Siamo alla vigilia di una settimana cruciale, nella quale l’Europa è chiamata ad affrontare due questioni decisive per il suo futuro.
La prima: nei confronti della Turchia, l’Europa non può sottrarsi alla sua responsabilità storica di scegliere fra miopia e lungimiranza. In quest’ottica è necessario dinamizzare il processo negoziale, evitando di cedere alla reazione istintiva dell’irrigidimento di fronte alla linea adottata dalle Autorità turche.
L’Europa ha bisogno di una Turchia pienamente democratica dentro i suoi confini, non fuori. Questo è l’obiettivo da perseguire. E la Turchia, come dimostra la sua stessa storia dell’ultimo decennio, necessita, a maggior ragione oggi, degli effetti benefici dello stimolo europeo.
Non è il momento di chiudere la prospettiva europea della Turchia, semmai è il momento di rilanciarla, aprendo, oltre al capitolo sulle politiche regionali, anche quelli sui diritti fondamentali e sulla giustizia. Se li avessimo aperti in passato, oggi avremmo più efficaci leve di dialogo nei confronti delle Autorità turche.
Se oggi commettiamo l’errore di complicare il percorso europeo di Ankara, domani avremo un’Europa meno credibile sulla scena internazionale.
La seconda: il 27 e 28 giugno il Consiglio Europeo si riunirà per decidere se fissare una data per l’inizio del processo di adesione della Serbia all’UE. Anche a Pristina, capitale del Kosovo, si nutrono grandi aspettative sull’apertura dei negoziati per l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione.
Mi auguro fortemente che fra qualche giorno potremo rallegrarci con l’Europa per aver compiuto un ulteriore passo in avanti verso l’integrazione dei Balcani, senza la quale l’unico, e certo non auspicabile risultato, sarebbe la riemersione di spinte nazionalistiche a Belgrado e a Pristina. Deludere le aspettative innescherebbe una spirale negativa.
Il momento per aprire il negoziato è questo. Le popolazioni di Serbia e Kosovo hanno dimostrato una forte inclinazione allo spirito di compromesso, con l’obiettivo ultimo di unirsi alla famiglia europea. Un rifiuto, o una risposta tardiva ai loro sforzi, potrebbe condurre al fallimento dello storico accordo raggiunto grazie alla mediazione dell’UE.