso verso il pieno riconoscimento dei diritti delle donne richiede senza dubbio ancora molto tempo, in un Paese che la Comunità internazionale non dovrà lasciare solo. Penso a quanto si deve e si può ancora fare i termini di accesso alla giustizia, di salute femminile, di qualità dell’educazione, di lotta alla violenza contro le donne e dell’empowerment economico femminile. Tutti aspetti essenziali allo sviluppo di una società più equa, in cui i diritti della donna siano riconosciuti come la base e una risorsa fondamentale per uno sviluppo sostenibile di quel Paese.
Quello che l’Italia e la Comunità internazionale hanno fatto in questi anni a favore delle donne afghane rappresenta un patrimonio che va non soltanto preservato ma, se possibile, accresciuto e consolidato. Ogni iniziativa che vada in tale direzione – come questo seminario – merita quindi di essere sostenuta, incoraggiata e sviluppata. Non è solo una sfida di civiltà che dobbiamo vincere. La piena realizzazione e fruizione dei diritti da parte delle donne afghane è una condizione indispensabile per costruire in Afghanistan una pace ed uno sviluppo duraturi.
Un segnale di attenzione forte, che testimonia l’impegno che ispira in profondità i nostri rapporti bilaterali con l’Afghanistan, è la recente ricostituzione del Gruppo di contatto delle deputate italiane con le donne afghane, attivo nel corso delle precedenti legislature su svariati fronti e protagonista di importanti iniziative. Tale Gruppo di contatto può certamente rappresentare un utile contributo a favore del consolidamento dei diritti delle donne in Afghanistan.
Permettetemi, inoltre, di ricordare con soddisfazione l’impegno in prima linea della Cooperazione Italiana allo Sviluppo.
I contributi DGCS, si sono indirizzati su tre specifiche direttrici:
1) salute materno-infantile;
2) empowerment economico;
3) sviluppo istituzionale e diritti delle donne, con particolare riferimento all’eliminazione della violenza di genere.
La nostra azione si articola in vari modi:
– appoggiando le iniziative delle ONG afghane e italiane;
– con interventi mirati in via bilaterale
– partecipando ai programmi nazionali più significativi, nella consapevolezza che associando più partner e donatori si possa raggiungere una massa critica che migliora l’efficacia dell’impegno.
Tra i nostri interventi più significativi vorrei segnalare:
– l’impegno ormai pluriennale a sostegno della Giustizia e dello Stato di diritto per un vero rispetto dei diritti delle donne, anche sul piano concreto con la creazione delle unità EVAW, strutture essenziali per dare effettiva applicazione alla normativa fondamentale contro la violenza;
– il sostegno al gratuito patrocinio e alla formazione degli operatori del diritto, necessari per l’accesso al sistema giudiziario, tenuto conto del basso tasso di alfabetizzazione femminile;
– l’assistenza sanitaria e psicologica alle vittime della violenza, tramite la creazione di punti di accesso e rifugi;
– il sostegno alla formazione e all’imprenditoria femminile, che promuove un effettivo miglioramento economico e sociale;
Un cenno specifico meritano, inoltre, le strutture di assistenza alla maternità, le Family Health Houses che sosteniamo in collaborazione con l’UNFPA. In Afghanistan solo il 14% dei parti avviene con un’assistenza qualificata.
Vorrei anche sottolineare l’importanza dei programmi che facilitano l’integrazione femminile nel tessuto sociale ed economico delle comunità. Su base locale un sostegno concreto al miglioramento della condizione femminile a Herat è stato ottenuto per il tramite della creazione di una cooperativa per la produzione e commercializzazione del latte, finanziata da qualche anno in collaborazione con la FAO. Nel 2013 l’87% dei pagamenti per la fornitura del latte è stato erogato alle donne, risultato questo in parte inatteso, ma largamente positivo.
Desidero poi segnalare l’importanza di iniziative che la Farnesina finanzia con risorse della Legge 180/92. Tra queste – ne cito una d’attualità perché si svolgerà nel prossimo mese di dicembre – vi è la terza edizione del Workshop sul Diritto Internazionale Umanitario e Diritti Umani organizzato dall’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo. Sono donne ben il 35% degli ufficiali e funzionari afghani selezionati [rappresentanti delle Forze di sicurezza – esercito e polizia – magistrati, funzionari, esponenti della società civile], alcune delle quali occupano posizioni di rilievo all’interno della propria amministrazione.
“Still a long way to go” titola significativamente il recente rapporto di UNAMA sull’applicazione della legge contro la violenza sulle donne in Afghanistan, a rimarcare come il percorso per il pieno riconoscimento e tutela dei diritti delle donne richieda ancora tempo.
Ancora tanta strada da fare, dunque, ma la via imboccata è quella giusta: ne è testimonianza il fatto che [n.d.r.: dati 2012] recentemente vi sia stato un più diffuso ricorso alla denuncia di episodi di violenza contro le donne. E’ poi nella provincia di Herat, dove è maggiormente concentrato l’impegno italiano, che si è registrato il più elevato tasso di segnalazione alle autorità giudiziarie di abusi e di violenze commesse contro di esse.
Siamo e resteremo al fianco delle donne afghane, perché senza la realizzazione dei loro diritti non potranno esserci, nel futuro dell’Afghanistan, pace e sviluppo veri e duraturi. E dovremo restare al loro fianco fino a quando l’Afghanistan, un giorno, non sarà più ricordato come uno dei Paesi al mondo in cui è più difficile nascere e vivere da donna.