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Dassù: «Ma quali privilegi, è solo demagogia» (Panorama)

Invece di chiudere consolati in Svizzera, tagliate lo stipendio degli ambasciatori: questa l’impostazione, alquanto demagogica, della polemica contro la Farnesina ospitata da «Panorama».


È una polemica pretestuosa per due ragioni. Primo, la ristrutturazione della rete diplomatico-consolare attualmente in corso è determinata da norme di legge successive ed è dettata dai tempi: non possiamo restare fermi a una rete disegnata un secolo fa, mentre nuovi equilibri globali impongono l’apertura urgente di sedi extraeuropee. I nostri principali partner e competitori hanno già fatto questa scelta: la Germania, per esempio, ha ormai un’unica cancelleria consolare in Svizzera. Un documento appena completato alla Farnesina illustra ragioni e priorità della riorganizzazione in corso.


Ma la polemica contro la Farnesina è pretestuosa per una seconda ragione: è falso che i nostri diplomatici godano nel complesso di privilegi esorbitanti rispetto ai colleghi europei. In realtà, chi presta servizio all’estero riceve un’indennità forfettaria per coprire spese (funzionamento degli uffici, oneri per la casa, assicurazione medica, rappresentanza) che le amministrazioni di altri stati finanziano separatamente dallo stipendio dei funzionari. Tacere questa differenza nel paragone Italia-estero è disinformazione. È giusto, invece, rendere il sistema di retribuzione italiano più facilmente leggibile e quindi più razionale e controllabile: il documento che ho citato lo prevede. E non abbiamo alcuna difficoltà a mettere a disposizione, ancora una volta, dati e cifre relativi. In una discussione costruttiva, va compreso che il ministero degli Esteri si fonda anzitutto sulle sue risorse umane, che hanno per tradizione competenze qualificate. In un paese in cui il bilancio della Farnesina è ormai ridotto a poco più dell’0,2 per cento del bilancio dello Stato (contro l’1,15 in Germania e l’1,75 in Francia), la politica estera deve tornare a essere considerata un investimento necessario. Questa è la prima sfida da vincere, comune a governo e Parlamento, per servire gli interessi italiani nel mondo.

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