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Tajani: “Roma può mediare lasceremo aperta l’ambasciata a Teheran” ( La Repubblica)

Interviste Ministro Tajani 23-06-2025
Interviste Ministro Tajani 23-06-2025

La sveglia per Antonio Tajani arriva all’alba, con una telefonata del capo di gabinetto della Farnesina, Francesco Genuardi: «Ministro, gli americani hanno attaccato». Certo, il blitz era nell’aria. Erano due giorni che l’ambasciatore in Israele, Luca Ferrari, nei dispacci riservati inviati a Roma, aveva previsto la mossa di Trump. «Avevamo già trasferito i carabinieri del Tuscania di stanza a Baghdad – rivela oggi il ministro – perché troppo vicini alla base americana, possibile oggetto di una ritorsione iraniana». Sta di fatto che il governo italiano, nonostante la vicinanza politica tra Meloni e Trump, non è stato avvisato prima. «No, ma se è per questo nemmeno i francesi. Soltanto gli inglesi a quanto ci risulta».

Domenica sera, primo piano della Farnesina, Tajani ha appena presieduto una riunione di due ore con tutti gli ambasciatori in Medio Oriente per condividere analisi e scenari. La mattina l’ha trascorsa in collegamento con Giorgia Meloni e gli altri ministri del gabinetto ristretto, per capire cosa fare dopo l’attacco, come alzare la protezione per i siti sensibili, come evacuare gli italiani in Iran e in Israele. Un vertice dove Tajani ha portato sul tavolo la preoccupazione per lo stretto di Hormuz: «Da lì passa una parte rilevante del nostro traffico commerciale, ma anche la metà del petrolio che dall’Iran arriva in Cina. È vero che il parlamento iraniano ha chiesto la chiusura dello stretto, ma sarebbe autolesionistico per loro minare il passaggio, farebbero un danno enorme anche alla Cina. Ma tutto può accadere, sta all’Iran decidere. Noi comunque manteniamo nell’area le navi della missione Aspides, quelle in funzione anti-Houti».

L’altra decisione più “politica” è quella di «lasciare aperta l’ambasciata a Teheran», anzi è proprio questo il fulcro dell’iniziativa diplomatica italiana: tentare l’impossibile per far riparlare iraniani e americani e raffreddare la situazione. L’ambasciata aperta è servita ad agevolare l’uscita volontaria di quel centinaio di italiani che ancora restavano a Teheran, trasferiti dopo un viaggio interminabile via Azerbaigian. Ma «lasciare aperta la sede è anche un modo per dire che vogliamo dialogare, per provare a convincere gli iraniani a non attaccare le basi americane nell’area». Soprattutto, in questo tentativo di ripartenza, l’Italia si offre come luogo di pace e dialogo: «Usa e Iran si sono incontrati da noi già due volte nel recente passato. È chiaro che Roma si offre come sede di un confronto tra americani e iraniani. Bisogna farli sedere allo stesso tavolo senza intermediari. Noi siamo pronti». Di questo Tajani ha parlato già con il segretario di Stato Marco Rubio, mentre ha provato a contattare anche l’omologo Abbas Aragchi ma finora senza riuscirci: «Era in volo per Mosca, dove incontrerà Putin. Domani ci riproverò».

C’è poi la questione delle basi americane in Italia, da cui potrebbero partire altri strike dei bombardieri Usa. Una questione su cui il ministro preferisce glissare, nella convinzione che per il momento anche a Washington nessuno stia pensando a nuove missioni. Ci si può fidare di Trump, che ha attaccato a sorpresa dopo aver detto che avrebbero preso due settimane di tempo per pensarci? «Non faccio l’aruspice – risponde Tajani – ma Rubio ha detto che non ci saranno altri attacchi». Comunque, mette in chiaro, «l’uso delle basi militari sul nostro territorio non ci è stato chiesto».

Nelle prossime 48 ore la diplomazia si rimetterà in moto. Oggi è prevista una riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, mentre domani all’Aja si parlerà di Medio Oriente anche al vertice della Nato. Ma è evidente che l’Europa in questa fase è un attore debole, non riesce a essere protagonista. Di questo Tajani si rammarica e sembra rivolgersi ai sovranisti di casa nostra che chiedono meno Europa: «Finché ad agire sono i singoli stati europei, è chiaro che l’Ue non riuscirà mai a far sentire la sua voce. È arrivato il momento di fare un salto di qualità se vogliamo contare di più nel mondo, dobbiamo avere una sola voce, una sola politica estera, una difesa comune. Non so più come dirlo. Tutti dovrebbero muoversi pensando non solo al proprio interesse ma anche all’interesse comune europeo. Un esempio è Meloni, che sui dazi si è comportata esattamente così, trattando per tutti e facendo parlare la commissione Ue con gli americani».

L’ultimo pensiero è per Gaza. Oggi se ne parlerà tra i ministri dei 27. «Noi continuiamo a premere per un cessate il fuoco. Dopo aver parlato con gli egiziani e con il presidente israeliano Herzog la sensazione è che ci stiamo avvicinando a questo obiettivo, ma anche qui è una questione legata agli Usa: sono gli unici che possono convincere Israele a cessare il fuoco». Anche questa una dimostrazione d’impotenza europea.

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