Luigi Di Maio ritorna in Libia dopo la fine dell’assedio di Tripoli, dopo la cacciata delle milizie di Haftar dalla regione della capitale. Il ministro degli Esteri rientra a Roma a metà pomeriggio, e incontra i giornalisti. «La prima impressione? Avere di fronte interlocutori più sereni, che adesso guardano con nuova forza al futuro, alla gestione dei mille problemi che certo rimangono in Libia, innanzitutto la firma di un cessate-il-fuoco negoziato ed effettivo. Ma sono leader che vedono i prossimi mesi come chi è riuscito a superare una fase militare durissima». Il presidente Fayez al Serraj, il ministro dell’Interno Fathi Bishaga, il vicepresidente Ahmed Maitig hanno affrontato in 14 mesi la possibilità della sconfitta, della fuga di fronte alle milizie di Haftar, perfino la possibile morte, magari durante uno dei bombardamenti. «Adesso tornano a discutere di politica», dice Di Maio. A Tripoli il ministro degli Esteri ha affrontato vari temi. Ma riporta una valutazione politica di rilievo, non scontata: a chi gli chiede che cosa pensi del fatto che gli americani siano tornati in Libia, andando a incontrare il presidente Serraj in una cittadina vicino a Tripoli, Di Maio risponde quasi pensando ad alta voce: «Il rientro degli americani è decisivo, è quello che chiedevamo da mesi, di essere più presenti… perché quando mancano gli americani nel vuoto che loro lasciano si infila qualcuno che rende poi più difficile per tutti rimettere le cose a posto». Di Maio continua poi il suo ragionamento: «Gli americani hanno una grande leva su due protagonisti importanti in Libia: sono alleati con la Turchia nella Nato. E sono l’alleato strategico dell’Egitto. Noi italiani vogliamo continuare a dialogare con tutti, innanzitutto proprio con Egitto e Turchia per fermare definitivamente gli scontri militari in Libia. L’America potrà fare la differenza». Oltre le valutazioni politiche, nell’elenco dei temi concreti affrontati da Di Maio, al primo posto di sicuro c’è il tema immigrazione/assistenza ai migranti. Di Maio dice che «abbiamo ricevuto la risposta libica alle proposte italiane di modifica al Memorandum of Understanding Italia-Libia del 2017, quello che riguarda anche l’immigrazione. Le nostre proposte di modifica presentate il 7 febbraio erano frutto di un lavoro del governo italiano fatto anche con Oim e Unhcr. A una prima vista mi sembra adesso che la Libia proponga una revisione seria, che terrà conto dei diritti umani così come ci chiedono le organizzazioni internazionali». Gli altri temi sono stati innanzi tutto la missione di sminamento che l’Esercito italiano inizierà nei prossimi giorni e l’altra questione militare centrale in questa fase, quella di Sirte e Jufra, città occupate da Haftar ma che il governo Serraj vorrebbe riprendere. Secondo Di Maio, «Sirte ha un significato straordinario per la Libia, su Jufra negozieranno: in ogni caso deve essere un negoziato politico, pacifico». Il negoziato è già in corso, forse si stanno parlando direttamente Egitto e Turchia.